Il clafoutis è un tipo di dolce caratterizzato da un impasto liquido e una farcitura di frutta e rimane molto umido e soffice dopo cotto. Io lo trovo particolarmente gradevole a colazione d’estate gustandolo freddo di frigorifero. La ricetta originale vorrebbe che si usassero 600-700gr di ciliege, ma per un dolce chetogenico queste quantità di frutta sono improponibili. Ma vedrete che usando anche solo 100gr di ciliege si può ottenere un dolce sfizioso senza il rischio di compromettere la chetosi.
Preriscaldare il forno ventilato a 175°. Frullare tutti gli ingredienti tranne le ciliege e versare l’impasto in uno stampo apribile tondo da 20cm di diametro, protetto con carta da forno. Tuffare le ciliegie equamente distribuite nell’impasto e fare in modo che affondino fino ad essere completamente coperte.
Cuocere a 175°C per 30-35′. In questo caso è inutile fare la prova stecchino per valutare il grado di cottura perché il dolce deve rimanere umido all’interno.
Servire freddo, magari con l’accompagnamento di un cucchiaio di panna montata se si vuole aumentare ulteriormente la ratio.
Valori nutrizionali (al netto dei polioli):
Valori nutrizionali espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet
La ratio chetogenica è 1,99.
Il costo per gli ingredienti di questo clafoutis non arriva 7,00€.
La sfumatura un po’ grigia dell’interno dipende dall’uso della cannella.
La frutta cotta non si mantiene a temperatura ambiente quindi il dolce va conservato in frigorifero e, poiché anche al freddo non si conserva più di tre giorni e non potete mangiarvelo tutto in così poco tempo (a meno che non vi importi nulla delle calorie), io consiglio di congelare il dolce porzionato e di trasferire dal freezer al frigo le fette che si prevede di mangiare il giorno dopo (o di scongelarle al momento con il microonde a potenza minima).
Una possibile variante è l’utilizzo dei mirtilli o dei lamponi al posto delle ciliegie, ma la quantità di carboidrati non cambia in maniera significativa.
Questa è una delle cose più fresche, sazianti e veloci che si possano fare per un pasto leggero in queste caldissime giornate estive.
Ingredienti (1 porzione): 4 champignon (150gr puliti) 20gr scaglie di parmigiano reggiano 20gr olio extravergine di oliva qualche goccia di limone sale q.b. una generosa grattata di pepe nero macinato al momento
Mondare gli champignon: spuntare il gambo, spellare la cappella, lavare strofinando molto velocemente per rimuovere eventuali tracce di terra e asciugare subito. Tagliare gli champignon a fettine sottili, condirli con olio, limone e sale e mescolare bene. Aggiungere le scaglie di parmigiano e il pepe e mescolare brevemente. Servire subito, altrimenti i funghi si macerano nel condimento e diventano scuri e mollicci.
Più facile di così! Veloce, senza cottura e senza sudare. Perfetto come piatto unico o, mezza porzione, come contorno ad un petto di pollo alla piastra.
Valori nutrizionali totali:
Macronutrienti espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet
Ratio chetogenica: 2,02. Se non siete in VLCKD (Very Low Calorie Ketogenic Diet) e volete aumentare la ratio chetogenica, potete abbondare con l’olio d’oliva. I funghi crudi assorbono moltissimo e non rischierete che il condimento in più vi rimanga nel piatto.
Da bambina preferivo le merende salate a quelle dolci, quindi non sono mai stata una gran mangiatrice di marmellate, ma quando ne mangiavo erano immancabilmente quelle fatte in casa da mia mamma e da mia nonna, spalmate generosamente su fette di pane casalingo.
La preparazione delle marmellate (come delle conserve e dei sott’olii, d’altra parte) era una faccenda lunga e laboriosa, con cotture interminabili e pentole da sorvegliare e rimestare ogni pochi minuti per evitare che la marmellata si attaccasse. E se si attaccava, guai a grattare il fondo per non inquinare la marmellata ancora fluida con il fondo bruciacchiato, ma via di corsa a travasarla in una pentola pulita per portare a termine la cottura.
Con l’avvento delle pentole antiaderenti per me le cose si sono un po’ semplificate, ma la tecnica no. Anche io ho continuato a fare le marmellate così, cuocendo la frutta finché la sua acqua è per la maggior parte evaporata, facendo concentrare la marmellata per non dover aggiungere molto zucchero e poterla ugualmente conservare a lungo in dispensa.
Né io né mia mamma ci siamo mai arrese al Fruttapec per accorciare i tempi, non tanto per una preclusione nei confronti dei gelificanti, ma perché implicavano l’aggiunta di quantità sconsiderate di zucchero (tanta frutta, pari peso di zucchero), mentre con il metodo tradizionale se ne poteva aggiungere appena un decimo.
Oggi c’è più scelta di addensanti, pectine che richiedono minori concentrazioni di zucchero, l’agar agar, lo xantano, e tutti consentono di non stracuocere la frutta conservandone il colore brillante ed il profumo, ma io sono ancora ostinatamente (o pigramente?) affezionata al vecchio sistema e non ho ancora investito se non poco tempo nella sperimentazione di nuove tecniche. Prometto che mi applicherò e vi terrò aggiornati, ma per ora vi racconto di questa marmellata tradizionale ibrida, cioè addensata per evaporazione in cottura ed edulcorata (senza saccarosio).
Fare a pezzi grossolani le fragole, metterle su fuoco medio-alto in un tegame antiaderente con le sponde alte perché rilasciano tantissima acqua che in cottura schiuma e gonfia. Quando avranno rilasciato la loro acqua, aggiungere il limone ed abbassare il fuoco. Il limone contiene naturalmente pectina e favorisce blandamente l’addensamento; inoltre aiuta a mantenere vivace il colore della marmellata e a non farla ossidare ed inscurire troppo.
La cottura a fuoco basso può durare anche 2-3h. Armarsi di santa pazienza e rimescolare regolarmente con un cucchiaio di legno o una spatola di silicone. Per una marmellata con una consistenza più regolare, frullare tutto con il frullatore ad immersione riparandosi adeguatamente dagli schizzi. A mano a mano che la marmellata si addenserà, tenderà sempre di più a schizzare sobbollendo. Munirsi di un para-schizzi è una buona idea. Il test per verificare il giusto punto di cottura è lasciar cadere dal cucchiaio/spatola una goccia di marmellata su un piatto, lasciarla raffreddare completamente e poi sollevare in verticale il piatto. Se la goccia cola, l’evaporazione dei liquidi non è ancora sufficiente. Quando la goccia non cola più, la marmellata ha raggiunto la densità giusta.
A questo punto bisogna aggiungere il dolcificante. Siccome il grado di maturazione e la qualità della frutta possono variare, anche la quantità di dolcificante da aggiungere potrebbe variare. Inoltre de gustibus non est disputandum, quindi il grado di dolcezza da raggiungere sarà a vostro piacimento. Perciò diluire il sucralosio nell’acqua e aggiungere la soluzione gradualmente con un cucchiaino, mescolando bene e poi assaggiando per arrivare al grado di dolcezza che vi soddisfa. Per me 0,2gr di sucralosio questa volta sono bastate.
Cuocere ancora un po’ mescolando per consentire all’acqua della soluzione dolcificante di evaporare. Spegnere il fuoco, versare subito la marmellata bollente in barattoli puliti fino ad un centimetro dall’orlo ed incoperchiare subito con coperchi/capsule nuovi avvitati saldamente. Non c’è bisogno di mettere i barattoli a testa in giù. Con il raffreddamento, andranno comunque sottovuoto. Io uso coperchi clic-clac, quelli che consentono di verificare il sottovuoto premendoli al centro, per essere sicura che non rimanga aria nei barattoli. Poi, comunque, queste marmellate senza zucchero è più prudente conservarle in frigorifero per essere sicuri che non vadano a male.
A confronto con una marmellata classica, quella low-carb è meno trasparente perché le manca la componente sciropposa dello zucchero cotto.
Consiglio di fare barattoli piccoli (l’ideale sarebbe da 100gr/ml) perché comunque di queste marmellate in un’alimentazione chetogenica/low carb se ne usano piccolissime quantità e, una volta aperti, i barattoli grandi anche in frigorifero non si conservano tanto a lungo.
Valori nutrizionali per 100gr:
Valori calcolati con app Ketonet
N.B. I valori nutrizionali sono indicativi. Li ho calcolati partendo dai valori nutrizionali standard delle fragole e calcolando che da 1kg di fragole si ricavano poco più di 400gr di marmellata e da lì ho fatto le proporzioni per 100gr, ma la frutta più o meno matura può contenere naturalmente più o meno zucchero che con l’evaporazione si concentra.
Ratio chetogenica: 0,06 quindi questa marmellata non si può definire chetogenica. Però è corretto definirla low-carb rispetto ad una marmellata industriale perché rispetto a quest’ultima contiene un terzo dei carboidrati. Poi nulla vieta di usarla in un regime chetogenico se opportunamente dosata e abbinata.
Per farcire la mia torta semplice per la colazione ho usato 100gr di questa marmellata, quindi circa 1gr di carboidrati in più per ogni fetta rispetto ai valori nutrizionali di quella ricetta.
Nota tecnica Dopo un paio di tentativi disastrosi, ho deciso di non usare l’eritriolo per fare la marmellata di fragole, mentre lo utilizzo per fare marmellate di altre frutte, per esempio di pesche. L’eritriolo nella marmellata di fragole cristallizza e si aggrega formando grossi agglomerati duri come pietre. Chi ne sa più di me mi ha fatto notare che è una questione di acidità e io suppongo anche di proporzioni. Indagherò a fondo e, quando sarò venuta a capo di questa faccenda, vi farò sapere.
Edit maggio 2021: è questione soprattutto di temperatura. Adesso riesco a farla anche con l’eritritolo e la spiegazione la trovate qui. Quindi ora potete scegliere quale dei due dolcificanti utilizzare in base alla disponibilità o alle vostre preferenze.