Panettone

Il panettone appartiene alla categoria dei grandi lievitati e richiederebbe una lavorazione molto lunga con tutta una serie di passaggi che hanno lo scopo di fargli sviluppare una consistenza soffice ed alveolata ed un aroma intenso e complesso grazie ad una combinazione di pre-impasti lievitati con idratazioni e tempi di maturazione diversi (biga e poolish). Francamente quella classica è una preparazione da professionisti e mettersi a fare il panettone in casa richiede una certa dose di incoscienza, ma ai cheto-cuochi la cocciutaggine non manca, anche perché l’alternativa è dover fare senza panettone, quindi con tutta l’umiltà del caso mi sono imbarcata in questo esperimento, forte di due sole certezze: la prima di avere come guida una ricetta già collaudata per il panettone tradizionale; la seconda di poter contare sullo Sfarinato Lombardia de Il Pane di Rivalta, una farina speciale a bassissimo tenore di carboidrati (8%) e ad altissimo contenuto di proteine (30%), quindi capace di simulare efficacemente la tenacia di una farina forte classica per panificazione.

L’unica vera perplessità con cui ho combattuto seriamente prima di cominciare è stata decidermi sulla dimensione del panettone da realizzare, perché la ricetta di partenza rendeva ben due panettoni da un chilo ciascuno, e richiedeva un grosso impasto con più di un chilo di farina. Ma se da un lato le grandi quantità consentono di impastare con facilità in planetaria, dall’altro il primo tentativo è sempre un esperimento al buio con alto rischio di fallimento e soprattutto di spreco, cosa che non mi piace affatto. Alla fine, ma non molto convinta, ho deciso di ridurre a 1/5 le dosi della ricetta originale. In fin dei conti però ho fatto bene, perché il mio primo tentativo di cheto-panettone è risultato assolutamente insoddisfacente: l’impasto è rimasto troppo arido impedendo una lievitazione significativa, anche se il sapore ed il profumo erano gradevoli.

Quindi per il secondo tentativo ho deciso di mantenere le medesime proporzioni di ingredienti della ricetta originale per avvicinarmi il più possibile a quello stesso gusto, ma integrando con acqua per portare la quantità totale dei liquidi (uovo, tuorlo e acqua) a circa 70% della quantità di farina, che è la percentuale di idratazione consigliata dal produttore del Lombardia per la panificazione. Ma la variazione più drastica (e sofferta) è stata rinunciare ai vari passaggi di pre-lieviti e maturazioni parziali, riducendo la lavorazione da tre giorni a un giorno solo. Sono consapevole che questo incide sul gusto, ma ho comunque preso questa strada perché sospetto che i processi di trasformazione che dovrebbero intervenire tra lievito e farina nei pre-lieviti semplicemente non possano avvenire, perché con i pochi amidi contenuti nel Lombardia il lievito semplicemente non avrebbe da mangiare. Questa comunque è una mia supposizione e mi riprometto di confrontarmi con qualcuno più esperto di me in grandi lievitati per conferma.

E dopo questo lungo preambolo, passiamo all’azione!

Ingredienti:
190gr Sfarinato Lombardia (suddivisi in 100+80+10gr)
62gr acqua
5gr lievito di birra compresso
8gr inulina
1 tuorlo
37gr eritritolo
2 puntine sucralosio
1 uovo (53gr circa)
62gr burro morbido (a temperatura ambiente, non fuso)
semi di 1/2 bacca di vaniglia o 1/2 bustina di vanillina
buccia grattugiata di 1/4 di arancia non trattata
buccia grattugiata di 1/4 di limone non trattato
2,7gr sale
20gr cioccolato fondente all’85% spezzato in piccoli pezzi

Sciogliere il lievito e l’inulina nell’acqua e versare in planetaria. Aggiungere 100gr dello sfarinato ed azionare. Impastare fino ad incordatura (dovrete aiutarvi con una spatola perché il gancio farà fatica a raccogliere così poco impasto).

Mescolare il sucralosio all’eritritolo. Continuando ad impastare, aggiungere 1/3 (a occhio) di questi dolcificanti e il tuorlo all’impasto. Impastare finché il tutto non si sarà amalgamato a sufficienza. Ci vorrà un po’ perché lo sfarinato non assorbe facilmente tuorli o uova. Aiutarsi anche con la spatola.

Sempre impastando, aggiungere a occhio 1/3 dei 90gr di sfarinato ed impastare finché l’impasto non si incorda di nuovo.

Aggiungere quel che resta dei dolcificanti, gli aromi e l’uovo. Insistere ad impastare finché il tutto si sarà amalgamato.

Aggiungere quel che resta dei 90gr di sfarinato e riportare ad incordatura.

Continuando ad impastare, aggiungere metà (a occhio) del burro e quando sarà sufficientemente incorporato aggiungere anche l’altra metà.

Da ultimo, inserire il sale e gli ultimi 10gr di sfarinato. Riportare ad incordatura e impastare ancora cinque minuti, aggiungendo il coccolato quasi alla fine, per evitare che sporchi l’impasto.

Tutto questo impastare richiederà un’ora. Nel caso si usi una planetaria casalinga, ogni tanto spegnere per evitare che il motore si surriscaldi. Approfittare per alzare il gancio e girare sottosopra l’impasto, il che ne faciliterà la lavorazione.

A questo punto inizia la delicata fase della lievitazione. Pirlare l’impasto prima di metterlo nello stampo (ho trovato questo video tutorial che è molto chiaro sulla procedura). Se non avete un pirottino da panettone di piccole dimensioni, potete realizzarlo voi come è spiegato qui. Io l’ho fatto largo 14,5cm e alto 7,5cm. Posizionare il pirottino su una piccola teglia tonda o sul fondo di un piccolo stampo a cerchio apribile, in modo da poter spostare il panettone in sicurezza, e adagiarci dentro l’impasto. Coprire quanto possibile con della pellicola in modo che la superficie non si asciughi e appoggiarlo su qualcosa di caldo come un calorifero, o una termocoperta. Per fare lievitare il mio, io ho calato la teglia del panettone dentro ad una pentola alta in cui avevo versato un dito d’acqua calda (per mantenere l’umidità) chiusa con il suo coperchio e appoggiata poi su una teglia intiepidita, di quelle per cuocere le piade. Confesso che ho passato il pomeriggio a togliere la pentola (senza scossoni) e a intiepidire la teglia e rimettere la pentola ogni 10 minuti. Sicuramente esiste un metodo più pratico. Se fossi sicura di poter mantenere la temperatura del mio forno a 30°C, avrei messo la pentola lì dentro. Ci vogliono 4-6 ore perché l’impasto raddoppi almeno il volume.

Preriscaldare il forno a 200°C.

Sconsiglio di fare la “scarpatura”, cioè l’intaglio della superficie perché se non è fatta bene si rischia di intaccare la struttura del panettone e di farlo collassare in cottura.

Infornare e cuocere per 12 minuti a 200°C, poi abbassare la temperatura a 160°C per altri 30-40 minuti. Attenzione che abbassare la temperatura troppo presto non fa consolidare la struttura del panettone quando è al massimo della sua lievitazione e lo farà sgonfiare nella seconda fase della cottura.

Sfornare, infilzare da parte a parte il panettone con due lunghi spiedi (o ferri da calza) poco sotto la metà della sua altezza e appenderlo a testa in giù fino a raffreddamento. Questo procedimento serve ad impedire che il panettone raffreddandosi “si sieda” e la cupola si sgonfi.

Il panettone si conserva in un sacchetto di plastica ben chiuso e può durare una settimana.

Come si più vedere sulla cupola, la mia maldestra scarpatura, cioè l’intaglio superiore, non ha migliorato lo sviluppo della lievitazione del mio panettone. Anzi, gli ha fatto perdere un po’ di altezza. C’è margine di miglioramento su questo particolare.

Valori nutrizionali totali (rende 6 fette):

Ratio chetogenica: 0,80

Se siete curiosi, la ricetta originale a cui mi sono ispirata la trovate qui. Comunque non è detto che non riproverò a fare il cheto-panettone con il metodo classico a più passaggi in futuro, perché la lievitazione indiretta allunga la conservabilità del panettone e gli permette di mantenersi soffice più a lungo. Si tratta solo di studiare prima un po’ di chimica della lievitazione.

Cappelletti chetogenici e low carb

Da quando ho scoperto le farine di Dietamedicale e de Il Pane di Rivalta mi ha preso la foga di chetonizzare una quantità di ricette che normalmente sarebbero fuori questione in chetogenica. Il gusto sottile che si possa barare senza sgarrare è un pungolo irresistibile…

Visto che Natale è dietro l’angolo, questa volta ho colto l’occasione per chetonizzare il più classico dei piatti delle feste, il cappelletto, che per altro si presta anche bene perché il ripieno è già nell’originale molto proteico e non richiede né varianti né compromessi di gusto. Basta solo togliere i carboidrati alla pasta ed il gioco è fatto, cosa semplicissima come già visto nelle ricette della pasta all’uovo e dei ravioli.

I cappelletti esistono in millemila varianti di ingredienti e di forma e so già che ciascuno troverà qualcosa da ridire su questo o quel dettaglio: l’assortimento delle carni, la scelta dei formaggi, gli aromi, la forma tonda con i bordi lisci invece che annodata. Questi sono i cappelletti di casa Ghigi, in quel del riminese, in versione Ketomilla. Ho solo dovuto ridurre consistentemente le dosi, perché a casa nostra si viaggia a ricette tarate per 12/15 persone minimo (ah, i pranzi della domenica a casa dei nonni della mia infanzia…).

Ingredienti per il ripieno:
50gr tacchino
50gr lombo di maiale magro
50gr vitello magro
10gr burro
50gr parmigiano reggiano grattugiato
50gr ricotta di pecora
26gr uovo sbattuto (mezzo uovo)
Scorza di limone grattugiata q.b.
Noce moscata q.b.
Sale q.b.

Il ripieno si può preparare anche il giorno prima e conservare in frigorifero. Cuocere la carne nel burro e lasciare raffreddare. Passare la carne nel tritacarne (non nel frullatore) due volte finché sarà ridotta a una grana molto sottile. Aggiungere i formaggi, l’uovo e gli aromi in base al vostro gusto. La quantità del sale dipenderà anche da quanto sono saporiti i formaggi (la ricotta di pecora in generale è più sapida di quella di mucca). Amalgamare il tutto. Ne verrà un impasto dall’aspetto sbriciolato ma che si compatterà se lo premete tra le dita.

Ingredienti per la pasta:
200gr sfarinato Ros Uni o di Ketomix Pasta
2 uova medie

Preparare e stendere la pasta come indicato qui. A meno che non siate delle sfogline provette, la sfoglia non verrà mai perfettamente tonda ma, siccome va piegata in due, bisogna trovarle un asse di simmetria per fare in modo che le due metà combacino il più possibile per evitare troppi sprechi. Una volta trovata la sovrapposizione migliore, premere un po’ sulla piega perché si veda e riaprire la sfoglia tutta in piano, Coprire la metà della sfoglia che verrà ripiegata sopra al ripieno con un canovaccio inumidito per evitare che la pasta si asciughi troppo durante il posizionamento del ripieno sull’altra metà. Spennellare la pasta scoperta con poco albume sbattuto con una forchetta (non montato) o nebulizzare leggermente d’acqua. Questo faciliterà poi la chiusura ermetica dei cappelletti.

L’impasto del ripieno andrà porzionato in piccoli mucchietti uniformi formati a mano premendoli tra le dita (non provate ad usare la sac à poche perché il ripieno non è cremoso e si estrudono con fatica solo un mare di briciole). A posteriori, ho calcolato che ogni mucchietto di ripieno pesa 2 gr quindi se avete la bilancina di precisione potete pesare un mucchietto e tenerlo come riferimento per regolarvi per gli altri. Diversamente fare a occhio. La distanza fra i mucchietti sulla pasta dipende dalla dimensione dello stampo con cui tagliare i cappelletti. Se li mettete molto distanti, ci sarà molto spreco di pasta; se troppo vicini, i tagli si sovrapporranno e i cappelletti invece che tondi avranno degli smanchi. Un riferimento potrebbe essere fare una breve serie di delicate impronte con lo stampo sulla pasta prima di disporre i mucchietti, in modo da capire la distanza ideale e poi procedere più regolarmente possibile fino a che ce ne stanno. Inevitabilmente vi rimarrà del ripieno, che si può utilizzare per fare delle polpettine impanate da ripassare al forno o spalmato su del cheto-pane affettato e tostato per fare delle tartine.

A questo punto togliere il canovaccio dalla metà coperta, spennellare di albume o nebulizzare di acqua anche quella e ripiegarla sulla metà farcita. Per evitare che una volta tagliati i cappelletti rimangano pieni d’aria (cosa che li farebbe gonfiare e rompere in cottura, rovinando tutto) premere con i polpastrelli la pasta intorno ai mucchietti cercando di fare in modo che rimanga intrappolata meno aria possibile. Poi procedere al taglio con uno stampo da cappelletti. Il mio è uno stampo d’ottone con il bordo liscio da 32mm di diametro (si può acquistare nei negozi di casalinghi o anche in rete su siti specializzati).

I primi che ho tagliato erano un po’ troppo vicini, quindi qualcuno mi è venuto sbeccato.

Rimuovere lo sfrido (cioè la pasta che avanza fra un cappelletto e l’altro), con cui si possono fare dei grattini da aggiungere ad un minestrone o a una zuppa. Trasferire i cappelletti disponendoli senza sovrapposizioni (altrimenti si appiccicano) su un vassoio coperto di carta da forno o infarinato con la stessa farina utilizzata per la pasta o con fibra d’avena o di bambù. Se si utilizzano in giornata, conservare in frigorifero per evitare che il ripieno si alteri. Altrimenti mettere il vassoio in freezer per farli congelare ben separati e, dopo almeno mezza giornata, trasferirli in un sacchetto di plastica dove non si attaccheranno gli uni agli altri perché saranno già congelati.

Cuocere in un buon brodo di carne ricco e sapido (la pasta all’uovo tende ad impoverire il gusto del brodo) e servire bollenti con il brodo di cottura. Per i tempi di cottura, come al solito, regolarsi in base allo spessore della pasta e al vostro gusto per una consistenza più o meno al dente. Ad ogni modo, ricordare che le paste realizzate con la Ketomix Pasta o con lo Sfarinato Ros Uni hanno tempi di cottura più lunghi della pasta fresca tradizionale, altrimenti rimangono molto gommose.

Valori nutrizionali medi (differiscono in base al tipo di farina usata e non includono il brodo di cottura):

Se usate la Ketomix Pasta, che è una farina propriamente chetogenica, i valori saranno i seguenti:

Macronutrienti espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet.

Se usate lo Sfarinato Ros Uni, che è una farina a ridotto contenuto di carboidrati, i valori saranno i seguenti:

Macronutrienti espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet

Il calcolo è stato non poco complicato ma l’ho ricontrollato diverse volte e ritengo che sia attendibile. Ho sottratto sia la percentuale di sfrido della pasta sia l’avanzo del ripieno e calcolato in proporzione i valori tenendo conto che con gli ingredienti ho ottenuto 90 cappelletti, con cui si possono fare 4 o 5 porzioni.

Ratio chetogenica con la Ketomix Pasta: 0,91 (0,69gr di carboidrati su 100gr di cappelletti)
Ratio chetogenica con lo Sfarinato Ros Uni: 0,30 (4,04gr di carboidrati su 100gr di cappelletti)

Per completezza aggiungo qui di seguito anche i valori nutrizionali del solo ripieno (ratio chetogenica 0,48):

Pane low-carb

Il pane. Il sogno proibito di chi deve mantenere la chetosi. La croce dei cheto-cuochi in cerca di lievitazioni mollicose. Lo strumento indispensabile per fare scarpetta e non lasciare l’olio di condimento sul fondo del piatto (che poi non tornano i conti dei lipidi…). C’è poco da fare, il pane lo cerchiamo, sempre, anche perché culturalmente è sinonimo di cibo nella sua forma più essenziale (“pane e acqua”, “il pane quotidiano”) quindi dovervi rinunciare è molto di più che una rinuncia dietetica, sembra quasi una sovversione. Sono convinta che sia questo il motivo per cui non c’è cheto-chef che non investa tempo ed ingegno nel tentativo di replicare il gusto e la consistenza del pane.

Ad oggi la farina che mi ha dato più soddisfazione è lo Sfarinato Lombardia de Il Pane di Rivalta, che è una farina a basso tenore di carboidrati ed altissimo contenuto di fibre. Di per sé non è una farina chetogenica perché il suo contenuto di grassi è pressoché nullo, ma il pane che se ne ricava può comunque essere inserito in un regime alimentare chetogenico se si calcola bene la pezzatura e lo si abbina ad un companatico ben condito.

Il pane fatto con lo Sfarinato Lombardia ha il vantaggio di avere un gusto molto simile a quello del pane tradizionale perché gli ingredienti della farina sono tutti ricavati proprio dal frumento, ma bilanciati in modo che prevalgano fibre e proteine mentre i carboidrati rimangono molto bassi.

Non entro nella questione se un prodotto tutto ricavato dal frumento sia infiammatorio o no perché ritengo che la questione sia mal posta (il frumento infiammerebbe in quanto cereale o in quanto ricchissimo di carboidrati?). Quello che invece mi preme sottolineare è che la presenza di proteine del grano rende questo prodotto NON adatto per i celiaci.

Da un punto di vista tecnico, poiché questa farina richiede di essere impastata molto a lungo, trovo necessario l’uso di una planetaria e che le quantità della dose base non sia piccolissima, altrimenti l’impastatrice non “pesca” l’impasto.

Ingredienti:
400gr sfarinato Lombardia
280gr acqua fredda
13gr lievito di birra compresso
10gr sale
30gr olio extravergine d’oliva
10gr sesamo
10gr sesamo nero

Le proporzioni di farina, acqua, lievito e sale sono esattamente le medesime consigliate dal produttore della farina, ma io trovo che il gusto ci guadagni nettamente con l’aggiunta di olio extra vergine. I semi invece si possono anche omettere.

L’acqua deve essere fredda. Questa è una cosa che ho imparato di recente da un professionista. Io ero abituata ad usare acqua tiepida negli impasti pensando di incoraggiare la lievitazione iniziale, invece il calore nell’impasto rende più difficile la formazione della maglia glutinica, pregiudicando poi una lievitazione soddisfacente, e devo dire che da quando ho iniziato a seguire questo consiglio ho visto la differenza.

Sciogliere il lievito nell’acqua. Montare il gancio nella planetaria, versare nella ciotola solo la farina e l’acqua con il lievito ed iniziare ad impastare. All’inizio l’impasto sarà molto appiccicoso e dovrete aiutarvi con una spatola per staccarlo dalle pareti della ciotola e spingerlo verso il gancio, ma poi comincerà a formare una palla che si attorciglierà intorno al gancio dell’impastatrice (il termine tecnico per questo attorcigliarsi si chiama incordatura). Continuare ad impastare per almeno 10 minuti, poi aggiungere a pioggia il sale durante l’impasto. Continuare ancora 2-3 minuti e poi aggiungere a filo l’olio. L’impasto inizialmente farà fatica ad assorbirlo, ma voi insistete ad impastare finché non se lo sarà bevuto tutto e ricomincerà ad attaccarsi alle pareti.

Togliere l’impasto dalla planetaria e metterlo in una ciotola. Coprire la ciotola con un panno molto umido e metterla in un luogo caldo, vicino ad un termosifone o sopra una padella o una piastra intiepidita. Lasciare lievitare per 1 ora e mezzo, tenendo il panno di protezione sempre umido. L’impasto dovrebbe raddoppiare o quasi.

Mentre l’impasto riposa, tostare in un padellino i semi di sesamo.

A lievitazione terminata, con le mani leggermente unte, pezzare l’impasto in mucchietti da 75gr circa (renderà 10 pagnottine). Formare delle pallette rincalzando l’impasto sotto la pallina. Io questa volta le ho anche ruzzolate tra le mani per dargli una forma a bananina.

Pronte per la lievitazione in teglia.

Posizionarle su una leccarda foderata con carta da forno o con un tappetino di silicone. Cospargere con il sesamo. Posizionare nella teglia una scodellina e riempirla a metà di acqua bollente. Incoperchiare con un’altra teglia capovolta e lasciare riposare ancora 40 minuti. Preriscaldare il forno a 175°C.

Lievitate in teglia e pronte da infornare.

Infornare e cuocere per 20 minuti, poi abbassare il forno a 150° e continuare a cuocere per altri 20 minuti, così che l’interno si asciughi al punto giusto. Questi sono i tempi per l’impasto suddiviso in 10 pezzi. Se fate pezzature più piccole (tipo 12 pezzi dall’impasto base) o più grandi (tipo 8 pezzi dall’impasto base) dovrete accorciare o allungare di un paio di minuti i tempi di conseguenza. Come si fa a capire se sono cotte? Bussare. Devono suonare vuote (è difficile da spiegare ma se provate vi renderete conto di cosa voglio dire).

Sfornare e lasciare raffreddare su una griglia.

Per non rischiare che si sciupino, io surgelo le pagnotte che non uso subito e quando le scongelo le tosto brevemente perché la crosta torni bella croccante.

Devo ancora provare a cuocere questo pane in un unico filone da affettare. Di sicuro cambieranno i tempi di cottura. Vi aggiornerò quando proverò.

Valori nutrizionali:

Valori dei macronutrienti calcolati con la app Ketonet ed espressi in grammi. N.B. Il peso in grammi della pezzatura si riferisce all’impasto crudo. Scegliete voi la pezzatura in base ai relativi valori nutrizionali che potete inserire nel vostro piano alimentare.

Ratio chetogenica: 0,27, che è inferiore a 1 quindi la ricetta tecnicamente non può definirsi chetogenica, ma solo a bassissimo tenore di carboidrati.

Il costo degli ingredienti dell’impasto base è circa 4,20€ (la variabile maggiore è il prezzo dell’olio), quindi il costo di una pagnottina sarà circa 0,40/0,50€.

Se volete fare una prova con quantità inferiori (pescaggio della planetaria permettendo) o maggiori, ecco un po’ di calcoli già fatti:

P.S. Se non vi basta i lusso di avere un ottimo pane da gustare senza compromettere la chetosi, vi rivelo un segreto: con lo stesso impasto si può fare la base della pizza

Salsa verde

Questa è un’altra preparazione naturalmente chetogenica perché è a base d’olio e, come la giardiniera, è uno di quei passepartout che dà carattere a pesce, carne e verdure bolliti, grigliati o al vapore e persino alle uova sode.

Ingredienti (ricetta base):
60gr prezzemolo (solo le foglie)
30gr cetrioli in agrodolce (Zuccato)
30gr peperoni veneti privati del picciolo e dei semi (Zuccato)
30gr capperi sott’aceto
12gr alici sott’olio (2 o 3 filetti)
120gr olio extravergine d’oliva
5gr aceto
Sale q.b.
1 spicchio d’aglio (opzionale)

Frullare prima il prezzemolo, poi tutti gli ingredienti esclusi i condimenti con un frullatore potente ma non ad oltranza, non deve diventare un paté, gli ingredienti devono risultare sminuzzati. Aggiungere per ultimi olio, aceto e sale e mescolare con un cucchiaio per diluire il tutto.

Se volete aggiungere anche il profumo dell’aglio, tagliare lo spicchio a metà, metterlo in infusione nella salsa e lasciarcelo più o meno a lungo a seconda di quanto volete che si senta il suo aroma.

Conservare in un barattolo chiuso in frigorifero, dove può durare un paio di settimane.

Un altro ingrediente che si potrebbe aggiungere sono le olive verdi o le olive taggiasche (30gr). Il calcolo dei valori nutrizionali qui sotto cambierebbe ma l’aggiunta non pregiudicherebbe la chetogenicità della ricetta.

Se si omettono le alici, la salsa diventa anche adatta per vegetariani e vegani.

Valori nutrizionali:

Macronutrienti espressi in gr e calcolati con la app Ketonet. Questa volta ho aggiunto anche i valori per 100gr e per alcuni esempi di porzioni grammate, così poi ognuno potrà regolarsi e userà le quantità che desidera (o che può) in base al proprio piano alimentare.

Ratio chetogenica: 11,89. Sensazionale!