Piadina cheto-compatibile

Con questo caldo si ha voglia di poche complicazioni per mangiare e la cotture si riducono al minimo sindacale. Niente sarebbe più veloce di un panino, è vero, ma, salvo aver fatto scorta di pane cheto-compatibile in freezer, nessuno si sognerebbe di accendere il forno in questa estate insolitamente rovente. Ok, c’è la ricetta della mia piadina sfogliata, ma adesso come adesso mi sembra elaborata persino quella.

Urgeva una nuova ricetta, senza complicazioni ma che garantisse una piadina comunque morbida. Ho ripescato un’idea da un ricetta che facevo spessissimo con farina standard per la merenda di scuola per mia figlia, cioè quella della focaccia impastata con lo stracchino, che viene sofficissima e si mantiene tale anche quando si raffredda. Così ho impastato il Ros Uni con lo stracchino che avevo in frigo, che non è necessariamente quello con meno carboidrati in commercio, ma tant’è, quello avevo e quello ho usato. E il risultato è stato entusiasmante, a conti fatti anche per i valori nutrizionali.

Vi dirò… mentre io cuocevo le piade in cucina: mio marito ha commentato dal salotto: “Ma queste sono davvero le tue piade? Perché fanno un profumino che sembrano quelle normali!”. Devo aggiungere altro?

Ingredienti (per 5 piadine):
270gr sfarinato Ros Uni de Il Pane di Rivalta
130gr stracchino con yogurt Lidl
118gr acqua
20gr olio extravergine
7gr sale

Ho voluto provare a usare il Ros Uni invece del Lombardia perché comunque le piadine normalmente non si fanno con una farina forte da lievitati ma con la normale farina 0, quindi il Ros Uni doveva essere adatto.

Il metodo di impasto è il solito: impastare in planetaria lo sfarinato con l’acqua e lo stracchino fino a che l’impasto è omogeneo e ben incordato. Continuare ad impastare e aggiungere l’olio poco per volta per dare il tempo all’impasto di assorbirlo completamente. Da ultimo aggiungere il sale.

Far riposare l’impasto almeno mezz’ora, poi pezzarlo in 5 parti uguali (109gr ciascuna) e stendere con il mattarello su una spianatoia. L’impasto non dovrebbe essere troppo appiccicoso, quindi dovrebbe essere possibile tirarlo senza difficoltà, o al massimo spolverando appena il ripiano con pochissimo sfarinato. Ogni pezzo va steso tondo fino ad un diametro di 18-20cm al massimo (circa 2mm di spessore, ma il diametro è un riferimento più sicuro). Non bisogna insistere a tirare le piade troppo sottili perché poi si seccherebbero in cottura.

Conviene stendere tutte le piade prima di iniziare a cuocere perché poi la cottura è rapidissima e va sorvegliata attentamente.

Scaldare un testo per la piada o una padella antiaderente grande. Deve essere veramente rovente. Prelevare una piada per volta e buttarla sul testo/padella, aggiustandola subito se si sforma un po’ nel trasferimento. Sollevare ogni tanto un lembo della piada con un lungo coltello o una spatola per controllare che la piada sotto non si bruci, ma che si formino solo le caratteristiche macchioline tonde brune, mentre il fondo diventerà da giallino lucido a bianco opaco. Se sforacchiate la piada con una forchetta, sentirete che è ancora morbida dentro. Ogni piada deve cuocere un paio di minuti da un lato e un minuto dall’altro, non di più. Preparare uno strofinaccio da cucina pulito e avvolgerci le piade appena tolte dal testo/padella a mano a mano che sono pronte, impilandole bollenti e ben chiuse nell’involto perché mantengano la loro umidità e non diventino rigide.

Servire subito oppure lasciarle raffreddare per conservarle in freezer. In tal caso vanno inframezzate con carta da forno perché non si attacchino tra di loro e poi chiuse in un sacchetto di plastica. Se si mettono in freezer, consiglio di avere l’accortezza di metterle ben in piano, in modo che occupino pochissimo spazio rimanendo ben piatte.

Per scongelarle, scaldare molto molto bene il testo o una padella e metterci sopra una piadina per volta, anche ancora congelata. Nel giro di pochi secondi si intiepidirà e sarà pronta da farcire. Mi raccomando, non deve cuocere ulteriormente o diventerà rigida.

Valori nutrizionali:

Valori nutrizionali espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet

Ratio chetogenica: 0,5, quindi non chetogenica di per sé, ma se opportunamente farcita diventerà un’ottima base per un pasto dove questa piadina apporterà solo 3 grammi e mezzo di carboidrati.

Aggiungo infine un’informazione veramente interessante: una piadina così realizzata costa meno di 0,90€ al pezzo, cioè molto ma molto meno di una piadina low-carb commerciale ed è mediamente più grande, saziante e soddisfacente.

Cheto cheese-cake giapponese

Qualche settimana fa mi sono imbattuta in un video che mostrava la realizzazione di un dolce giapponese molto alto, sofficissimo e spugnoso, simile per aspetto al pan di Spagna ma talmente umido da ondeggiare come un budino. Ero un tantino incredula, perché la ricetta era costituita da un’altissima quantità di uova e avevo il sospetto che, raffreddandosi, il dolce non potesse rimanere così gonfio, ma a guardare il video la cosa sembrava possibile. Evidentemente la ricetta era bilanciata alla perfezione fra ingredienti liquidi ed ingredienti secchi per realizzare una struttura umidissima ma che reggesse. Peccato che non fosse riproducibile a colpo sicuro, perché la ricetta del video elenca numero di tuorli e numero di albumi invece che grammi degli uni e degli altri, quindi a seconda delle dimensioni delle uova che si usano la quantità di liquidi nella ricetta possono variare enormemente. Io per esempio uso uova del contadino che sono tutte diverse e hanno il tuorlo mediamente piccolo, quindi il risultato sarebbe ogni volta diverso.

Ho deciso comunque di provare una versione cheto e standardizzare le quantità. Al primo tentativo (per altro usando mascarpone al posto del cream-cheese della ricetta giapponese) il dolce non aveva abbastanza struttura e si è sgonfiato, pur mantenendo una gradevole consistenza spugnosa. Il secondo tentativo (con formaggio spalmabile) è molto più leggero e decisamente più interessante, quindi passo a dettagliarvi la ricetta.

Ingredienti (per una tortiera di 20-22cm di diametro):
50gr burro a temperatura ambiente
75gr formaggio Philadelphia
80gr Sfarinato Ros Uni
65gr latte intero
90gr tuorli d’uovo
1 puntina sucralosio
1 bustina vanillina
180gr albume d’uovo
50gr eritritolo
50gr inultina

Burro e uova si lavorano meglio se sono a temperatura ambiente. Le quantità di tuorli e albumi corrispondono a circa (sottolineo circa) 5 uova, separate. Tenetene comunque una sesta pronta in caso di ammanchi sul peso. Miscelate eritritolo e inulina in una ciotola per evitare che l’inulina formi dei grumi, in quanto quest’ultima è molto igroscopica e assorbe subito l’umidità ambientale appena tolta dal suo pacchetto.

Preriscaldare il forno a 170-180°C. Preparare lo stampo, foderandolo internamente con carta da forno ed esternamente con alluminio se lo stampo è di quelli con il cerchio apribile. Predisporre anche uno stampo più grande che possa contenere l’altro per la cottura a bagnomaria. Mettere a bollire 1,5-2litri d’acqua che serviranno per il bagnomaria.

Con una frusta a mano o con uno sbattitore amalgamare in una ciotola burro, formaggio, sfarinato, latte, tuorli, vanillina e sucralosio fino a ottenere una pastella omogenea.

In un’altra ciotola, con uno sbattitore elettrico o in planetaria con la frusta, montare a neve gli albumi, aggiungendo mano a mano la miscela di eritritolo e inulina fino a che la spuma è bella lucida e tiene la forma. Non montare di più perché altrimenti diventa difficile ottenere una consistenza omogenea nel prossimo passaggio.

Prelevare un paio di cucchiaiate di albumi montati e stemperali nella pastella con una spatola. Poi aggiungere in più riprese questa pastella così alleggerita alla montata di albumi e miscelare sempre con la spatola con un movimento dal basso verso l’alto, finché si ottiene una pastella omogenea ben gonfia e fluida.

Versare la pastella nello stampo foderato e pareggiare la superficie con la spatola. Porre lo stampo all’interno dello stampo più grande. Aprire la porta del forno, infornare il tutto e solo allora versare l’acqua bollente nel recipiente più grande, stando attenti a non versare l’acqua dentro al dolce o dentro alla stagnola protettiva. Chiudere subito la porta del forno. Tutta questa operazione farà scendere la temperatura del forno un po’, ma va bene così. Trovo che sia meno pericoloso mettere l’acqua bollente all’ultimo, prima di chiudere il forno, invece che preparare il bagnomaria fuori forno e poi doverne sollevare tutto il peso e controllarne l’ondeggiare per infornarlo.

Cuocere per 20′ a 160°C. Il dolce a questo punto sarà diventato bello gonfio e marroncino chiaro in superficie. Abbassare la temperatura a 140°C e continuare la cottura per altri 30′.

A cottura ultimata, spegnere il forno, aprire lo sportello e lasciare il dolce all’interno del forno per altri 5-10′, poi sfornarlo togliendolo dal bagnomaria. Dopo una mezz’ora sarà abbastanza tiepido e stabile da poterlo togliere dallo stampo.

Servire caldo o freddo a proprio piacimento, tagliato a fette.

Conservare esclusivamente in frigorifero perché il dolce mantiene un altissimo grado di umidità e a temperatura ambiente farebbe la muffa nel giro di due giorni.

Valori nutrizionali:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Ratio chetogenica: 1,3

Il prossimo tentativo sarà di verificare se si possono raddoppiare le quantità utilizzando uno stampo di poco più grande e vedere se il volume che si svilupperà in cottura si manterrà anche dopo il raffreddamento, avvicinandosi ancora di più all’aspetto del dolce originale del video. La sfida continua…

Curd al frutto della passione

Il curd è una salsa dolce della tradizione culinaria anglosassone a base di burro, uova e succo di frutta acidulo (di solito limone). Non contiene latte e questo lo differenzia da una crema. Io mi sono ispirata ad una variante di Nigella Lawson e ho chetonizzato il suo curd al frutto della passione, per altro senza nessuna difficoltà tecnica perché la ricetta di partenza è già molto ricca di burro e l’unica sostituzione veramente necessaria è quella dello zucchero. La ricetta originale la potete trovare qui.

Ingredienti:
50gr burro
succo di 6 frutti della passione (75ml circa)
38gr eritritolo
21gr inulina
1 puntina di sucralosio
1 uovo grande
1 tuorlo grande

Il frutto della passione si trova facilmente anche al supermercato. E’ maturo al punto giusto quando ha il guscio dall’aspetto ammaccato. Se quando lo acquistate la buccia è liscia e tesa, basta tenerlo qualche giorno a temperatura ambiente e lo vedrete avvizzire gradualmente. Una volta maturo al punto giusto, bisogna avere l’accortezza di tagliarlo a metà su un piatto, per raccogliere fino all’ultima goccia il succo che ne fuoriesce. Infatti di polpa all’interno del frutto ce n’è veramente poca ed è una specie di gelatina che avvolge i semi neri. Anche se i semi sono commestibili, per questa ricetta serve solo il succo, quindi bisogna raccogliere tutto il contenuto dei frutti in un colino sopra ad una ciotola e schiacciarlo con il dorso di un cucchiaio o con una spatola finché tutto il succo è colato nella ciotola sottostante.

In un pentolino, far fondere su fuoco bassissimo il burro fino a che non è liquefatto (non deve friggere) e togliere dal fuoco. A parte in una ciotola miscelare con una frustina tutti gli altri ingredienti e versare la mistura nel burro. Miscelando continuamente con una frustina o una spatola, rimettere il pentolino su fuoco bassissimo a scaldare progressivamente fino a che la salsa si addensa. Se avete un cucchiaio con termometro incorporato, questo avverrà intorno a 75-80°. Mi raccomando, la salsa non deve arrivare a bollore, altrimenti si trasformerà in uova strapazzate. Deve inspessirsi ma rimanere fluida e soprattutto omogeneamente liscia. Se iniziano a formarsi dei grumi, vuol dire che sta passando di cottura e va tolta immediatamente dal fuoco per fermare la cottura, magari appoggiando il fondo del pentolino in una ciotola con acqua e ghiaccio e mescolando con decisione per mantenerla omogenea.

Trasferire la salsa in un barattolo e riporre prima possibile in frigorifero. Raffreddandosi la salsa diventerà ancora più densa perché l’alto contenuto di burro la farà rassodare, ma rimarrà comunque cremosa e gestibile a cucchiaiate.

Si conserva solo in frigorifero e solo per qualche giorno, perché le uova sono solo parzialmente cotte, quindi, per quanto zucchero e burro ne allunghino la conservabilità, non è saggio conservarla più di una settimana.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori espressi in grammi, calcolati con la app Ketonet, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo.

I valori nutrizionali del solo succo del frutto della passione li ho ricavati dal data base USDA e sono i seguenti:

Un cucchiaino da te di salsa è circa 15 gr ed è sufficiente per farcirci un biscottino.

Oppure, se non avete limitazioni di calorie, la salsa si può servire in bicchierini e farcire con un ciuffo di panna montata.

La si può anche utilizzare per farcire un dolce, ma se avete bisogno che tenga la forma al taglio, bisognerà considerare l’aggiunta di un po’ di gelatina / colla di pesce ammollata quando è ancora calda e riporla direttamente in una sac-à-poche invece che in un barattolo.

Gyoza chetogenici

Uno dei piatti giapponesi che ho imparato ad apprezzare in Italia invece che in Giappone sono i gyoza. Ancora non mi spiego come io abbia potuto mancarli in ben due viaggi nella terra del Sol Levante, ma tant’è. Anzi, questo fatto mi fa ben sperare che ci siano altre prelibatezze locali che aspettano di essere scoperte e che valgano la pena di un terzo viaggio.

Intanto mi sono divertita a chetonizzare questo piatto. La mia amica Alice, profonda conoscitrice della cultura nipponica, mi ha fornito una dettagliatissima ricetta originale che ho dovuto semplificare per ridurre al massimo i carboidrati, ma nonostante le licenze questi cheto-gyoza sono assolutamente godibili. Per inciso, se vi state domandando cosa c’entra il Giappone con quelli che molti conoscono come “ravioli cinesi”, Alice mi ha spiegato che questo piatto è effettivamente di origine cinese ed è approdato in Giappone nel 1700/1800, quando veniva servito come complemento dei ramen. Nel tempo poi gli ingredienti del ripieno sono un po’ cambiati. La nota caratterizzante del gusto dei gyoza giapponesi è l’aglio.

La preparazione è un po’ lunghetta perché i ravioli vanno lavorati uno ad uno a mano, ma il divertimento e la soddisfazione sono assicurati. Indicativamente ci vuole un’ora per la preparazione della ricetta base.

Ingredienti (per 16 pezzi):

Per la pasta:
80gr Sfarinato Ros Uni de Il Pane di Rivalta
60gr acqua bollente

Per il ripieno:
100gr salsiccia
80gr cavolo cappuccio verde
10gr olio di sesamo
10gr eritritolo
10gr salsa di soia
un pizzico di zenzero in polvere
un pizzico di sale
mezzo spicchio d’aglio

Per cuocere:
20gr olio di girasole e di sesamo
100-120gr acqua

Per condire:
salsa Teriyaki zero (reperibile online)

Prima di tutto preparare la farcia per lasciarla marinare un po’. Togliere la pelle alla salsiccia e schiacciarla con una forchetta. Tritare il cavolo in piccoli pezzi e mischiarlo alla salsiccia. Condire con olio, eritritolo, zenzero, sale e salsa di soia e da ultimo aggiungere il mezzo spicchio d’aglio che lascerete in un pezzo unico se volete solo insaporire il ripieno e poi toglierlo, oppure schiacciato se vi piace un gusto più deciso. Riporre temporaneamente in frigorifero.

Impastare lo sfarinato con l’acqua bollente. L’acqua calda inibisce la formazione del glutine e rende più facile stendere l’impasto perché sarà meno elastico. Inoltre più alta è la temperatura dell’acqua più l’impasto ne assorbe, risultando più idratato e più rapido a cuocere, il che per la pasta fatta con lo sfarinato Ros Uni è particolarmente importante, perché ha tempi di cottura doppi rispetto alla pasta normale e spesso rischia di rimanere troppo al dente.

Dividere l’impasto in palline da 8gr tutte uguali per ottenere poi una cottura uniforme. Con un mattarello, stendere ogni pallina in una piccola sfoglia larga circa 10cm, infarinando la superficie di lavoro con un po’ di sfarinato se serve.

Togliere il pezzo d’aglio dalla farcia se è stato lasciato intero. Mettere un mucchietto di farcia al centro di ogni sfoglia, inumidire i bordi con acqua, ripiegare le sfoglie a mezzaluna e saldare i bordi con le dita pieghettandoli.

Tutte le foto in questo articolo virano un po’ al giallo perché le ho fatte con luce artificiale, ma la pasta dei gyoza è bianca, perché non contiene uova.

Appoggiare i gyoza con la crestina in su in una padella che possa contenerli tutti, con olio di girasole sul fondo. Creare un motivo concentrico fino a che non finisce lo spazio.

Iniziamo la cottura.

Mettere la padella su fuoco vivo. Attendere che sfrigoli appena e versare l’acqua sul fondo. Chiudere bene con un coperchio e tenere chiuso. Dopo circa 15 minuti, quando l’acqua sarà tutta vapore e la pasta dei gyoza sarà traslucida, togliere il coperchio e lasciare friggere fino a che il fondo sarà dorato e l’acqua completamente evaporata. Aggiungere un filo di olio di sesamo. Se vi piace la crosticina, stendete i gyoza sul fianco perché si rosolino ulteriormente. A proposito del tempo di cottura mi preme rassicurarvi che è sufficientemente lungo da garantire la perfetta cottura della salsiccia nel ripieno; inizialmente ero un po’ dubbiosa a riguardo ed ero stata tentata di precuocere la salsiccia, ma non è proprio necessario.

Quasi pronti. Si vede sul fondo della padella ancora un po’ di liquido di cottura che deve finire di evaporare.

Servire subito ben caldi e condire a piacere con salsa teriyaki zero.

Valori nutrizionali e ratio (esclusa la salsa teriyaki):

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet.

Alice, che è una purista, si è raccomandata di non omettere l’aglio e anche di non usare l’olio di oliva perché il sapore di quest’ultimo è totalmente estraneo alla ricetta originale, ma, se la vostra dieta non prevede l’uso di olii di semi, sentitevi autorizzati a fare questa sostituzione. Il gusto sarà meno autentico, ma ugualmente godibilissimo.

***

Esistono anche varianti di pesce dei gyoza, con salmone o gamberi, che però sono solo low-carb, perché il pesce contiene molti meno grassi della salsiccia, quindi la ratio della ricetta si abbassa sensibilmente. La preparazione è identica. Mi sento solo di raccomandare di non sminuzzare i gamberi troppo finemente perché poi il ripieno diventa una specie di polpetta compatta.

Valori nutrizionali e ratio della variante low-carb con salmone (esclusa la salsa teriyaki):

Valori nutrizionali e ratio della variante low-carb con mazzancolle (esclusa la salsa teriyaki):

Keto-brownies

Uno dei dolci casalinghi più amati dagli appassionati del cioccolato, i brownies in casa mia di solito si fanno da Pasqua in poi, per smaltire le uova di cioccolato, ma l’altro giorno, dopo una serie di ciambelle e ciambelloni da colazione troppo morigerati, mia figlia ha chiesto qualcosa di più entusiasmante per cui alzarsi dal letto la mattina. Così, dopo aver accontentato lei con i brownies classici, ne ho fatti una piccola teglia anche per me, chetonizzati.

Ingredienti (per 8 porzioni):
80gr cioccolato extrafondente Lindt 90%
67gr burro
2 uova grandi (circa 120gr totali)
55gr Ketomix Pasta di KetoFoodTherapy o sfarinato Ros Uni de Il Pane di Rivalta
50gr eritritolo
30gr inulina
1 bustina vanillina
1 puntina sucralosio
1 pizzico sale fino
20gr noci pecan
20gr cioccolato extrafondente Lindt 90% a pezzi

Non c’è lievito in questa ricetta.

Accendere il forno a 175° ventilato. Mentre il forno si scalda, fondere la prima quantità di cioccolato insieme al burro a bagnomaria oppure in microonde a massima potenza a cicli ripetuti di 10 secondi, mescolando fra un ciclo e l’altro e, una volta fluido, lasciare intiepidire.

A parte in una ciotola mescolare con una frusta a mano o elettrica tutti gli ingredienti secchi, poi le uova ed infine il mix di cioccolato e burro.

Versare in una pirofila rettangolare di circa 22x16cm di dimensioni, foderata di carta da forno. Io ho utilizzato una teglia usa e getta di alluminio della Conad che ha le dimensioni giuste per ottenere brownies di uno spessore di circa 1,5-2cm. La ricetta classica americana vuole che i brownies siano poi serviti tagliati esclusivamente in forma quadrata o rettangolare, quindi la classica teglia da dolci tonda è da evitare. Inoltre la teglia deve essere proporzionata alla quantità di impasto che si prepara perché, se la teglia è troppo grande, i brownies verranno sottili e secchi.

Infornare e cuocere a 175°C per 5 minuti e poi a 150°C per 10 minuti. Il tempo di cottura è piuttosto rapido perché i brownies devono rimanere leggermente umidi all’interno, altrimenti, non essendo lievitati, risulterebbero asciutti e sgradevoli in bocca.

Lasciare raffreddare nella teglia e servire tagliati in 8 o 16 riquadri. Si conservano in una scatola chiusa fino a 7-8 giorni.

Valori nutrizionali e ratio usando Ketomix Pasta:

Macronutrienti espressi in grammi al netto dei carboidrati dei dolcificanti, calcolati con la app Ketonet

Valori nutrizionali e ratio usando sfarinato Ros Uni:

Macronutrienti espressi in grammi al netto dei carboidrati dei dolcificanti, calcolati con la app Ketonet

In mancanza di noci pecan, si possono usare anche noci normali o nocciole, senza per questo pregiudicare la ratio alta.

Cheto bavarese tiramisù

Da Natale avevo ancora in frigorifero una gran quantità di mascarpone, perché dovevo fare il tiramisù per una cena con i parenti che poi non ho fatto perché c’è stato un cambio di programma, così a quel punto ho deciso di fare il tiramisù per me ma chetonizzato.

Per carità, niente di fantascientifico, di cheto-tiramisù è pieno il web. D’altra parte, cosa c’è di più grasso di panna e mascarpone? L’unica cosa che mi aveva trattenuto fin’ora era che, con i tuorli crudi, il tiramisù va consumato nel giro di 2-3 giorni al massimo ed invece a me serviva qualcosa di conservabile più a lungo, per avere la colazione pronta per tutta la settimana. Così ho optato per un ibrido: una bavarese al mascarpone (dove il tuorlo è cotto) su una base di bisquit inzuppato di caffè. Una bomba! Gusto autentico e consistenza fantastica. Nessuno potrebbe rendersi conto che non sia un tiramisù tradizionale.

Ingredienti (per 8 porzioni):

Per la pasta biscuit:
110gr albume
50gr eritritolo
55gr tuorlo
10gr fibra di avena
10gr fibra di bamboo
30gr inulina
mezza bustina di vanillina

Bagna:
80ml caffé

Per la bavarese al mascarpone:
200gr mascarpone
20gr eritritolo
1 puntina sucralosio (qui spiego cosa intendo per 1 puntina)
75gr tuorli d’uovo
35gr eritritolo
17 inulina
150gr latte
3gr colla di pesce (cioè 1 foglio e mezzo di colla di pesce della Paneangeli)
mezza bustina di vanillina
200gr panna fresca

Per la preparazione della cheto-pasta biscuit vi rimando a questo mio articolo. Questa volta ho realizzato la versione con sole fibre e, una volta raffreddata, l’ho utilizzata tutta per riempire il fondo di 8 coppette. Non è indispensabile essere troppo precisi nel fare i pezzi perché poi, una volta coperta con la bavarese, non si vede.

Inzuppare uniformemente la pasta biscuit con il caffè non dolcificato. A mio gusto il caffè deve essere forte e amaro per fare un bel contrasto con la dolcezza della bavarese.

Mettere in una ciotola capiente mascarpone eritritolo e sucralosio e mescolare con una forchetta. Mettere momentaneamente in frigo. Questo passaggio lo facciamo prima di realizzare la crema inglese perché bisogna dare il tempo all’eritritolo di sciogliersi nella poca acqua contenuta nel mascarpone, altrimenti rimane granuloso.

Ammollare la gelatina in acqua fredda e lasciare da parte perché si idrati per bene.

Passare alla preparazione della crema inglese: mettere a bollire il latte e nel frattempo mescolare con una frusta tuorli, eritritolo e inulina (non è necessario montare il composto). Versare a filo il latte caldo nel composto continuando a mescolare con la frusta, poi versare il tutto di nuovo nella pentola e cuocere mescolando continuamente fino ad una temperatura di 80-82°. A questa temperatura la crema inglese si inspessisce per la parziale cottura dei tuorli, ma bisogna stare attenti a non andare oltre perché non si stracci. Per evitare di spallare, è utile tenere pronti già da prima della cottura una bacinella o il fondo del lavandino pieni di acqua fredda in cui immergere il fondo della pentola della crema e fermare la cottura nel momento critico.

Fuori fuoco, aggiungere alla crema inglese la gelatina ben strizzata e mescolare bene perché si distribuisca uniformemente. Questo passaggio va fatto quando la crema inglese è ancora calda, altrimenti la gelatina non si scioglie. Portare a temperatura ambiente rimettendo la pentola con il fondo a bagno in acqua fredda.

Prendere dal frigo la ciotola del mascarpone, aggiungere la crema inglese un paio di cucchiai alla volta ed amalgamare con una frusta a mano.

A parte semi-montare la panna, che deve gonfiare bene ma non diventare dura. Poi aggiungere gradualmente il composto crema-mascarpone, sempre mescolando con una frusta a mano fino ad ottenere un composto gonfio ma fluido.

Versare il composto nelle ciotoline sopra alla basta biscuit inzuppata, battere delicatamente la ciotoline per livellare il tutto e riporre in frigorifero per almeno 6 ore sigillate con pellicola trasparente, perché il cheto-tiramisù non assorba gli odori del frigo.

Servire con una spolverata in superficie di cacao amaro.

In frigorifero si conserva per una settimana. Si può anche congelare e poi scongelare tenendolo 8 ore in frigorifero.

Valori nutrizionali e ratio:

Come vedete la ratio è bella alta perché l’apporto di grassi è consistente. La ratio si può aumentare addirittura fino quasi a 4:1 se nella crema inglese si usa panna invece del latte (e in questo caso bisogna ridurre la quantità di gelatina a 1,5-2gr perché la crema risulterà più densa di suo una volta raffreddata) e se si realizza il biscuit nella versione con la Ketomix Pasta.

Naturalmente la preparazione si può dressare tutta insieme in una pirofila invece che in coppette e poi servire a cucchiaiate, come si fa di solito con il tiramisù. Questo però renderà più difficile tenere sotto controllo l’apporto calorico e dei macronutrienti delle porzioni.

Piadina sfogliata cheto-compatibile

Sì, è vero ci ho messo troppo a mettere a punto questa ricetta. Per me che sono romagnola poi dedicarmi a fare il pane prima della piada è un mezzo tradimento, ma volevo fare una cosa fatta bene.

La rete è piena di ricette di piade chetonizzate ma sono invariabilmente impastate con l’albume e questa cosa sollecita il mio lato polemico. Va bene che nella cucina chetogenica siamo abituati a escamotage di ogni genere, ma per me una cosa tonda e sottile per accompagnare altri cibi non bisogna mica chiamarla per forza piada. Perché non wrap o crêpe? Non saremo ai livelli di chiamare “pane nuvola” quella che altro non è che una frittata, ma certe volte con i succedanei della piada che sono quasi esclusivamente albume siamo lì lì (scusate, eh, la Romagna protesta).

Da un punto di vista tecnico capisco il ricorso all’albume perché garantisce una plasticità apprezzabile al prodotto cotto che così si può piegare o arrotolare, ma l’albume snatura la piadina soprattutto in termini di sapore. Non si può neppure impastare semplicemente lo sfarinato con l’acqua, perché la piada che se ne ottiene diventa dura appena si raffredda, cosa che la rende sgradevole da addentare e masticare. Io ho scelto di usare le proteine del siero del latte come elemento plasticizzante, perché in generale aiutano a mantenere morbidi gli impasti (per esempio nei lievitati) e, essendo piuttosto neutre di sapore, si mimetizzano bene nel risultato finale. Se si considera poi che l’accompagnamento tipico della piada è il formaggio molle con il salume e che tradizionalmente in alcune zone della Romagna la piada si impasta anche con il latte, le proteine del siero non sono poi una scelta così astrusa.

Per alzare la ratio chetogenica della mia piada ho deciso di fare la versione sfogliata che rimane anche meno compatta e più golosa. La sfogliatura della piada è molto rapida e facile da realizzare, nulla a che vedere con quella lunga e laboriosa della pasta sfogliata dolce. Se ne ricava una piada friabile che fa briciole sottili e croccanti pur rimanendo morbida.

Ingredienti (per 4 piade):
200gr Sfarinato Lombardia
20gr proteine isolate del siero del latte (Myprotein)
140gr acqua fredda
20gr olio evo
5gr sale fino
25gr strutto fuori frigo ma non sciolto
20gr olio evo per stendere

Sconsiglio di usare una quantità maggiore di strutto perché renderebbe più difficile stendere l’impasto che si straccerebbe troppo facilmente. Inoltre in cottura la piada finirebbe per friggere nel suo stesso grasso e diventerebbe croccante, cosa che abbiamo detto che vogliamo evitare.

Impastare sfarinato, proteine e acqua in planetaria fino ad ottenere un impasto liscio ed elastico. Ci vorranno almeno 10 minuti. Aggiungere l’olio a filo e continuare ad impastare finché l’olio è stato completamente assorbito; come dico sempre, il Lombardia fatica ad assorbire i grassi, quindi ci vuole pazienza, quindi tirare giù l’impasto dal gancio più volte e ripartire finché l’impasto è di nuovo liscio ed omogeneo. Aggiungere il sale per ultimo ed impastare ancora per qualche minuto. Poi lasciare riposare l’impasto per altri 10 minuti prima di stenderlo.

Stendere l’impasto con il mattarello in forma rettangolare. Io l’ho steso su un Silpat (un tappetino di silicone) perché l’impasto, che rimane un po’ molliccio, così non si attacca ma grippa quel tanto sulla superficie di fondo da facilitare la stesura. Una volta steso l’impasto, spalmarlo tutto uniformemente con lo strutto (che io ho spatolato con un coltello). Arrotolare l’impasto dal lato corto, in modo da ottenere un salsicciotto corto che poi va tagliato in quattro pezzi uguali.

Arrotondare un po’ le girelle così ottenute come per farne una pagnottina, così l’impasto steso sarà tondo. Ungere la superficie con un po’ di olio e spianare con il mattarello fino a ricavarne un disco con un diametro di circa 20cm. Può succedere che la pasta un po’ si strappi, ma non importa.

Scaldare una padella antiaderente grande. Trasferire la piada nella padella calda e lasciare cuocere per un paio di minuti per lato. La superficie si abbrustolirà, ma non si deve bruciare. Procedere con la cottura di tutte e quattro le piade. Se si servono tutte subito bisognerà tenere le piade cotte al caldo fra due canovacci puliti a mano a mano che si cuociono. Se invece si vogliono conservare, lasciarle raffreddare, inframezzarle con dei pezzi di carta da forno e quando sono fredde infilarle in un sacchetto e via nel freezer. Si scongelano all’occorrenza in pochi secondi in una padella antiaderente o sul classico testo caldi.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori nutrizionali espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet

La ratio non arriva a 1, ma solo 4gr di carboidrati per pezzo non sono niente male e ne fanno un piatto cheto-compatibile se abbinato opportunamente.

Le possibili farciture sono infinite (compatibilmente con quello che consente il vostro piano alimentare naturalmente): formaggio molle (meglio se squacquerone), salumi affettati, porchetta, salsicce arrosto, insalata verde o radicchio o rucola, erbe lessate come bietole, cicoria o rosole, o anche verza, ben strizzate e ripassate in padella con un olio e aglio, verdure grigliate o al gratè (non al gratin, ma proprio gratè, alla romagnola). Un altro ripieno molto tipico sono i sardoncini grigliati. Potete sbizzarrirvi come volete ma, per favore, non metteteci tonno e maionese, altrimenti vengo a picchiarvi con il mattarello!

Cheto-bavarese bigusto vaniglia e pistacchio

Invece della solita vanillina, questa volta ho usato la vaniglia in baccello, che è molto più profumata. I puntini neri che si vedono nello strato superiore sono proprio i semini della vaniglia.

La cheto-bavarese al caffè e la cheto-bavarese al gianduia delle settimane passate sono due delle tante possibili versioni dalla cheto-bavarese di base; infatti avrete notato che tolto il caffè nella prima, o tolte cioccolata e pasta di nocciola nella seconda, la ricetta è la medesima e si posso ricavare molte varianti semplicemente giocando con l’aggiunta di un ingrediente caratterizzante, come creme di frutta secca (nocciola, mandorla, burro di arachidi), aromi in gocce (tipo banana o pera) o spezie (come cannella o anice), o anche una combinazione. Per qualsiasi variante che non contenga cioccolato, consiglio di tenere come riferimento le quantità di gelatina e panna della cheto-bavarese al caffè. Per le varianti con cioccolato invece bisognerà fare riferimento alle proporzioni di gelatina e panna della cheto-bavarese al gianduia.

Oggi vi propongo una bavarese bi-gusto, dove ho abbinato una bavarese semplicissima alla vaniglia ad una più caratteristica al pistacchio.

Ingredienti per cheto-bavarese alla vaniglia:
150gr tuorli d’uovo
70gr eritritolo
35 inulina
300gr latte
mezzo baccello di vaniglia
6,5gr colla di pesce (cioè 3 fogli e un quarto della colla di pesce della Paneangeli)
250gr panna fresca

Ingredienti per cheto-bavarese al pistacchio:
150gr tuorli d’uovo
70gr eritritolo
35 inulina
300gr latte
6,5gr colla di pesce (cioè 3 fogli e un quarto della colla di pesce della Paneangeli)
80gr pasta di pistacchio 100% (io ho usato quella della Fugar, la stessa che uso per il gelato al pistacchio low carb)
250gr panna fresca

Per il procedimento vi rimando alla preparazione della cheto-bavarese al caffè, con la differenza che per il gusto vaniglia ho tagliato a metà il baccello di vaniglia, raschiato i semini e messi nei tuorli sbattuti, e il baccello l’ho tuffato nel latte e tolto quando il latte era bollente; per il gusto pistacchio ho aggiunto la pasta pistacchio alla crema inglese subito dopo l’aggiunta della gelatina e ho ripassato il tutto con il mixer ad immersione per emulsionare bene, prima di aggiungere alla panna semimontata.

Ho versato nelle coppette prima la preparazione al pistacchio perché è più densa, ho battuto un po’ le coppette sul tavolo per livellare il primo strato e poi ci ho versato subito sopra la preparazione alla vaniglia e messo il tutto in frigorifero.

Normalmente con le dosi di ciascuna ricetta ci verrebbero 8 porzioni. Siccome ho combinato due preparazioni per fare la presentazione bi-gusto, me ne sono venute 16. Per non farne così tante, si potrebbe anche preparare la ricetta alla vaniglia, dividerla a metà ed aggiungere ad una metà 40gr di pasta pistacchio

Valori nutrizionali e ratio della preparazione alla vaniglia:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Valori nutrizionali e ratio della preparazione al pistacchio:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Valori nutrizionali e ratio della preparazione bi-gusto:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Consigli per gli acquisti:
Nelle bavaresi si usa solo il tuorlo, ma se non volete partire dalle uova intere e trovarvi poi con 8-10 albumi da smaltire, in commercio esistono i tuorli pastorizzati in bottiglia per uso domestico. Per la verità non è un prodotto che si trovi comunemente sugli scaffali dei supermercati, come gli albumi in brick, ma se chiedete al personale dovreste riuscire facilmente a farveli ordinare (io ci sono riuscita in due supermercati diversi, Conad e Coop). Io uso i tuorli de Le Naturelle, venduti in bottiglie da 250gr. Se non si utilizza l’intera bottiglia entro 2-3 giorni, conviene surgelare la rimanenza, magari suddivisa in barattolini in quantità strategiche da 100-150gr. I tuorli poi si scongelano in frigo e diventano una pasta molto densa ma sono perfettamente utilizzabili anche così.

Cheto-bavarese al gianduia

Mi sono fatta prendere la mano… non riuscivo a scegliere se fare una bavarese al cioccolato o alla nocciola e per non scegliere ce li ho messi tutti e due. Con cioccolato e nocciola non si sbaglia mai!

Ingredienti (per 12 porzioni):
150gr tuorli d’uovo
70gr eritritolo
35 inulina
300gr latte
10gr colla di pesce (cioè 5 fogli di colla di pesce Paneangeli)
100gr cioccolato extra-fondente Lindt 90%
100gr pasta di nocciole (io ho usato Fugar che è un prodotto professionale con carbo molto molto bassi, cioè 4,4%)
400gr panna fresca

Il procedimento è lo stesso che ho già spiegato per la bavarese al caffè, con questa differenza: quando la crema inglese è ancora calda e la gelatina è già stata aggiunta, aggiungere il cioccolato spezzettato e mescolare bene mentre il cioccolato si scioglie per effetto del calore della crema. Poi aggiungere la pasta di nocciola e miscelare il tutto con un mixer ad immersione mantenendolo sempre immerso per rendere il composto liscio e perfettamente omogeneo.

Rispetto alla ricetta della cheto-bavarese al caffè, l’alta percentuale di cacao del cioccolato in questa ricetta renderà il composto di crema molto denso, quindi si giustifica la maggiore quantità di panna. Anche la gelatina è di più perché la quantità totale di questa cheto-bavarese è maggiore.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Cheto-bavarese al caffè

Con l’avvicinarsi del compleanno di mia figlia stavo rispolverando gli appunti del corso di pasticceria che ho fatto a inizio anno e, mentre elucubravo per lei la composizione di una torta cremosa, mi sono resa conto che c’era ampio margine per tentare anche una bavarese in versione chetogenica, visto che una bavarese è sostanzialmente una crema derivata a base di tuorlo d’uovo e panna.

La cheto-bavarese al caffè che ho realizzato, oltre che essere stata la mia colazione di questa settimana, è stata anche l’occasione per due verifiche tecniche sul comportamento degli ingredienti in cottura ed in conservazione, cosa molto importante perché spiana la strada per l’elaborazione e la combinazione di tutta una serie di varianti di gusto per la realizzazione di torte anche piuttosto elaborate.

Premesso che la definizione tecnica di bavarese è “crema inglese, addensata con gelatina, con l’aggiunta di un gusto caratterizzante e alleggerita con panna semi-montata“, la prima verifica da fare era di riuscire ad addensare in maniera soddisfacente la crema inglese. Nella ricetta della crema inglese standard c’è quasi tanto zucchero quanto tuorli perché lo zucchero deve agire da anticoagulante e permettere di pastorizzare i tuorli fino a 82°C senza che diventino una frittata. Ma nelle ricette chetonizzate saprete che non si può mettere tanto eritritolo quanto zucchero altrimenti diventa sgradevole (pizzica/sa di freddo) quindi ho dovuto trovare la quantità giusta di eritritolo perché fosse abbastanza da non far stracciare i tuorli ma non così tanto da innescare retrogusti.

L’altro test da fare era la congelabilità della bavarese. Negli anni ho imparato che l’eritritolo non ama il congelamento perché cristallizza in maniera grossolana (motivo per cui è così complicato farci i gelati) quindi non ero affatto sicura di poter congelare e scongelare la bavarese senza effetti collaterali e sono stata felicissima di constatare che la sua consistenza non si altera minimamente. Questo non solo consente di ottimizzare la preparazione di molte monoporzioni da conservare e scongelare all’occorrenza, ma per i pasticceri più ardimentosi permette anche la costruzione di torte con inserti stratificati. Intravvedo già nuove frontiere da esplorare per un cheto-compleanno…

Ingredienti (per 8 porzioni):
150gr tuorli d’uovo
70gr eritritolo
35 inulina
300gr latte
6,5gr colla di pesce (cioè 3 fogli e un quarto della colla di pesce della Paneangeli)
6 grammi (3 cucchiai da tè colmi) di caffè solubile
250gr panna fresca

Prima di tutto bisogna realizzare la crema inglese. Mettere a bollire il latte e nel frattempo mescolare con una frusta tuorli, eritritolo e inulina (non è necessario montare il composto). Versare a filo il latte caldo nel composto continuando a mescolare con la frusta, poi versare il tutto di nuovo nella pentola e cuocere mescolando continuamente fino ad una temperatura di 80-82°. A questa temperatura la crema inglese si inspessisce per la parziale cottura dei tuorli, ma bisogna stare attenti a non andare oltre perché non si stracci. Per evitare di spallare, è utile tenere pronti già da prima della cottura una bacinella o il fondo del lavandino pieni di acqua fredda in cui immergere il fondo della pentola della crema e fermare la cottura nel momento critico.

Mentre la crema inizia a raffreddarsi, ammollare la gelatina in acqua fredda per qualche minuto finché si è ben gonfiata, strizzarla bene, aggiungerla alla crema inglese e mescolare bene perché si distribuisca uniformemente. Questo passaggio va fatto quando la crema inglese è ancora calda, altrimenti la gelatina non si scioglie.

A parte montare parzialmente la panna. Non deve diventare ferma, ma deve prendere volume rimanendo morbida. Quando la crema è ormai tiepida (30-35°C), versarla a poco a poco nella panna e amalgamando il tutto con la frusta o la spatola, senza montare, e per ultimo aggiungere la polvere di caffè istantaneo. Continuare a mischiare finché il caffè si è completamente sciolto e il composto è diventato completamente omogeneo. A questo punto la consistenza della bavarese è ancora quella di una crema gonfia e fluida.

Aiutandosi con un mestolo se occorre, versare la crema bavarese in coppette o bicchieri monoporzione e mettere a riposare in frigo per almeno 8 ore. Nel freddo la gelatina tira e la bavarese assume la sua consistenza finale, ferma e spumosa.

Servire tal quale o guarnita a piacere con una spolverata di granella di cioccolato extra-fondente o un ciuffetto di panna montata

In frigorifero si conserva per alcuni giorni. In freezer anche 3-4 settimane e va scongelata lentamente in frigorifero.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica (senza guarnizione):

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet