Pasta bisquit in 3 versioni

Compro sempre le uova a due dozzine per volta, ma ultimamente ne compro persino di più perché ne sto usando molte per i miei esperimenti di pasticceria. Frusta inserita, Kenwood che frulla a tutta potenza e forno acceso di conrabbando in barba al caldo di questi giorni, sto cercando di impratichirmi nei bisquit e ne sto facendo diverse varianti, sia per dolci cheto che standard (questi ultimi per farmi perdonare dalla famiglia che si sorbisce il rombo del Kenwood a velocità massima e si trattiene pazientemente dal protestare…).

La pasta bisquit ha la caratteristica di essere larga e sottile, praticamente un foglio di pasta spugnosa, da tagliare nella forma che si preferisce per fare dolci a strati o da usare come base per semifreddi o bavaresi. E’ parente stretto del Pan di Spagna ma non ha bisogno di essere affettato perché nasce già sottile

Per ora ho sperimentato con successo 3 cheto versioni di bisquit neutro. Al primo, fatto il mese scorso con lo Sfarinato Ros Uni e che avevo usato per la naked cake del mio compleanno, ne ho aggiunto uno con la Ketomix Pasta e poi pure una versione gluten free con sole fibre. Su quest’ultima ero un po’ dubbiosa, lo confesso, temevo che venisse stopposa e invece è venuta buona, di sicuro perché nel bisquit la farina è un ingrediente minoritario e quindi non caratterizza tanto il gusto quanto piuttosto la struttura del dolce.

A proposito della quantità di uova, mi sono resa conto che non è necessario sottilizzare maniacalmente sui grammi di tuorlo e di albume indicati in ricetta. Se se ne mettono 5-10gr in più rispetto alle quantità indicate si può chiudere un occhio e lasciarli, perché comunque è l’uovo che regge il successo del bisquit, con la sua montata spumosa che trattiene l’aria e che lo fa gonfiare in cottura, quindi se si abbonda un pochino per non lasciare micro-avanzi in frigo va bene ugualmente.

Ingredienti (per un bisquit da 15×40 o 20x30cm)

Versione Sfarinato Ros Uni:
100gr albume
60gr eritritolo
70gr tuorlo
40gr Sfarinato Ros Uni de Il Pane di Rivalta
20gr inulina
0,2gr vanillina (mezza bustina)
1gr scorza grattugiata di limone (mezzo limone piccolo)

Versione Ketomix Pasta:
125gr albume
66gr eritritolo
66gr tuorlo
30gr Ketomix Pasta di KFT Keto Food Therapy
38gr inulina
0,2gr vanillina (mezza bustina)
1gr scorza grattugiata di limone (mezzo limone piccolo)

Versione sole fibre (senza glutine):
110gr albume
50gr eritritolo
55gr tuorlo
10gr fibra di avena
10gr fibra di bamboo
30gr inulina
0,2gr vanillina (mezza bustina)
1gr scorza grattugiata di limone (mezzo limone piccolo)

Da notare che tra gli ingredienti non c’è il lievito, che nel bisquit non si mette, perché l’aria incorporata nella montata degli albumi è sufficiente a ottenere un prodotto leggero e spugnoso.

Prima di iniziare ad impastare, bisogna preparare quattro cose: preriscaldare il forno a 175-180°C; setacciare insieme farine/fibre, inulina e vanillina; mescolare brevemente la scorza grattugiata e i tuorli; foderare uno stampo da 20×30 con carta da forno (non basta imburrare la teglia e neppure infarinarla, altrimenti sarà impossibile sformare il bisquit).

La dimensione della teglia rispetto alla quantità degli ingredienti è importante perché, se l’impasto una volta steso è troppo sottile o troppo spesso, la cottura darà un risultato inadeguato. Per avere fogli di pasta bisquit ben squadrati, io mi sono procurata una teglia con i bordi bassi e perpendicolari che misura 30x40cm, che in realtà è grande il doppio rispetto alle quantità di ingredienti che ho messo in ricetta. Semplicemente ripiego la carta da forno in modo da ridurne a metà lo spazio da riempire ed il gioco è fatto. Certo, un lato del bisquit viene un po’ stortino perché la sponda di sola carta da forno un po’ spancia, ma tanto poi da cotto il bisquit va rifilato, quindi poco importa.

Mettere albumi ed eritritolo in un pentolino e portare a 40-45°C su fuoco medio mescolando per far sciogliere l’eritritolo. Non c’è il rischio che l’albume si cuocia in questa fase perché l’eritritolo gli impedisce di coagulare. Questa procedura facilita il passo successivo di montare a neve gli albumi con la frusta ottenendo una spuma ferma e lucida. Attenzione a non montare eccessivamente, che se la montata diventa troppo dura (tipo la schiuma del bagnoschiuma) poi non si riesce a miscelarla uniformemente con gli ingredienti successivi.

Una volta montati a neve gli albumi, aggiungere a filo i tuorli aromatizzati con la scorza, incorporandoli a mano negli albumi con una spatola con un movimento dal basso verso l’alto. Sempre incorporando a mano con la spatola aggiungere a poco a poco le polveri setacciate insieme fino ad ottenere un impasto omogeneo e spumoso.

Versare l’impasto nella teglia foderata, distribuirlo bene fino negli angoli in uno spessore ben uniforme di circa 2 cm usando un tarocco o una lama, senza sbattere la teglia, altrimenti la montata si sgonfia. Attenzione che l’impasto sia ben livellato, altrimenti a causa degli eventuali avallamenti il foglio di bisquit avrà cottura e consistenza disomogenei.

Infornare subito in forno caldo a 175-180°C per non più di 8-9 minuti . Di solito i bisquit classici si cuociono a temperature più alte e per meno tempo, ma in queste ricette la proporzione tra ingredienti umidi ed ingredienti secchi fa partire la cottura con un alto grado di umidità a cui bisogna dare il tempo di evaporare quel tanto che serve ad ottenere una spugna stabile ma flessibile. Inoltre per l’eritritolo 180°C sono già tanti se si considera che sopra i 160°C imbrunisce e comincia a cambiare sapore. Durante la cottura il bisquit si gonfierà per effetto dell’aria inglobata negli albumi montati e poi, una volta sfornato, si sgonfierà e tornerà all’altezza iniziale, ma è giusto così. Diventerà un foglio spugnoso con alveoli molto piccoli. Appena sfornato è ancora abbastanza umido all’interno. Se lo si tasta, l’impronta ci mette un paio di secondi a sparire e fa un leggero crepitìo.

Una volta raffreddato questo tipo di bisquit si sgonfia.

Lasciare raffreddare nella teglia coperto con uno strofinaccio prima di rovesciarlo su un altro foglio di carta da forno e pelare via la carta forno della cottura con delicatezza per evitare che la pasta si rompa..

Se si vuole provare a farci un rotolo farcito, bisogna ridurre di un 1 minuto il tempo di cottura, perché, se il bisquit è troppo asciutto, arrotolandolo si spacca. Si rompe anche se è troppo spesso rispetto allo strato di farcia, che deve essere spesso quanto il foglio di bisquit se non di più.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori nutrizionali espressi in grammi al netto dei carboidrati dell’eritritolo e calcolati con la app #Ketonet.

La ratio non è alta, ma nemmeno i carboidrati. Sarà la farcitura a rendere pienamente chetogenici questi bisquit.

N.B. Tutte e tre le varianti non contengono latticini, quindi sono adatte per chi è intollerante/allergico a lattosio e/o caseina. Inoltre non contengono soia e la versione con sole fibre è pure senza glutine.

Cheto-piada dei morti (edit ottobre 2021)

Quando si parla di piada si parla di Romagna. La piada dei morti è un dolce stagionale, tondo, largo e basso che si fa tipicamente dalle mie parti nel periodo di ottobre-novembre, perché tra gli ingredienti della ricetta tradizionale ci sarebbe il mosto d’uva o il vino nuovo.

Avevo già fatto una versione chetonizzata della piada dei morti qualche tempo fa, quando non conoscevo ancora le farine per la dieta chetogenica. Il risultato mi aveva soddisfatto nel complesso, ma l’anno scorso ho deciso di provare una seconda versione usando le farine de Il Pane di Rivalta perché ero sicura di potermi avvicinare di più al gusto del dolce originale. L’anno scorso avevo usato un mix metà e metà con Sfarinato Lombardia (quello consigliato per il pane ed i lievitati) e metà Sfarinato Ros Uni (quello consigliato per la pasta), entrambe ricchissime di fibre e ragionevolmente basse in carboidrati. Adesso, dopo un anno che uso gli sfarinati del Pane di Rivalta e che mi ci sono impratichita, ho capito che il Lombardia in purezza è sicuramente più indicato per questa ricetta, perché è molto più simile del Ros Uni ad una farina forte classica. Qui di seguito quindi trovate la versione aggiornata di quest’anno. Ho comunque lasciato in fondo anche la ricetta dell’anno scorso, perché può sempre essere utile tenere traccia delle migliorie.

Risultato con la ricetta del 2020, prima di questo edit.

Nella ricetta tradizionale il solo grasso utilizzato sarebbe l’olio, ma il mio olio extravergine di oliva è molto saporito e sapido e temevo che diventasse troppo preponderante, quindi l’idea iniziale era quella di fare metà olio e metà burro. Poi visto che comunque la ricetta prevedeva latte e altri liquidi (mosto/vino) l’anno scorso avevo optato per l’abbinamento olio-panna. Quest’anno, nel rivisitare la ricetta, ho sostituito una parte della panna con acqua e un po’ di burro (per recuperare la perdita di gusto dovuta alla riduzione della panna). Mi raccomando di rispettare la sequenza di inserimento nell’impasto dei vari liquidi, perché se si mettono gli ingredienti grassi troppo presto, si compromette la formazione della maglia glutinica e la struttura dell’impasto poi non regge la lunga lievitazione e non cresce a dovere.

A proposito di lievitazione, poi, se nella ricetta dell’anno scorso avevo usato sia il lievito di birra che quello istantaneo perché temevo che il lievito di birra da solo non bastasse a reggere tutto, quest’anno ho usato solo quello di birra e, curando la sequenza dell’impasto e l’incordatura, la lievitazione è risultata del tutto soddisfacente.

Infine vi segnalo che tra gli ingredienti di guarnizione di questo dolce troverete l’uva. La quantità che ho utilizzato è veramente minima e non pregiudica il bassissimo contenuto di carboidrati del dolce nel complesso. Nell’originale ci sarebbe stata l’uva sultanina in quantità generosa, ma ovviamente nella versione chetogenica di uvetta non se ne parla.

Ingredienti (quantità minima):
Per l’impasto:
125gr Sfarinato Lombardia
4gr lievito di birra fresco
25gr acqua fredda
30gr eritritolo
1 uovo (circa 53gr)
20gr noci tritate grossolanamente
10gr pinoli
40gr panna fresca
5gr burro sciolto
12,5gr olio extravergine di oliva

Per la guarnizione:
15gr noci (gherigli interi possibilmente)
5gr pinoli
10gr mandorle (pelate o grezze, come preferite)
25gr (qualche acino) uva senza semi rosata o bianca, tagliata in 4 o 8 pezzetti ogni acino

Sciogliere il lievito di birra nell’acqua. Unire sfarinato e uovo ed impastare molto a lungo nella planetaria con il gancio o con la frusta a foglia, perché l’impasto è molto umido ed appiccicoso, ma si riesce comunque ad incordarlo. Incorporare eritritolo, frutta secca e panna e riportare ad incordatura. Da ultimo incorporare olio e burro ed impastare finché non sono stati ben assorbiti nell’impasto.

Foderare di carta da forno uno stampo da 18cm per la dose minima e da 22cm per la dose doppia. Versare l’impasto e livellarlo con una spatola e poi con le mani bagnate. Se la superficie si bagna non è un problema, anzi. Decorare la superficie con gli ingredienti per la guarnizione, avendo cura di affondarli un po’ nella superficie perché si attacchino. L’uva va spinta più a fondo, in modo che rimanga protetta dall’impasto.

Lasciare lievitare in ambiente tiepido almeno due-tre ore coperto con uno strofinaccio ben inumidito. L’umidità ambientale infatti permetterà alla superficie dell’impasto di non asciugarsi e di non frenare la lievitazione.

Preriscaldare il forno a 175°. Nella versione originale, prima di infornare la superficie andrebbe spennellata con un misto di uovo e latte perché il risultato finale sia più colorito, ma questo impasto già contiene l’eritritolo che si colora di suo in cottura, quindi si potrebbe anche saltare questo passaggio. Diversamente, l’ideale per la spennellatura è un mix di tuorlo e panna, che rende la superficie del dolce bella lucida da cotta.

Cuocere a 175°C per 20 minuti per spingere al massimo la lievitazione, poi abbassare la temperatura a 150-160°C per altri 20 minuti perché la piada si cuocia dentro senza diventare troppo scura. Sfornare e lasciare raffreddare prima di tagliare.

L’uso dello sfarinato Lombardia garantisce una lievitazione bella soffice.

Chi conosce l’originale sa che oltre che lucida in superficie la piada dei morti è appiccicosa, perché, prima di servirla, andrebbe spennellata di miele. Per ottenere lo stesso effetto bisogna usare uno sciroppo zero al gusto miele (ne ho visti almeno un paio online). Io ho utilizzato un po’ di sciroppo zero di Bulk (ex Bulkpowders) al gusto butterscotch (sa di sciroppo d’acero). Non è proprio la stessa cosa ma non ci sta affatto male e l’effetto finale è strabiliante. La lucentezza superficiale così ottenuta però purtroppo non dura a lungo perché il dolce piano piano assorbe lo sciroppo, ma per fare le foto non potevo proprio farne a meno. Inoltre, questa laccatura finale, aggiunge un po’ di dolcezza alla ricetta che di per sé non è molto dolce. Se non si ha a disposizione lo sciroppo zero, bisognerà ricordarsi di aggiungere nell’impasto una puntina di sucralosio e assolutamente fare la lucidatura precottura con tuorlo-panna .

Questo è il risultato che si ottiene con la lucidatura uovo-panna precottura, senza la laccatura con lo sciroppo zero dopo cotta. La superficie risulta bella lucida e dorata.

La piada dei morti si conserva tranquillamente una settimana fuori dal frigorifero ben chiusa dentro un sacchetto di plastica o un contenitore chiuso, ma ovviamente con il passare del tempo si asciuga un po’.

Versione 2020 lucidata con lo sciroppo zero

Valori nutrizionali (escluse laccatura pre-cottura e lucidatura finale):

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati dell’eritritolo) calcolati con la app Ketonet. Nella tabella non compaiono le fibre, che però sono presenti in quantità considerevoli nelle farine de Il Pane di Rivalta.

La ratio chetogenica di questo dolce è 1,02.

Il costo dell’intero dolce non arriva a 4,50€ (considerando solo gli ingredienti).

Il dolce di queste foto è la versione 2020 realizzata in dose di impasto doppia.

Oltre che nella classica forma tonda, da noi in Romagna i fornai e le pasticcerie fanno enormi padelloni di questo dolce e poi lo porzionano in riquadri in base alla richiesta. Perciò vi do anche qualche moltiplicazione delle dosi:

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Giusto per non perdere traccia della versione dell’anno scorso, riporto qui sotto ingredienti e valori nutrizionali relativi alla versione 2020:

Ingredienti (quantità minima):
Per l’impasto:
63gr Sfarinato Lombardia
63gr Sfarinato Ros Uni
25gr eritritolo
20gr noci tritate/granella

10gr pinoli
65gr panna fresca
1 uovo (circa 53gr)
10gr olio extravergine di oliva
4gr Lievito istantaneo
2gr lievito birra

Ratio: 1,12

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Keto-cookies caffè, panna e grué

A Natale scorso mi avevano regalato dei biscottini al caffè, panna e grué di una nota pasticceria di Cattolica che all’assaggio si erano rivelati deliziosi. La tentazione di chetonizzarli era stata immediata perché mi piace moltissimo l’abbinamento panna e caffè, ma per qualche motivo non avevo mai elaborato la cosa. Ma quello che mi aveva particolarmente intrigato di quei biscotti era l’ultimo ingrediente, la grué, di cui non avevo mai sentito parlare prima e ho fatto una piccola ricerca on line per capire di cosa si trattasse. Così ho scoperto che la grué è costituita da fave di cacao tostate e frantumate e la cosa buffa è che ce l’avevo pure nella mia dispensa ma non l’avevo mai usata! L’avevo comprata come granella di cacao e l’avevo lasciata da parte perché l’avevo trovata cattivissima: acida e amara!! In realtà, quando l’avevo assaggiata la prima volta, ero stata completamente fuorviata dalle mie aspettative. Mi aspettavo il sapore del cioccolato, ma la grué è cacao grezzo semplicemente frantumato, non cioccolato, quindi non è dolce ed ha un sapore ancora ruvido. Trovandola in quei biscottini, mi sono resa conto che aveva il potenziale di dare aroma e croccantezza ad una ricetta già dolce di per sé.

Quando ho elaborato questi cheto-biscotti, volevo ottenere una consistenza rustica, densa e compatta, diversa da quella dei frollini, un po’ perché in questo impasto non c’è lievito, un po’ perché la crusca di psyllium trattiene l’umidità della panna.

Ingredienti per 12 cookies:
140gr farina di mandorle
70gr farina Ketomix Pasta Dietamedicale
40gr eritritolo
2 puntine di sucralosio
2gr caffè istantaneo
20gr inulina
10gr crusca di psyllium tritata fine nel macinacaffè
1 bustina di vanillina
30gr grué di cacao
30gr burro a temperatura ambiente (oppure tagliato a piccoli pezzi se freddo)
25gr panna fresca
1 uovo

Frullare energicamente tutti gli ingredienti tranne panna e uovo con il robot da cucina per ottenere un composto sbriciolato. Aggiungere da ultimo panna e uovo e far aggregare l’impasto.

Suddividere l’impasto in 12 mucchietti. Usando della carta da forno o un tappetino di silicone come base, schiacciare ogni mucchietto a mano/dito, usando uno stampo da biscotti da 6-7cm di diametro come sponda per avere dei dischi con il bordo regolare e la superficie un po’ rustica. Questo perché così i cookies manterranno un aspetto casalingo ma avranno bordi abbastanza regolari da cuocersi uniformemente e non bruciacchiarsi.

Cuocere in forno ventilato preriscaldato a 150°C per 18-19 minuti. Vanno tenuti d’occhio perché non si devono colorire altrimenti si asciugano troppo. Raffreddare su una gratella o leggermente sovrapposti per sollevarli dalla teglia. Una volta raffreddati, conservare in un contenitore a chiusura ermetica.

Valori nutrizionali di 1 cookie:

Macronutrienti espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet

Ratio chetogenica: 1,8

Il costo di 1 cookie (calcolando solo le materie prime) è di circa 0,50€.

E se poi volete darvi alla produzione industriale perché tutti ve li chiedono (fidatevi, succede), questa è la tabella di moltiplicazione degli ingredienti:

Il caffè istantaneo inserito tra gli ingredienti dà a questi cookies un sapore “adulto”, una nota lievemente amarognola. Se preferite ammorbidire un po’ questo aspetto, potete cospargere i cheto-cookies con un po’ di fibre a velo.

Stessa ricetta ma presentazione diversa: più panciutelli (sono delle pallette schiacciate) e con una parte della grué applicata in superficie come decorazione.