Naked cake ricotta e fragola

Da quando ho imparato la tecnica per fare la pasta bisquit, sto facendo un po’ di esperimenti per ribilanciare la ricetta normale sostituendo zucchero e farina con ingredienti adatti alla dieta chetogenica

Il bisquit, o pasta biscotto, o biscotto tout court, non ha nulla a che vedere con i biscotti o con gli impasti croccanti come la frolla, ma è un parente stretto del pan di Spagna, cioè un composto a base di uova molto montate, senza lievito, steso non più spesso di 1-2cm in teglie larghe e cotto velocemente in modo che diventi un foglio di pasta spugnosa, adatto ad essere tagliato per farne torte a strati farcite, oppure arrotolato nel classico tronchetto.

Questa naked cake (cioè torta stratificata con strati non rifiniti a vista) è il risultato del mio primo esperimento, sicuramente perfettibile in quanto a bilanciamento degli ingredienti, ma già di grande soddisfazione per l’occhio, per il palato e pure per la bilancia, visto che non è eccessivamente calorico.

Ingredienti (per una torta da 6 porzioni):
Per il bisquit:
100gr albume
60gr eritritolo
70gr tuorlo
40gr Sfarinato Ros Uni de Il Pane di Rivalta
20gr inulina
0,2gr vanillina (mezza bustina)

Per la farcitura:
250gr ricotta (io ho usato la Sabelli perché è molto cremosa)
oppure 150gr ricotta + 100gr mascarpone
40gr eritritolo
100gr marmellata di fragole ed eritritolo (ricetta qui)

Prima di iniziare ad impastare, preparare tre cose: preriscaldare il forno a 180°C; setacciare insieme sfarinato, inulina e vanillina; foderare uno stampo da 20×30 con carta da forno (non basta imburrare la teglia e neppure infarinarla, altrimenti sarà impossibile sformare il bisquit).

Mettere albumi ed eritritolo in un pentolino e portare a 45°C su fuoco medio mescolando per far sciogliere l’eritritolo. Non c’è il rischio che l’albume si cuocia in questa fase perché l’eritritolo gli impedisce di coagulare. Questa procedura facilita il passo successivo di montare a neve gli albumi con la frusta ottenendo una spuma ferma e lucida ma non dura, altrimenti non si riesce a miscelarla uniformemente con gli altri ingredienti successivi.

Una volta montati a neve gli albumi, aggiungere a filo i tuorli, incorporandoli a mano negli albumi con una spatola con un movimento dal basso verso l’alto. Sempre incorporando a mano con la spatola aggiungere a poco a poco lo Sfarinato setacciato insieme all’inulina e alla vanillina fino ad ottenere un impasto omogeneo e spumoso. Nel bisquit non si usa il lievito perché l’aria incorporata nella montata degli albumi è sufficiente a ottenere un prodotto leggero e spugnoso.

Versare l’impasto nella teglia foderata, distribuirlo bene fino negli angoli in uno spessore uniforme usando un tarocco o una lama, senza sbattere la teglia, altrimenti si sgonfia la montata.

Infornare subito in forno caldo a 180°C per non più di 9 minuti . Di solito i bisquit classici si cuociono a temperature più alte e per meno tempo, ma in questa ricetta la proporzione tra ingredienti umidi ed ingredienti secchi fa partire la cottura con un alto grado di umidità a cui bisogna dare il tempo di evaporare quel tanto che serve ad ottenere una spugna stabile ma flessibile. Inoltre per l’eritritolo 180°C sono già tanti se si considera che sopra i 160°C imbrunisce e comincia a cambiare sapore. Durante la cottura il bisquit si gonfierà per effetto dell’aria inglobata negli albumi montati e poi, una volta sfornato, si sgonfierà e tornerà all’altezza iniziale, ma è giusto così. Diventerà un foglio spugnoso con alveoli molto piccoli.

Lasciar raffreddare un po’ il bisquit in teglia e sformarlo ribaltandolo a testa in giù con un gesto rapido su un altro foglio di carta da forno. Pelare via con cautela la carta forno usata in cottura e coprire con un canovaccio fino a completo raffreddamento.

Mentre il bisquit si raffredda, miscelare la ricotta (con l’eventuale mascarpone) e l’eritritolo usando una frusta.

Rifilare il bisquit su tutti e quattro i lati, tagliarlo con precisione in 4 per ottenere 4 mattonelle di 10x15cm circa e passare alla farcitura.

In un piatto posizionare una mattonella, spalmare uno strato di marmellata di fragole (25gr) e uno di ricotta avendo cura di spalmare le farcie ben fino ai bordi del bisquit è poi ripartire con un’altra mattonella, marmellata ecc fino ad aver completato 4 strati. L’ultimo strato di ricotta può essere distribuito a ciuffetti con una sac à poche per un effetto più scenografico. Io ho usato una bocchetta liscia da 1cm. E poi via in frigorifero per qualche ora prima da servire a fette.

Si conserva solo in frigorifero fino a 5-6 giorni. Non congelerei le fette perché temo che scongelandosi la ricotta perderebbe troppo siero.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Macronutrienti espressi in grammi al netto dei polioli dell’eritritolo e calcolati con la app #Ketonet

Questa torta ha un aspetto opulento che farebbe la sua bella figura in formato doppio (12 porzioni) o triplo (18 porzioni) per un compleanno. Poi, se proprio volete esagerare e potete permettervi qualche carboidrato e qualche caloria in più, si può ricoprire la torta con fragole sminuzzate mescolate a poca marmellata o gelatina neutra per una finitura lucida, decorata con una cornice di ciuffetti di panna montata non dolcificata.

Questa è realizzato con dose doppia, cotta in una teglia 30x40cm e poi tagliata in tre pezzi da 30x13cm

Marmellata low-carb di fragole

Da bambina preferivo le merende salate a quelle dolci, quindi non sono mai stata una gran mangiatrice di marmellate, ma quando ne mangiavo erano immancabilmente quelle fatte in casa da mia mamma e da mia nonna, spalmate generosamente su fette di pane casalingo.

La preparazione delle marmellate (come delle conserve e dei sott’olii, d’altra parte) era una faccenda lunga e laboriosa, con cotture interminabili e pentole da sorvegliare e rimestare ogni pochi minuti per evitare che la marmellata si attaccasse. E se si attaccava, guai a grattare il fondo per non inquinare la marmellata ancora fluida con il fondo bruciacchiato, ma via di corsa a travasarla in una pentola pulita per portare a termine la cottura.

Con l’avvento delle pentole antiaderenti per me le cose si sono un po’ semplificate, ma la tecnica no. Anche io ho continuato a fare le marmellate così, cuocendo la frutta finché la sua acqua è per la maggior parte evaporata, facendo concentrare la marmellata per non dover aggiungere molto zucchero e poterla ugualmente conservare a lungo in dispensa.

Né io né mia mamma ci siamo mai arrese al Fruttapec per accorciare i tempi, non tanto per una preclusione nei confronti dei gelificanti, ma perché implicavano l’aggiunta di quantità sconsiderate di zucchero (tanta frutta, pari peso di zucchero), mentre con il metodo tradizionale se ne poteva aggiungere appena un decimo.

Oggi c’è più scelta di addensanti, pectine che richiedono minori concentrazioni di zucchero, l’agar agar, lo xantano, e tutti consentono di non stracuocere la frutta conservandone il colore brillante ed il profumo, ma io sono ancora ostinatamente (o pigramente?) affezionata al vecchio sistema e non ho ancora investito se non poco tempo nella sperimentazione di nuove tecniche. Prometto che mi applicherò e vi terrò aggiornati, ma per ora vi racconto di questa marmellata tradizionale ibrida, cioè addensata per evaporazione in cottura ed edulcorata (senza saccarosio).

Ingredienti:
1kg fragole crude mondate
3gr succo di limone
0,2gr sucralosio
1-2 cucchiai acqua

Fare a pezzi grossolani le fragole, metterle su fuoco medio-alto in un tegame antiaderente con le sponde alte perché rilasciano tantissima acqua che in cottura schiuma e gonfia. Quando avranno rilasciato la loro acqua, aggiungere il limone ed abbassare il fuoco. Il limone contiene naturalmente pectina e favorisce blandamente l’addensamento; inoltre aiuta a mantenere vivace il colore della marmellata e a non farla ossidare ed inscurire troppo.

La cottura a fuoco basso può durare anche 2-3h. Armarsi di santa pazienza e rimescolare regolarmente con un cucchiaio di legno o una spatola di silicone. Per una marmellata con una consistenza più regolare, frullare tutto con il frullatore ad immersione riparandosi adeguatamente dagli schizzi. A mano a mano che la marmellata si addenserà, tenderà sempre di più a schizzare sobbollendo. Munirsi di un para-schizzi è una buona idea. Il test per verificare il giusto punto di cottura è lasciar cadere dal cucchiaio/spatola una goccia di marmellata su un piatto, lasciarla raffreddare completamente e poi sollevare in verticale il piatto. Se la goccia cola, l’evaporazione dei liquidi non è ancora sufficiente. Quando la goccia non cola più, la marmellata ha raggiunto la densità giusta.

A questo punto bisogna aggiungere il dolcificante. Siccome il grado di maturazione e la qualità della frutta possono variare, anche la quantità di dolcificante da aggiungere potrebbe variare. Inoltre de gustibus non est disputandum, quindi il grado di dolcezza da raggiungere sarà a vostro piacimento. Perciò diluire il sucralosio nell’acqua e aggiungere la soluzione gradualmente con un cucchiaino, mescolando bene e poi assaggiando per arrivare al grado di dolcezza che vi soddisfa. Per me 0,2gr di sucralosio questa volta sono bastate.

Cuocere ancora un po’ mescolando per consentire all’acqua della soluzione dolcificante di evaporare. Spegnere il fuoco, versare subito la marmellata bollente in barattoli puliti fino ad un centimetro dall’orlo ed incoperchiare subito con coperchi/capsule nuovi avvitati saldamente. Non c’è bisogno di mettere i barattoli a testa in giù. Con il raffreddamento, andranno comunque sottovuoto. Io uso coperchi clic-clac, quelli che consentono di verificare il sottovuoto premendoli al centro, per essere sicura che non rimanga aria nei barattoli. Poi, comunque, queste marmellate senza zucchero è più prudente conservarle in frigorifero per essere sicuri che non vadano a male.

A confronto con una marmellata classica, quella low-carb è meno trasparente perché le manca la componente sciropposa dello zucchero cotto.

Consiglio di fare barattoli piccoli (l’ideale sarebbe da 100gr/ml) perché comunque di queste marmellate in un’alimentazione chetogenica/low carb se ne usano piccolissime quantità e, una volta aperti, i barattoli grandi anche in frigorifero non si conservano tanto a lungo.

Valori nutrizionali per 100gr:

Valori calcolati con app Ketonet

N.B. I valori nutrizionali sono indicativi. Li ho calcolati partendo dai valori nutrizionali standard delle fragole e calcolando che da 1kg di fragole si ricavano poco più di 400gr di marmellata e da lì ho fatto le proporzioni per 100gr, ma la frutta più o meno matura può contenere naturalmente più o meno zucchero che con l’evaporazione si concentra.

Ratio chetogenica: 0,06 quindi questa marmellata non si può definire chetogenica. Però è corretto definirla low-carb rispetto ad una marmellata industriale perché rispetto a quest’ultima contiene un terzo dei carboidrati. Poi nulla vieta di usarla in un regime chetogenico se opportunamente dosata e abbinata.

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Per farcire la mia torta semplice per la colazione ho usato 100gr di questa marmellata, quindi circa 1gr di carboidrati in più per ogni fetta rispetto ai valori nutrizionali di quella ricetta.

Nota tecnica
Dopo un paio di tentativi disastrosi, ho deciso di non usare l’eritriolo per fare la marmellata di fragole, mentre lo utilizzo per fare marmellate di altre frutte, per esempio di pesche. L’eritriolo nella marmellata di fragole cristallizza e si aggrega formando grossi agglomerati duri come pietre. Chi ne sa più di me mi ha fatto notare che è una questione di acidità e io suppongo anche di proporzioni. Indagherò a fondo e, quando sarò venuta a capo di questa faccenda, vi farò sapere.

Edit maggio 2021: è questione soprattutto di temperatura. Adesso riesco a farla anche con l’eritritolo e la spiegazione la trovate qui. Quindi ora potete scegliere quale dei due dolcificanti utilizzare in base alla disponibilità o alle vostre preferenze.