Tortine al mandarancio, cheto e low carb

Questa è una rielaborazione in due versioni, una cheto e una a basso contenuto di carboidrati, di un delizioso dolce di Nigella Lawson (la ricetta originale la potete trovare qui) . Le modifiche che ho fatto sono veramente minime e si tratta di una preparazione semplicissima.

L’unica difficoltà nell’elaborare questa ricetta è stato il calcolo delle calorie e della quantità di carboidrati finali, perché non ho trovato da nessuna parte i valori nutrizionali dei mandaranci inclusa la buccia. Ho usato i valori delle arance con la buccia perché ho visto che i valori di arance e mandaranci sbucciati sono molto simili, quindi mi auguro che questo valga anche per le loro scorze. Bisogna pure dire che il valore dei carboidrati probabilmente è comunque stimato in eccesso, perché nella bollitura dei mandaranci (necessaria per purgare l’amarezza dell’albedo, cioè della parte bianca della scorza) molto del loro succo va perso nell’acqua di cottura.

Ingredienti (per 12 tortine low carb):
250gr farina di mandorle
110gr eritritolo
20gr inulina
6 uova
4 mandaranci/clementine con la buccia non trattata (circa 375gr)

Prima di tutto bisogna cuocere i mandaranci, interi con la buccia. Vanno lavati, messi in pentola con abbastanza acqua perché galleggino, incoperchiati, portati a bollore e lasciati cuocere piano piano per 2 ore. È importante che il fuoco sia dolce altrimenti si spaccano malamente e si disintegrano (ho provato a cuocerli in pentola a pressione per accorciare i tempi ma si sono stracciati).

Quando sono cotti vanno scolati e lasciati raffreddare. Si sgonfieranno ma va bene così.

Ne ho preparati il doppio e ne ho congelati la metà già ridotti a purea, così sono già pronti per la prossima volta.

A questo punto rimuovere i picciòli, tagliare i frutti a metà e rimuovere gli eventuali semi. Ridurre a purea con un frullatore ad immersione. Ne risulterà un purè denso, profumato e amaro.

Preriscaldare il forno a 160°C. Frullare gli altri ingredienti ed aggiungere per ultimo il puré. Suddividere la pastella ottenuta in 12 pirottini larghi per tortine. Infornare e cuocere per 30 minuti. Se fate la versione con la sola scorza (di cui spiego sotto), l’impasto sarà meno umido quindi cuocere in meno tempo, diciamo 25 minuti. Sfornare e lasciar raffreddare.

Le tortine così ottenute si conservano in frigorifero per una settimana perché rimangono un po’ umide e fuori frigo a lungo andare potrebbero fare la muffa. Io di solito ne congelo la metà e poi le scongelo all’occorrenza.

Valori nutrizionali (utilizzando i frutti interi):

Macronutrienti espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet

La ratio chetogenica è 0,97, quindi le tortine realizzate con i frutti interi sono da definirsi più propriamente low carb, ma siamo veramente al limite.

Se invece si utilizzano solo le bucce delle clementine (n.b. le bucce, non la scorza grattugiata), preparate allo stesso modo dei frutti interi, le bucce di 4 mandaranci pesano circa 65gr da crude. Supponendo che i loro valori nutrizionali siano analoghi a quelli delle scorze d’arancia, i valori finali saranno i seguenti:

Macronutrienti espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet

La ratio diventerà 1,23 e quindi la ricetta con le sole scorze diventerà propriamente chetogenica.

Il costo di una tortina comunque è 0,70€ (calcolando solo gli ingredienti).

Questa volta, invece della tabella di moltiplicazione degli ingredienti, darò quella di demoltiplicazione, perché per fare la prima prova ho mantenuto le quantità della ricetta originale, ma se volete prima fare un test per verificare resa e gusto, forse vi conviene cominciare realizzando una quantità minore.

Ingredienti per la versione a basso tenore di carboidrati
Ingredienti per la versione chetogenica

La stessa ricetta si può fare con agrumi diversi a seconda delle vostre preferenze di gusto, per esempio usando limoni, cedro, arance, pompelmi rosa e persino bergamotto.

Clafoutis low-carb alle ciliege

Il clafoutis è un tipo di dolce caratterizzato da un impasto liquido e una farcitura di frutta e rimane molto umido e soffice dopo cotto. Io lo trovo particolarmente gradevole a colazione d’estate gustandolo freddo di frigorifero. La ricetta originale vorrebbe che si usassero 600-700gr di ciliege, ma per un dolce chetogenico queste quantità di frutta sono improponibili. Ma vedrete che usando anche solo 100gr di ciliege si può ottenere un dolce sfizioso senza il rischio di compromettere la chetosi.

Ingredienti:
100gr farina di mandorle
50gr eritritolo
20gr inulina
1 puntina sucralosio
10gr fibra d’avena
3 uova (circa 165gr)
250gr panna fresca
1 bustina vanillina
1gr cannella (se vi piace)
100gr ciliege denocciolate

Preriscaldare il forno ventilato a 175°. Frullare tutti gli ingredienti tranne le ciliege e versare l’impasto in uno stampo apribile tondo da 20cm di diametro, protetto con carta da forno. Tuffare le ciliegie equamente distribuite nell’impasto e fare in modo che affondino fino ad essere completamente coperte.

Cuocere a 175°C per 30-35′. In questo caso è inutile fare la prova stecchino per valutare il grado di cottura perché il dolce deve rimanere umido all’interno.

Servire freddo, magari con l’accompagnamento di un cucchiaio di panna montata se si vuole aumentare ulteriormente la ratio.

Valori nutrizionali (al netto dei polioli):

Valori nutrizionali espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet

La ratio chetogenica è 1,99.

Il costo per gli ingredienti di questo clafoutis non arriva 7,00€.

La sfumatura un po’ grigia dell’interno dipende dall’uso della cannella.

La frutta cotta non si mantiene a temperatura ambiente quindi il dolce va conservato in frigorifero e, poiché anche al freddo non si conserva più di tre giorni e non potete mangiarvelo tutto in così poco tempo (a meno che non vi importi nulla delle calorie), io consiglio di congelare il dolce porzionato e di trasferire dal freezer al frigo le fette che si prevede di mangiare il giorno dopo (o di scongelarle al momento con il microonde a potenza minima).

Una possibile variante è l’utilizzo dei mirtilli o dei lamponi al posto delle ciliegie, ma la quantità di carboidrati non cambia in maniera significativa.

Marmellata low-carb di fragole

Da bambina preferivo le merende salate a quelle dolci, quindi non sono mai stata una gran mangiatrice di marmellate, ma quando ne mangiavo erano immancabilmente quelle fatte in casa da mia mamma e da mia nonna, spalmate generosamente su fette di pane casalingo.

La preparazione delle marmellate (come delle conserve e dei sott’olii, d’altra parte) era una faccenda lunga e laboriosa, con cotture interminabili e pentole da sorvegliare e rimestare ogni pochi minuti per evitare che la marmellata si attaccasse. E se si attaccava, guai a grattare il fondo per non inquinare la marmellata ancora fluida con il fondo bruciacchiato, ma via di corsa a travasarla in una pentola pulita per portare a termine la cottura.

Con l’avvento delle pentole antiaderenti per me le cose si sono un po’ semplificate, ma la tecnica no. Anche io ho continuato a fare le marmellate così, cuocendo la frutta finché la sua acqua è per la maggior parte evaporata, facendo concentrare la marmellata per non dover aggiungere molto zucchero e poterla ugualmente conservare a lungo in dispensa.

Né io né mia mamma ci siamo mai arrese al Fruttapec per accorciare i tempi, non tanto per una preclusione nei confronti dei gelificanti, ma perché implicavano l’aggiunta di quantità sconsiderate di zucchero (tanta frutta, pari peso di zucchero), mentre con il metodo tradizionale se ne poteva aggiungere appena un decimo.

Oggi c’è più scelta di addensanti, pectine che richiedono minori concentrazioni di zucchero, l’agar agar, lo xantano, e tutti consentono di non stracuocere la frutta conservandone il colore brillante ed il profumo, ma io sono ancora ostinatamente (o pigramente?) affezionata al vecchio sistema e non ho ancora investito se non poco tempo nella sperimentazione di nuove tecniche. Prometto che mi applicherò e vi terrò aggiornati, ma per ora vi racconto di questa marmellata tradizionale ibrida, cioè addensata per evaporazione in cottura ed edulcorata (senza saccarosio).

Ingredienti:
1kg fragole crude mondate
3gr succo di limone
0,2gr sucralosio
1-2 cucchiai acqua

Fare a pezzi grossolani le fragole, metterle su fuoco medio-alto in un tegame antiaderente con le sponde alte perché rilasciano tantissima acqua che in cottura schiuma e gonfia. Quando avranno rilasciato la loro acqua, aggiungere il limone ed abbassare il fuoco. Il limone contiene naturalmente pectina e favorisce blandamente l’addensamento; inoltre aiuta a mantenere vivace il colore della marmellata e a non farla ossidare ed inscurire troppo.

La cottura a fuoco basso può durare anche 2-3h. Armarsi di santa pazienza e rimescolare regolarmente con un cucchiaio di legno o una spatola di silicone. Per una marmellata con una consistenza più regolare, frullare tutto con il frullatore ad immersione riparandosi adeguatamente dagli schizzi. A mano a mano che la marmellata si addenserà, tenderà sempre di più a schizzare sobbollendo. Munirsi di un para-schizzi è una buona idea. Il test per verificare il giusto punto di cottura è lasciar cadere dal cucchiaio/spatola una goccia di marmellata su un piatto, lasciarla raffreddare completamente e poi sollevare in verticale il piatto. Se la goccia cola, l’evaporazione dei liquidi non è ancora sufficiente. Quando la goccia non cola più, la marmellata ha raggiunto la densità giusta.

A questo punto bisogna aggiungere il dolcificante. Siccome il grado di maturazione e la qualità della frutta possono variare, anche la quantità di dolcificante da aggiungere potrebbe variare. Inoltre de gustibus non est disputandum, quindi il grado di dolcezza da raggiungere sarà a vostro piacimento. Perciò diluire il sucralosio nell’acqua e aggiungere la soluzione gradualmente con un cucchiaino, mescolando bene e poi assaggiando per arrivare al grado di dolcezza che vi soddisfa. Per me 0,2gr di sucralosio questa volta sono bastate.

Cuocere ancora un po’ mescolando per consentire all’acqua della soluzione dolcificante di evaporare. Spegnere il fuoco, versare subito la marmellata bollente in barattoli puliti fino ad un centimetro dall’orlo ed incoperchiare subito con coperchi/capsule nuovi avvitati saldamente. Non c’è bisogno di mettere i barattoli a testa in giù. Con il raffreddamento, andranno comunque sottovuoto. Io uso coperchi clic-clac, quelli che consentono di verificare il sottovuoto premendoli al centro, per essere sicura che non rimanga aria nei barattoli. Poi, comunque, queste marmellate senza zucchero è più prudente conservarle in frigorifero per essere sicuri che non vadano a male.

A confronto con una marmellata classica, quella low-carb è meno trasparente perché le manca la componente sciropposa dello zucchero cotto.

Consiglio di fare barattoli piccoli (l’ideale sarebbe da 100gr/ml) perché comunque di queste marmellate in un’alimentazione chetogenica/low carb se ne usano piccolissime quantità e, una volta aperti, i barattoli grandi anche in frigorifero non si conservano tanto a lungo.

Valori nutrizionali per 100gr:

Valori calcolati con app Ketonet

N.B. I valori nutrizionali sono indicativi. Li ho calcolati partendo dai valori nutrizionali standard delle fragole e calcolando che da 1kg di fragole si ricavano poco più di 400gr di marmellata e da lì ho fatto le proporzioni per 100gr, ma la frutta più o meno matura può contenere naturalmente più o meno zucchero che con l’evaporazione si concentra.

Ratio chetogenica: 0,06 quindi questa marmellata non si può definire chetogenica. Però è corretto definirla low-carb rispetto ad una marmellata industriale perché rispetto a quest’ultima contiene un terzo dei carboidrati. Poi nulla vieta di usarla in un regime chetogenico se opportunamente dosata e abbinata.

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Per farcire la mia torta semplice per la colazione ho usato 100gr di questa marmellata, quindi circa 1gr di carboidrati in più per ogni fetta rispetto ai valori nutrizionali di quella ricetta.

Nota tecnica
Dopo un paio di tentativi disastrosi, ho deciso di non usare l’eritriolo per fare la marmellata di fragole, mentre lo utilizzo per fare marmellate di altre frutte, per esempio di pesche. L’eritriolo nella marmellata di fragole cristallizza e si aggrega formando grossi agglomerati duri come pietre. Chi ne sa più di me mi ha fatto notare che è una questione di acidità e io suppongo anche di proporzioni. Indagherò a fondo e, quando sarò venuta a capo di questa faccenda, vi farò sapere.

Edit maggio 2021: è questione soprattutto di temperatura. Adesso riesco a farla anche con l’eritritolo e la spiegazione la trovate qui. Quindi ora potete scegliere quale dei due dolcificanti utilizzare in base alla disponibilità o alle vostre preferenze.