Cheto cheese-cake giapponese

Qualche settimana fa mi sono imbattuta in un video che mostrava la realizzazione di un dolce giapponese molto alto, sofficissimo e spugnoso, simile per aspetto al pan di Spagna ma talmente umido da ondeggiare come un budino. Ero un tantino incredula, perché la ricetta era costituita da un’altissima quantità di uova e avevo il sospetto che, raffreddandosi, il dolce non potesse rimanere così gonfio, ma a guardare il video la cosa sembrava possibile. Evidentemente la ricetta era bilanciata alla perfezione fra ingredienti liquidi ed ingredienti secchi per realizzare una struttura umidissima ma che reggesse. Peccato che non fosse riproducibile a colpo sicuro, perché la ricetta del video elenca numero di tuorli e numero di albumi invece che grammi degli uni e degli altri, quindi a seconda delle dimensioni delle uova che si usano la quantità di liquidi nella ricetta possono variare enormemente. Io per esempio uso uova del contadino che sono tutte diverse e hanno il tuorlo mediamente piccolo, quindi il risultato sarebbe ogni volta diverso.

Ho deciso comunque di provare una versione cheto e standardizzare le quantità. Al primo tentativo (per altro usando mascarpone al posto del cream-cheese della ricetta giapponese) il dolce non aveva abbastanza struttura e si è sgonfiato, pur mantenendo una gradevole consistenza spugnosa. Il secondo tentativo (con formaggio spalmabile) è molto più leggero e decisamente più interessante, quindi passo a dettagliarvi la ricetta.

Ingredienti (per una tortiera di 20-22cm di diametro):
50gr burro a temperatura ambiente
75gr formaggio Philadelphia
80gr Sfarinato Ros Uni
65gr latte intero
90gr tuorli d’uovo
1 puntina sucralosio
1 bustina vanillina
180gr albume d’uovo
50gr eritritolo
50gr inultina

Burro e uova si lavorano meglio se sono a temperatura ambiente. Le quantità di tuorli e albumi corrispondono a circa (sottolineo circa) 5 uova, separate. Tenetene comunque una sesta pronta in caso di ammanchi sul peso. Miscelate eritritolo e inulina in una ciotola per evitare che l’inulina formi dei grumi, in quanto quest’ultima è molto igroscopica e assorbe subito l’umidità ambientale appena tolta dal suo pacchetto.

Preriscaldare il forno a 170-180°C. Preparare lo stampo, foderandolo internamente con carta da forno ed esternamente con alluminio se lo stampo è di quelli con il cerchio apribile. Predisporre anche uno stampo più grande che possa contenere l’altro per la cottura a bagnomaria. Mettere a bollire 1,5-2litri d’acqua che serviranno per il bagnomaria.

Con una frusta a mano o con uno sbattitore amalgamare in una ciotola burro, formaggio, sfarinato, latte, tuorli, vanillina e sucralosio fino a ottenere una pastella omogenea.

In un’altra ciotola, con uno sbattitore elettrico o in planetaria con la frusta, montare a neve gli albumi, aggiungendo mano a mano la miscela di eritritolo e inulina fino a che la spuma è bella lucida e tiene la forma. Non montare di più perché altrimenti diventa difficile ottenere una consistenza omogenea nel prossimo passaggio.

Prelevare un paio di cucchiaiate di albumi montati e stemperali nella pastella con una spatola. Poi aggiungere in più riprese questa pastella così alleggerita alla montata di albumi e miscelare sempre con la spatola con un movimento dal basso verso l’alto, finché si ottiene una pastella omogenea ben gonfia e fluida.

Versare la pastella nello stampo foderato e pareggiare la superficie con la spatola. Porre lo stampo all’interno dello stampo più grande. Aprire la porta del forno, infornare il tutto e solo allora versare l’acqua bollente nel recipiente più grande, stando attenti a non versare l’acqua dentro al dolce o dentro alla stagnola protettiva. Chiudere subito la porta del forno. Tutta questa operazione farà scendere la temperatura del forno un po’, ma va bene così. Trovo che sia meno pericoloso mettere l’acqua bollente all’ultimo, prima di chiudere il forno, invece che preparare il bagnomaria fuori forno e poi doverne sollevare tutto il peso e controllarne l’ondeggiare per infornarlo.

Cuocere per 20′ a 160°C. Il dolce a questo punto sarà diventato bello gonfio e marroncino chiaro in superficie. Abbassare la temperatura a 140°C e continuare la cottura per altri 30′.

A cottura ultimata, spegnere il forno, aprire lo sportello e lasciare il dolce all’interno del forno per altri 5-10′, poi sfornarlo togliendolo dal bagnomaria. Dopo una mezz’ora sarà abbastanza tiepido e stabile da poterlo togliere dallo stampo.

Servire caldo o freddo a proprio piacimento, tagliato a fette.

Conservare esclusivamente in frigorifero perché il dolce mantiene un altissimo grado di umidità e a temperatura ambiente farebbe la muffa nel giro di due giorni.

Valori nutrizionali:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Ratio chetogenica: 1,3

Il prossimo tentativo sarà di verificare se si possono raddoppiare le quantità utilizzando uno stampo di poco più grande e vedere se il volume che si svilupperà in cottura si manterrà anche dopo il raffreddamento, avvicinandosi ancora di più all’aspetto del dolce originale del video. La sfida continua…

Curd al frutto della passione

Il curd è una salsa dolce della tradizione culinaria anglosassone a base di burro, uova e succo di frutta acidulo (di solito limone). Non contiene latte e questo lo differenzia da una crema. Io mi sono ispirata ad una variante di Nigella Lawson e ho chetonizzato il suo curd al frutto della passione, per altro senza nessuna difficoltà tecnica perché la ricetta di partenza è già molto ricca di burro e l’unica sostituzione veramente necessaria è quella dello zucchero. La ricetta originale la potete trovare qui.

Ingredienti:
50gr burro
succo di 6 frutti della passione (75ml circa)
38gr eritritolo
21gr inulina
1 puntina di sucralosio
1 uovo grande
1 tuorlo grande

Il frutto della passione si trova facilmente anche al supermercato. E’ maturo al punto giusto quando ha il guscio dall’aspetto ammaccato. Se quando lo acquistate la buccia è liscia e tesa, basta tenerlo qualche giorno a temperatura ambiente e lo vedrete avvizzire gradualmente. Una volta maturo al punto giusto, bisogna avere l’accortezza di tagliarlo a metà su un piatto, per raccogliere fino all’ultima goccia il succo che ne fuoriesce. Infatti di polpa all’interno del frutto ce n’è veramente poca ed è una specie di gelatina che avvolge i semi neri. Anche se i semi sono commestibili, per questa ricetta serve solo il succo, quindi bisogna raccogliere tutto il contenuto dei frutti in un colino sopra ad una ciotola e schiacciarlo con il dorso di un cucchiaio o con una spatola finché tutto il succo è colato nella ciotola sottostante.

In un pentolino, far fondere su fuoco bassissimo il burro fino a che non è liquefatto (non deve friggere) e togliere dal fuoco. A parte in una ciotola miscelare con una frustina tutti gli altri ingredienti e versare la mistura nel burro. Miscelando continuamente con una frustina o una spatola, rimettere il pentolino su fuoco bassissimo a scaldare progressivamente fino a che la salsa si addensa. Se avete un cucchiaio con termometro incorporato, questo avverrà intorno a 75-80°. Mi raccomando, la salsa non deve arrivare a bollore, altrimenti si trasformerà in uova strapazzate. Deve inspessirsi ma rimanere fluida e soprattutto omogeneamente liscia. Se iniziano a formarsi dei grumi, vuol dire che sta passando di cottura e va tolta immediatamente dal fuoco per fermare la cottura, magari appoggiando il fondo del pentolino in una ciotola con acqua e ghiaccio e mescolando con decisione per mantenerla omogenea.

Trasferire la salsa in un barattolo e riporre prima possibile in frigorifero. Raffreddandosi la salsa diventerà ancora più densa perché l’alto contenuto di burro la farà rassodare, ma rimarrà comunque cremosa e gestibile a cucchiaiate.

Si conserva solo in frigorifero e solo per qualche giorno, perché le uova sono solo parzialmente cotte, quindi, per quanto zucchero e burro ne allunghino la conservabilità, non è saggio conservarla più di una settimana.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori espressi in grammi, calcolati con la app Ketonet, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo.

I valori nutrizionali del solo succo del frutto della passione li ho ricavati dal data base USDA e sono i seguenti:

Un cucchiaino da te di salsa è circa 15 gr ed è sufficiente per farcirci un biscottino.

Oppure, se non avete limitazioni di calorie, la salsa si può servire in bicchierini e farcire con un ciuffo di panna montata.

La si può anche utilizzare per farcire un dolce, ma se avete bisogno che tenga la forma al taglio, bisognerà considerare l’aggiunta di un po’ di gelatina / colla di pesce ammollata quando è ancora calda e riporla direttamente in una sac-à-poche invece che in un barattolo.

Keto-brownies

Uno dei dolci casalinghi più amati dagli appassionati del cioccolato, i brownies in casa mia di solito si fanno da Pasqua in poi, per smaltire le uova di cioccolato, ma l’altro giorno, dopo una serie di ciambelle e ciambelloni da colazione troppo morigerati, mia figlia ha chiesto qualcosa di più entusiasmante per cui alzarsi dal letto la mattina. Così, dopo aver accontentato lei con i brownies classici, ne ho fatti una piccola teglia anche per me, chetonizzati.

Ingredienti (per 8 porzioni):
80gr cioccolato extrafondente Lindt 90%
67gr burro
2 uova grandi (circa 120gr totali)
55gr Ketomix Pasta di KetoFoodTherapy o sfarinato Ros Uni de Il Pane di Rivalta
50gr eritritolo
30gr inulina
1 bustina vanillina
1 puntina sucralosio
1 pizzico sale fino
20gr noci pecan
20gr cioccolato extrafondente Lindt 90% a pezzi

Non c’è lievito in questa ricetta.

Accendere il forno a 175° ventilato. Mentre il forno si scalda, fondere la prima quantità di cioccolato insieme al burro a bagnomaria oppure in microonde a massima potenza a cicli ripetuti di 10 secondi, mescolando fra un ciclo e l’altro e, una volta fluido, lasciare intiepidire.

A parte in una ciotola mescolare con una frusta a mano o elettrica tutti gli ingredienti secchi, poi le uova ed infine il mix di cioccolato e burro.

Versare in una pirofila rettangolare di circa 22x16cm di dimensioni, foderata di carta da forno. Io ho utilizzato una teglia usa e getta di alluminio della Conad che ha le dimensioni giuste per ottenere brownies di uno spessore di circa 1,5-2cm. La ricetta classica americana vuole che i brownies siano poi serviti tagliati esclusivamente in forma quadrata o rettangolare, quindi la classica teglia da dolci tonda è da evitare. Inoltre la teglia deve essere proporzionata alla quantità di impasto che si prepara perché, se la teglia è troppo grande, i brownies verranno sottili e secchi.

Infornare e cuocere a 175°C per 5 minuti e poi a 150°C per 10 minuti. Il tempo di cottura è piuttosto rapido perché i brownies devono rimanere leggermente umidi all’interno, altrimenti, non essendo lievitati, risulterebbero asciutti e sgradevoli in bocca.

Lasciare raffreddare nella teglia e servire tagliati in 8 o 16 riquadri. Si conservano in una scatola chiusa fino a 7-8 giorni.

Valori nutrizionali e ratio usando Ketomix Pasta:

Macronutrienti espressi in grammi al netto dei carboidrati dei dolcificanti, calcolati con la app Ketonet

Valori nutrizionali e ratio usando sfarinato Ros Uni:

Macronutrienti espressi in grammi al netto dei carboidrati dei dolcificanti, calcolati con la app Ketonet

In mancanza di noci pecan, si possono usare anche noci normali o nocciole, senza per questo pregiudicare la ratio alta.

Cheto-bavarese bigusto vaniglia e pistacchio

Invece della solita vanillina, questa volta ho usato la vaniglia in baccello, che è molto più profumata. I puntini neri che si vedono nello strato superiore sono proprio i semini della vaniglia.

La cheto-bavarese al caffè e la cheto-bavarese al gianduia delle settimane passate sono due delle tante possibili versioni dalla cheto-bavarese di base; infatti avrete notato che tolto il caffè nella prima, o tolte cioccolata e pasta di nocciola nella seconda, la ricetta è la medesima e si posso ricavare molte varianti semplicemente giocando con l’aggiunta di un ingrediente caratterizzante, come creme di frutta secca (nocciola, mandorla, burro di arachidi), aromi in gocce (tipo banana o pera) o spezie (come cannella o anice), o anche una combinazione. Per qualsiasi variante che non contenga cioccolato, consiglio di tenere come riferimento le quantità di gelatina e panna della cheto-bavarese al caffè. Per le varianti con cioccolato invece bisognerà fare riferimento alle proporzioni di gelatina e panna della cheto-bavarese al gianduia.

Oggi vi propongo una bavarese bi-gusto, dove ho abbinato una bavarese semplicissima alla vaniglia ad una più caratteristica al pistacchio.

Ingredienti per cheto-bavarese alla vaniglia:
150gr tuorli d’uovo
70gr eritritolo
35 inulina
300gr latte
mezzo baccello di vaniglia
6,5gr colla di pesce (cioè 3 fogli e un quarto della colla di pesce della Paneangeli)
250gr panna fresca

Ingredienti per cheto-bavarese al pistacchio:
150gr tuorli d’uovo
70gr eritritolo
35 inulina
300gr latte
6,5gr colla di pesce (cioè 3 fogli e un quarto della colla di pesce della Paneangeli)
80gr pasta di pistacchio 100% (io ho usato quella della Fugar, la stessa che uso per il gelato al pistacchio low carb)
250gr panna fresca

Per il procedimento vi rimando alla preparazione della cheto-bavarese al caffè, con la differenza che per il gusto vaniglia ho tagliato a metà il baccello di vaniglia, raschiato i semini e messi nei tuorli sbattuti, e il baccello l’ho tuffato nel latte e tolto quando il latte era bollente; per il gusto pistacchio ho aggiunto la pasta pistacchio alla crema inglese subito dopo l’aggiunta della gelatina e ho ripassato il tutto con il mixer ad immersione per emulsionare bene, prima di aggiungere alla panna semimontata.

Ho versato nelle coppette prima la preparazione al pistacchio perché è più densa, ho battuto un po’ le coppette sul tavolo per livellare il primo strato e poi ci ho versato subito sopra la preparazione alla vaniglia e messo il tutto in frigorifero.

Normalmente con le dosi di ciascuna ricetta ci verrebbero 8 porzioni. Siccome ho combinato due preparazioni per fare la presentazione bi-gusto, me ne sono venute 16. Per non farne così tante, si potrebbe anche preparare la ricetta alla vaniglia, dividerla a metà ed aggiungere ad una metà 40gr di pasta pistacchio

Valori nutrizionali e ratio della preparazione alla vaniglia:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Valori nutrizionali e ratio della preparazione al pistacchio:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Valori nutrizionali e ratio della preparazione bi-gusto:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Consigli per gli acquisti:
Nelle bavaresi si usa solo il tuorlo, ma se non volete partire dalle uova intere e trovarvi poi con 8-10 albumi da smaltire, in commercio esistono i tuorli pastorizzati in bottiglia per uso domestico. Per la verità non è un prodotto che si trovi comunemente sugli scaffali dei supermercati, come gli albumi in brick, ma se chiedete al personale dovreste riuscire facilmente a farveli ordinare (io ci sono riuscita in due supermercati diversi, Conad e Coop). Io uso i tuorli de Le Naturelle, venduti in bottiglie da 250gr. Se non si utilizza l’intera bottiglia entro 2-3 giorni, conviene surgelare la rimanenza, magari suddivisa in barattolini in quantità strategiche da 100-150gr. I tuorli poi si scongelano in frigo e diventano una pasta molto densa ma sono perfettamente utilizzabili anche così.

Cheto-bavarese al gianduia

Mi sono fatta prendere la mano… non riuscivo a scegliere se fare una bavarese al cioccolato o alla nocciola e per non scegliere ce li ho messi tutti e due. Con cioccolato e nocciola non si sbaglia mai!

Ingredienti (per 12 porzioni):
150gr tuorli d’uovo
70gr eritritolo
35 inulina
300gr latte
10gr colla di pesce (cioè 5 fogli di colla di pesce Paneangeli)
100gr cioccolato extra-fondente Lindt 90%
100gr pasta di nocciole (io ho usato Fugar che è un prodotto professionale con carbo molto molto bassi, cioè 4,4%)
400gr panna fresca

Il procedimento è lo stesso che ho già spiegato per la bavarese al caffè, con questa differenza: quando la crema inglese è ancora calda e la gelatina è già stata aggiunta, aggiungere il cioccolato spezzettato e mescolare bene mentre il cioccolato si scioglie per effetto del calore della crema. Poi aggiungere la pasta di nocciola e miscelare il tutto con un mixer ad immersione mantenendolo sempre immerso per rendere il composto liscio e perfettamente omogeneo.

Rispetto alla ricetta della cheto-bavarese al caffè, l’alta percentuale di cacao del cioccolato in questa ricetta renderà il composto di crema molto denso, quindi si giustifica la maggiore quantità di panna. Anche la gelatina è di più perché la quantità totale di questa cheto-bavarese è maggiore.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Cheto-bavarese al caffè

Con l’avvicinarsi del compleanno di mia figlia stavo rispolverando gli appunti del corso di pasticceria che ho fatto a inizio anno e, mentre elucubravo per lei la composizione di una torta cremosa, mi sono resa conto che c’era ampio margine per tentare anche una bavarese in versione chetogenica, visto che una bavarese è sostanzialmente una crema derivata a base di tuorlo d’uovo e panna.

La cheto-bavarese al caffè che ho realizzato, oltre che essere stata la mia colazione di questa settimana, è stata anche l’occasione per due verifiche tecniche sul comportamento degli ingredienti in cottura ed in conservazione, cosa molto importante perché spiana la strada per l’elaborazione e la combinazione di tutta una serie di varianti di gusto per la realizzazione di torte anche piuttosto elaborate.

Premesso che la definizione tecnica di bavarese è “crema inglese, addensata con gelatina, con l’aggiunta di un gusto caratterizzante e alleggerita con panna semi-montata“, la prima verifica da fare era di riuscire ad addensare in maniera soddisfacente la crema inglese. Nella ricetta della crema inglese standard c’è quasi tanto zucchero quanto tuorli perché lo zucchero deve agire da anticoagulante e permettere di pastorizzare i tuorli fino a 82°C senza che diventino una frittata. Ma nelle ricette chetonizzate saprete che non si può mettere tanto eritritolo quanto zucchero altrimenti diventa sgradevole (pizzica/sa di freddo) quindi ho dovuto trovare la quantità giusta di eritritolo perché fosse abbastanza da non far stracciare i tuorli ma non così tanto da innescare retrogusti.

L’altro test da fare era la congelabilità della bavarese. Negli anni ho imparato che l’eritritolo non ama il congelamento perché cristallizza in maniera grossolana (motivo per cui è così complicato farci i gelati) quindi non ero affatto sicura di poter congelare e scongelare la bavarese senza effetti collaterali e sono stata felicissima di constatare che la sua consistenza non si altera minimamente. Questo non solo consente di ottimizzare la preparazione di molte monoporzioni da conservare e scongelare all’occorrenza, ma per i pasticceri più ardimentosi permette anche la costruzione di torte con inserti stratificati. Intravvedo già nuove frontiere da esplorare per un cheto-compleanno…

Ingredienti (per 8 porzioni):
150gr tuorli d’uovo
70gr eritritolo
35 inulina
300gr latte
6,5gr colla di pesce (cioè 3 fogli e un quarto della colla di pesce della Paneangeli)
6 grammi (3 cucchiai da tè colmi) di caffè solubile
250gr panna fresca

Prima di tutto bisogna realizzare la crema inglese. Mettere a bollire il latte e nel frattempo mescolare con una frusta tuorli, eritritolo e inulina (non è necessario montare il composto). Versare a filo il latte caldo nel composto continuando a mescolare con la frusta, poi versare il tutto di nuovo nella pentola e cuocere mescolando continuamente fino ad una temperatura di 80-82°. A questa temperatura la crema inglese si inspessisce per la parziale cottura dei tuorli, ma bisogna stare attenti a non andare oltre perché non si stracci. Per evitare di spallare, è utile tenere pronti già da prima della cottura una bacinella o il fondo del lavandino pieni di acqua fredda in cui immergere il fondo della pentola della crema e fermare la cottura nel momento critico.

Mentre la crema inizia a raffreddarsi, ammollare la gelatina in acqua fredda per qualche minuto finché si è ben gonfiata, strizzarla bene, aggiungerla alla crema inglese e mescolare bene perché si distribuisca uniformemente. Questo passaggio va fatto quando la crema inglese è ancora calda, altrimenti la gelatina non si scioglie.

A parte montare parzialmente la panna. Non deve diventare ferma, ma deve prendere volume rimanendo morbida. Quando la crema è ormai tiepida (30-35°C), versarla a poco a poco nella panna e amalgamando il tutto con la frusta o la spatola, senza montare, e per ultimo aggiungere la polvere di caffè istantaneo. Continuare a mischiare finché il caffè si è completamente sciolto e il composto è diventato completamente omogeneo. A questo punto la consistenza della bavarese è ancora quella di una crema gonfia e fluida.

Aiutandosi con un mestolo se occorre, versare la crema bavarese in coppette o bicchieri monoporzione e mettere a riposare in frigo per almeno 8 ore. Nel freddo la gelatina tira e la bavarese assume la sua consistenza finale, ferma e spumosa.

Servire tal quale o guarnita a piacere con una spolverata di granella di cioccolato extra-fondente o un ciuffetto di panna montata

In frigorifero si conserva per alcuni giorni. In freezer anche 3-4 settimane e va scongelata lentamente in frigorifero.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica (senza guarnizione):

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Keto Eiskaffee con gelato low-carb di crema alla vaniglia

Avevo già fatto il gelato di crema l’anno scorso, ma la ricetta aveva bisogno di qualche aggiustamento, così l’ho messa da parte e alla fine non l’ho più rifatta, anche perché mi sono dedicata ad altri gusti che mi intrigavano di più. Questa settimana ho ripescato e corretto la ricetta perché sono stata in ferie a Vienna e sono rimasta con la voglia di una coppa di gelato affogato al caffè che, nel caldo rovente di quest’estate, mi sembrava una merenda molto adatta.

L’eiskaffee viennese è una coppa composta da gelato alla vaniglia, caffè freddo e panna montata. Io ho optato per un gelato di crema alla vaniglia che è molto delicato e si sposa ugualmente bene con il caffè. Fra parentesi, in Italia non abbiamo una tradizione del gelato alla vaniglia, da noi usa o il fiordilatte o la crema e mi sembrava che con il fior di latte il gusto della coppa sarebbe venuto troppo poco articolato.

Poi, se mi avete seguito quest’estate, avrete notato che per tutti i miei gelati ho sempre proposto l’abbinamento con la panna montata per alzare la ratio al di sopra dell’1, quindi questa coppa sembra proprio fatta apposta per soddisfare i canoni del dolce cheto-compatibile.

Ingredienti per il gelato di crema:
300gr latte intero
1gr farina di semi di carrube (Rapunzel)
1gr sale
50gr eritritolo
70gr Vitafiber
30gr inulina
1 puntina di sucralosio (cosa intendo per “puntina” lo vedete qui)
75gr tuorlo d’uovo (4 tuorli grandi)
15gr proteine del siero di latte Whey Isolate (Myprotein)
1 bustina di vanillina

Il procedimento è sempre lo stesso (vedi questo articolo, dove ho realizzato il mio primo gelato), con l’accortezza che le proteine Whey Isolate vanno aggiunte alla miscela dopo la fase di cottura, fuori fuoco, perché non sono adatte per essere cotte.

La presenza delle uova in ricetta richiede una particolare attenzione nella fase di pastorizzazione della miscela, perché le proteine delle uova potrebbero arrivare a cuocere, con il risultato di una consistenza stracciata e di un sapore di gelato-frittata. In generale, bisogna ricordare che le proteine delle uova coagulano a 65°C e che gli zuccheri agiscono da anticoagulante, alzando il punto di coagulazione intorno agli 83-85°C. Quindi quando si scalda la miscela fino a 80°, bisogna procedere lentamente su fuoco non troppo alto e stare molto attenti a non spallare con il grado di riscaldamento. Per esempio, io ho riscontrato che devo abbassare il fuoco quando arrivo a 78°C perché nei due minuti successivi il solo calore del fondo della pentola fa aumentare la temperatura della miscela di altri 4°C. Dovrete valutare voi quando abbassare il fuoco per non andare oltre la temperatura di coagulazione. Bisogna comunque fermarsi a 80-82°C, così si ottiene l’attivazione dell’addensante, l’inattivazione batterica (che con le uova è particolarmente importante) e si riesce anche a mantenere la giusta consistenza liscia.

Valori nutrizionali:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili di eritritolo e Vitafiber, calcolati con la app Ketonet

Ratio chetogenica: 0,47
Avrete ormai capito che è molto difficile fare un gelato chetogenico in sé perché dobbiamo sempre confrontarci con due difficoltà tecniche: mantenere bassi i grassi in ricetta, altrimenti il gelato diventa troppo duro e tenere alti gli zuccheri (ovviamente cheto-compatibili) affinché il gelato non ghiacci quando lo conserviamo in freezer. Con queste premesse, il calcolo della proporzione chetogenica necessariamente fatica ad avvicinarsi all’1. La soluzione dell’aggiunta a gelato ultimato di panna montata ci aiuta a riequilibrare i valori.

L’aggiunta inoltre di caffè (naturalmente non zuccherato) non sposta i valori ma arricchisce il gusto, rendendo questa coppa molto sfiziosa.

Cheto cupcake con marmellata alle ciliegie

Questa ricetta è semplicemente un assemblaggio di due mie ricette collaudate: quella della torta semplice per la colazione (qui) e quella della marmellata con eritritolo (qui).

Per la marmellata questa volta ho usato le ciliegie. La loro stagione sta per finire ed i prezzi sono più abbordabili, ma ne ho fatta una quantità veramente minima, giusto per togliermi uno sfizio, perché il suo contenuto di carboidrati richiede un utilizzo veramente molto parco. Con 200gr di ciliegie ho ottenuto 91gr di marmellata. Solo a livello di informazione indicativa, sotto vi metterò anche i valori nutrizionali della sola marmellata, che mi sono serviti per calcolare i valori del singolo cupcake, ma vi ricordo che con le marmellate bisogna sempre fare i calcoli ogni singola volta che si fa la preparazione, perché la resa della frutta nelle preparazioni casalinghe è sempre diversa (quindi vi mando nuovamente a studiarvi bene il perché in questo post).

Per la base del cupcake utilizzare la stessa ricetta e le stesse modalità di preparazione della torta semplice, con le sole differenze di omettere la cannella e suddividere l’impasto in 8 pirottini da muffin per la cottura.

Una volta raffreddati incidere i muffin con un coltellino affilato infilandolo in verticale fino a 1,5cm dal fondo, in modo da poter sfilare un cilindretto al centro.

Spalmare sul fondo di ciascun muffin 10gr di marmellata, ritappare il buco e decorare la superficie con panna montata o mascarpone o ricotta applicata con la sac à poche o panna montata spray senza zucchero.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica di 1 degli 8 cupcake:

Valori nutrizionali di 1 cupcake farcito di marmellata senza e con varie guarnizioni. Valori espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet

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Questi qui sotto invece sono i valori nutrizionali della sola marmellata di ciliegie:

Marmellata realizzata con 200gr di ciliegie snocciolate, cotte fino ad ottenere 83gr di frutta cotta a cui sono stati aggiunti 8gr di eritritolo a fine cottura, per un totale di 91gr di marmellata, cioè un barattolino piccolo. Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo.

E’ evidente che la marmellata di per sé non è chetogenica e bisogna giocare su quantità ben misurate per ottenere una farcitura gustosa seppure infinitesimale.

Cheto panna cotta

Niente di nuovo sotto il sole, la panna cotta è un dolce facilissimo da chetonizzare e ci sono millemila versioni online. Questa è la mia ricetta, poco dolce come piace a me, così si sente nettamente il sapore della panna. Inoltre è più cremosa che gommosa perché l’ho addensata con poco agar agar invece che con la colla di pesce, e per questo motivo è pure vegetariana e halal. Ed è pure perfetta per questa rovente estate, perché la fase della cottura dura meno di due minuti.

Ingredienti (per 3 porzioni):
50gr latte intero
2gr agar agar Colombo linea Montersino
30gr eritritolo
1 puntina di sucralosio
mezza bustina di vanillina
250gr panna fresca

In un contenitore adatto per il microonde miscelare bene il latte e l’agar agar e scaldare nel microonde a più riprese (20 secondi per volta a massima potenza) mescolando bene fra una scaldata e l’altra finché diventa bollente. La cottura è tutta qui e serve soltanto a portare il latte a 100°C per attivare il potere addensante dell’agar agar.

Nel latte bollente, versare l’eritritolo, il sucralosio e la vaniglia e mescolare bene finché l’eritritolo si è sciolto. L’eritritolo si scioglie bene nel latte caldo piuttosto che nella panna perché il latte contiene più acqua della panna e l’eritritolo è idrosolubile. Inoltre, non facendolo cuocere, non cristallizza, come invece succederebbe se lo si portasse a più di 120°C.

Sciolto l’eritritolo, aggiungere alla miscela la panna fredda e mescolare bene senza montare, per evitare che inglobi bollicine d’aria, che la renderebbero meno vellutata una volta addensata. Non cuocendo la panna, il suo gusto pieno rimane inalterato.

Suddividere la miscela in tre ciotoline, coprire con la pellicola e lasciare riposare in frigorifero per almeno 12 ore.

Servire la panna cotta guarnita con qualche frutto di bosco, la cui acidità farà risaltare il sapore morbido della panna.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori nutrizionali della ricetta base (guarnizione esclusa) espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo

Occhio che si tratta di un dolce molto calorico, quasi 300kcal a porzione, quindi non adatto come fine pasto, ma piuttosto perfetto per la colazione.

La ratio è ben superiore a 4, quindi perfetta per regimi chetogenici molto spinti.

Pagnotta pasquale di Sarsina cheto-compatibile

A Pasqua in casa nostra non è mai andata tanto la colomba, ma mia mamma comprava spesso la pagnotta che il forno proponeva per almeno un mese a cavallo della Settimana Santa. Quella della mia infanzia era un pagnotta dolce, ma la pagnotta di Sarsina è dolce-salata e può essere consumata sia come dolce che insieme al salume, come per altro vuole la tradizione della colazione di Pasqua in Romagna, che abbina alla pagnotta l’uovo sodo benedetto ed il salame.

L’intaglio a forma di croce e tipicamente pasquale ed è un esplicito richiamo alla croce di Cristo. Per altro, l’intaglio a croce sui prodotti lievitati come il pane è sempre stato una forma di devozione ed un’invocazione di benedizione sul cibo (anche se qualche volta si trasforma in una specie di superstizione, come se potesse garantire la buona riuscita della lievitazione).

La ricetta tradizionale richiede che questa pagnotta sia arricchita di uvette e profumo d’anice. Addirittura le uvette andrebbero fatte rinvenire nel liquore all’anice, ma per chetonizzare la ricetta dovremo rinunciare alle uvette ed optare per una sostituzione meno zuccherina. Io ho deciso di usare l’uva fresca, in quantità contenuta per non aumentare troppo i carboidrati totali. Si potevano usare anche dei mirtilli ed i carboidrati finali sarebbero stati un pochino meno, ma non tanto, e non mi è sembrato che valesse la pena cambiare il gusto per un risparmio tutto sommato modesto. Per quanto riguarda il profumo d’anice non è necessario fare compromessi: si possono usare indifferentemente i semi d’anice o il liquore Varnelli secco. Io ho usato i semi perché li avevo mentre non avevo il liquore, ma per il sapore sarebbe stato meglio il liquore. Per altro, quest’ultimo ha un quantità di carboidrati veramente irrisoria, appena 1,3gr/100ml e, data la quantità minima che andrebbe in ricetta, diventa praticamente ininfluente sulla porzione finale.

Le quantità degli ingredienti che seguono sono per la realizzazione di due pagnotte. Ho scelto di procedere così perché gli impasti di una certa dimensione vengono meglio, il gancio della planetaria pesca meglio l’impasto e lo incorda in maniera più efficiente.

Vedrete che la preparazione della pagnotta è piuttosto lunga, ma ha il suo senso: la lunga lievitazione suddivisa in più passaggi (lievitino, riposo e lievitazione) migliora il risultato finale in termini di sapore, sofficità e conservabilità della pagnotta.

Ingredienti (per 2 pagnotte):

Per il lievitino:
10gr lievito di birra fresco
100gr acqua fredda
100gr Sfarinato Lombardia de Il Pane di Rivalta

Per l’impasto:
300gr Sfarinato Lombardia
50gr acqua
3 albumi (circa 120gr) freddi di frigo
60gr eritritolo
10gr proteine di siero del latte
20gr inulina
1 bustina di vanillina
scorza grattugiata di mezzo limone non trattato
3 tuorli (circa 45gr) freddi di frigo
3gr di semi di anice schiacciati o frullati nel macinacaffè, o in alternativa due cucchiai di liquore secco all’anice Varnelli
80gr burro ammorbidito a temperatura ambiente
10gr sale
100gr uva fresca senza semi (scegliere gli acini più piccoli possibili)

Per la lucidatura:
1 tuorlo
15gr panna

La preparazione si può fare in uno o due giorni. Se si ha a disposizione solo un giorno, iniziare la mattina e cuocere la sera; se si può gestire la preparazione su due giorni, fare il lievitino prima di cena, impastare dopo cena, riposare in frigo la notte, e riprendere il giorno dopo di prima mattina per cuocere a ridosso del pranzo.

Preparare il lievitino in una ciotola, sciogliendo il lievito di birra nell’acqua, aggiungere lo sfarinato e mescolare grossolanamente con un cucchiaio finché lo sfarinato ha assorbito tutto il liquido. Coprire con la pellicola e lasciare lievitare a temperatura ambiente per 1 ora. Intanto togliere dal frigo il burro perché si ammorbidisca.

Quando il lievitino avrà riposato, versarlo nella ciotola della planetaria e aggiungere il resto dello sfarinato. Se si usa il liquore, togliere dalla quantità di acqua in ricetta due cucchiai di acqua e rimpiazzarli con due cucchiai di liquore. Versare l’acqua (o acqua+ liquore) nella ciotola della planetaria ed iniziare ad impastare con il gancio. Quando lo sfarinato avrà ben assorbito il liquido, ma l’impasto sarà ancora piuttosto arido e sbriciolato, aggiungere gradualmente gli albumi e continuare ad impastare finché l’impasto non si incorda bene attorcigliandosi sul gancio. Ci vorranno almeno 10minuti. L’incordatura dell’impasto è indispensabile per una bella lievitazione poi, quindi bisogna avere pazienza e non tagliar corto.

Continuando ad impastare, aggiungere gli altri ingredienti secchi, gli aromi e i tuorli un po’ alla volta, perché l’impasto farà fatica ad assorbirli. Insistere ad impastare finché l’impasto non è tornato bello uniforme ed elastico, attorcigliandosi sul gancio. Anche questa fase richiederà circa 10 minuti. Se vi sembra che l’impasto non assorba, fermate la planetaria, tirate giù l’impasto dal gancio, giratelo sottosopra e riprendete ad impastare (questo si può fare tutte le volte che volete).

Per ultimo incorporate il burro morbido un pezzo alla volta e continuate ad impastare per altri 10 minuti perché l’impasto assorba completamente ed uniformemente il burro. Infine aggiungete il sale ed impastate altri 3-4 minuti. N.B. Il sale si aggiunge sempre per ultimo negli impasti lunghi perché indurisce la maglia glutinica (infatti appena lo mettete vedrete che l’impasto si contrae). Se si mette troppo presto, la struttura dell’impasto si indebolisce o si strappa e poi non regge la massa quando si gonfia in lievitazione.

Mettere l’impasto in una ciotola, chiudere con pellicola e riporre in frigorifera a riposare. Il riposo può durare da minimo 1 ora a massimo 8-10. Più è lungo il riposo, migliore sarà il sapore e la struttura della pagnotta. Il fatto poi che il riposo sia fatto in frigorifero rallenterà enormemente la lievitazione, evitando che il lievito esaurisca troppo presto la sua forza e che l’impasto inacidisca.

Una volta terminato il riposo, impastare brevemente la massa a mano su una spianatoia eventualmente spolverata di sfarinato. Suddividere a metà l’impasto e lavorare i due pezzi separatamente. Con le mani unte di burro, allargare ogni pezzo sulla spianatoia, schiacciandolo con le mani. Infilare gli acini d’uva (senza romperli) nell’impasto, ripiegare i lembi verso l’interno per iniziare a coprire gli acini e arrotolare i bordi verso l’interno fino al centro. Rigirare l’impasto sotto sopra tenendolo in mano e continuare a rincalzare l’impasto con le dita sotto alla pagnotta, in modo che la superficie della palla si tenda gradualmente diventando liscia e regolare. Bisogna stare attenti che gli acini non affiorino e rimangano inglobati nella palla. Posizionare ciascuna palla nel suo stampo di carta (diametro 16cm).

Riporre a lievitare in un luogo tiepido ed umido (io questa volta ho usato come cella di lievitazione il forno spento e chiuso, in cui ho messo anche una pentola di acqua bollente fumante). Lasciare lievitare per almeno 2-3 ore finché l’impasto è raddoppiato di volume.

A lievitazione completata, togliere i due stampi e la pentola dal forno. Intagliare a croce la superficie delle pagnotte con una lama affilatissima o una lametta. L’incisione non deve essere profonda, non più di 5mm, e non deve scoprire gli acini d’uva, quindi se si intravvedono sotto la superficie bisogna cercare di evitarli. Miscelare tuorlo e panna in una tazzina. Spennellare con la mistura tutta la superficie delle pagnotte, evitando accuratamente il taglio.

Mentre le pagnotte continuano a riposare e a lievitare a temperatura ambiente, preriscaldare il forno a 160°C. Prima di infornare, mettere dei piccoli fiocchetti di burro nel taglio al centro della croce. Il burro serve perché con il calore del forno si scioglierà e colerà nel taglio mantenendolo umido, il che faciliterà l’apertura dell’intaglio quando la pagnotta si gonfierà durante la lievitazione in forno.

Infornare entrambe le pagnotte e cuocere a 160°C per 40-45 minuti. Per effetto della lucidatura, durante la cottura la superficie diventerà scura mentre l’intaglio deve rimanere più chiaro. Verso la fine della cottura si possono girare gli stampi in modo che l’esposizione al calore sia regolare tutt’intorno.

Sfornare e lasciare raffreddare completamente prima di servire.

Conservare chiusa in una busta di plastica e consumare nel giro di una settimana. Per prudenza, visto che l’uva manterrà la sua umidità e potrebbe fare la muffa, io conserverò la mia pagnotta in frigorifero e tirerò fuori la mia fetta una mezz’ora prima di consumarla, perché a temperatura ambiente, o appena intiepidita, sarà sicuramente più fragrante.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Macronutrienti espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, e calcolati con la app Ketonet.

La ratio è bassa, ma il contenuto di carboidrati per fetta è sufficientemente ridotto e non sarà troppo difficile farlo rientrare nel proprio piano per godersi questa pagnotta.