Cheto cheese-cake giapponese

Qualche settimana fa mi sono imbattuta in un video che mostrava la realizzazione di un dolce giapponese molto alto, sofficissimo e spugnoso, simile per aspetto al pan di Spagna ma talmente umido da ondeggiare come un budino. Ero un tantino incredula, perché la ricetta era costituita da un’altissima quantità di uova e avevo il sospetto che, raffreddandosi, il dolce non potesse rimanere così gonfio, ma a guardare il video la cosa sembrava possibile. Evidentemente la ricetta era bilanciata alla perfezione fra ingredienti liquidi ed ingredienti secchi per realizzare una struttura umidissima ma che reggesse. Peccato che non fosse riproducibile a colpo sicuro, perché la ricetta del video elenca numero di tuorli e numero di albumi invece che grammi degli uni e degli altri, quindi a seconda delle dimensioni delle uova che si usano la quantità di liquidi nella ricetta possono variare enormemente. Io per esempio uso uova del contadino che sono tutte diverse e hanno il tuorlo mediamente piccolo, quindi il risultato sarebbe ogni volta diverso.

Ho deciso comunque di provare una versione cheto e standardizzare le quantità. Al primo tentativo (per altro usando mascarpone al posto del cream-cheese della ricetta giapponese) il dolce non aveva abbastanza struttura e si è sgonfiato, pur mantenendo una gradevole consistenza spugnosa. Il secondo tentativo (con formaggio spalmabile) è molto più leggero e decisamente più interessante, quindi passo a dettagliarvi la ricetta.

Ingredienti (per una tortiera di 20-22cm di diametro):
50gr burro a temperatura ambiente
75gr formaggio Philadelphia
80gr Sfarinato Ros Uni
65gr latte intero
90gr tuorli d’uovo
1 puntina sucralosio
1 bustina vanillina
180gr albume d’uovo
50gr eritritolo
50gr inultina

Burro e uova si lavorano meglio se sono a temperatura ambiente. Le quantità di tuorli e albumi corrispondono a circa (sottolineo circa) 5 uova, separate. Tenetene comunque una sesta pronta in caso di ammanchi sul peso. Miscelate eritritolo e inulina in una ciotola per evitare che l’inulina formi dei grumi, in quanto quest’ultima è molto igroscopica e assorbe subito l’umidità ambientale appena tolta dal suo pacchetto.

Preriscaldare il forno a 170-180°C. Preparare lo stampo, foderandolo internamente con carta da forno ed esternamente con alluminio se lo stampo è di quelli con il cerchio apribile. Predisporre anche uno stampo più grande che possa contenere l’altro per la cottura a bagnomaria. Mettere a bollire 1,5-2litri d’acqua che serviranno per il bagnomaria.

Con una frusta a mano o con uno sbattitore amalgamare in una ciotola burro, formaggio, sfarinato, latte, tuorli, vanillina e sucralosio fino a ottenere una pastella omogenea.

In un’altra ciotola, con uno sbattitore elettrico o in planetaria con la frusta, montare a neve gli albumi, aggiungendo mano a mano la miscela di eritritolo e inulina fino a che la spuma è bella lucida e tiene la forma. Non montare di più perché altrimenti diventa difficile ottenere una consistenza omogenea nel prossimo passaggio.

Prelevare un paio di cucchiaiate di albumi montati e stemperali nella pastella con una spatola. Poi aggiungere in più riprese questa pastella così alleggerita alla montata di albumi e miscelare sempre con la spatola con un movimento dal basso verso l’alto, finché si ottiene una pastella omogenea ben gonfia e fluida.

Versare la pastella nello stampo foderato e pareggiare la superficie con la spatola. Porre lo stampo all’interno dello stampo più grande. Aprire la porta del forno, infornare il tutto e solo allora versare l’acqua bollente nel recipiente più grande, stando attenti a non versare l’acqua dentro al dolce o dentro alla stagnola protettiva. Chiudere subito la porta del forno. Tutta questa operazione farà scendere la temperatura del forno un po’, ma va bene così. Trovo che sia meno pericoloso mettere l’acqua bollente all’ultimo, prima di chiudere il forno, invece che preparare il bagnomaria fuori forno e poi doverne sollevare tutto il peso e controllarne l’ondeggiare per infornarlo.

Cuocere per 20′ a 160°C. Il dolce a questo punto sarà diventato bello gonfio e marroncino chiaro in superficie. Abbassare la temperatura a 140°C e continuare la cottura per altri 30′.

A cottura ultimata, spegnere il forno, aprire lo sportello e lasciare il dolce all’interno del forno per altri 5-10′, poi sfornarlo togliendolo dal bagnomaria. Dopo una mezz’ora sarà abbastanza tiepido e stabile da poterlo togliere dallo stampo.

Servire caldo o freddo a proprio piacimento, tagliato a fette.

Conservare esclusivamente in frigorifero perché il dolce mantiene un altissimo grado di umidità e a temperatura ambiente farebbe la muffa nel giro di due giorni.

Valori nutrizionali:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Ratio chetogenica: 1,3

Il prossimo tentativo sarà di verificare se si possono raddoppiare le quantità utilizzando uno stampo di poco più grande e vedere se il volume che si svilupperà in cottura si manterrà anche dopo il raffreddamento, avvicinandosi ancora di più all’aspetto del dolce originale del video. La sfida continua…

Curd al frutto della passione

Il curd è una salsa dolce della tradizione culinaria anglosassone a base di burro, uova e succo di frutta acidulo (di solito limone). Non contiene latte e questo lo differenzia da una crema. Io mi sono ispirata ad una variante di Nigella Lawson e ho chetonizzato il suo curd al frutto della passione, per altro senza nessuna difficoltà tecnica perché la ricetta di partenza è già molto ricca di burro e l’unica sostituzione veramente necessaria è quella dello zucchero. La ricetta originale la potete trovare qui.

Ingredienti:
50gr burro
succo di 6 frutti della passione (75ml circa)
38gr eritritolo
21gr inulina
1 puntina di sucralosio
1 uovo grande
1 tuorlo grande

Il frutto della passione si trova facilmente anche al supermercato. E’ maturo al punto giusto quando ha il guscio dall’aspetto ammaccato. Se quando lo acquistate la buccia è liscia e tesa, basta tenerlo qualche giorno a temperatura ambiente e lo vedrete avvizzire gradualmente. Una volta maturo al punto giusto, bisogna avere l’accortezza di tagliarlo a metà su un piatto, per raccogliere fino all’ultima goccia il succo che ne fuoriesce. Infatti di polpa all’interno del frutto ce n’è veramente poca ed è una specie di gelatina che avvolge i semi neri. Anche se i semi sono commestibili, per questa ricetta serve solo il succo, quindi bisogna raccogliere tutto il contenuto dei frutti in un colino sopra ad una ciotola e schiacciarlo con il dorso di un cucchiaio o con una spatola finché tutto il succo è colato nella ciotola sottostante.

In un pentolino, far fondere su fuoco bassissimo il burro fino a che non è liquefatto (non deve friggere) e togliere dal fuoco. A parte in una ciotola miscelare con una frustina tutti gli altri ingredienti e versare la mistura nel burro. Miscelando continuamente con una frustina o una spatola, rimettere il pentolino su fuoco bassissimo a scaldare progressivamente fino a che la salsa si addensa. Se avete un cucchiaio con termometro incorporato, questo avverrà intorno a 75-80°. Mi raccomando, la salsa non deve arrivare a bollore, altrimenti si trasformerà in uova strapazzate. Deve inspessirsi ma rimanere fluida e soprattutto omogeneamente liscia. Se iniziano a formarsi dei grumi, vuol dire che sta passando di cottura e va tolta immediatamente dal fuoco per fermare la cottura, magari appoggiando il fondo del pentolino in una ciotola con acqua e ghiaccio e mescolando con decisione per mantenerla omogenea.

Trasferire la salsa in un barattolo e riporre prima possibile in frigorifero. Raffreddandosi la salsa diventerà ancora più densa perché l’alto contenuto di burro la farà rassodare, ma rimarrà comunque cremosa e gestibile a cucchiaiate.

Si conserva solo in frigorifero e solo per qualche giorno, perché le uova sono solo parzialmente cotte, quindi, per quanto zucchero e burro ne allunghino la conservabilità, non è saggio conservarla più di una settimana.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori espressi in grammi, calcolati con la app Ketonet, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo.

I valori nutrizionali del solo succo del frutto della passione li ho ricavati dal data base USDA e sono i seguenti:

Un cucchiaino da te di salsa è circa 15 gr ed è sufficiente per farcirci un biscottino.

Oppure, se non avete limitazioni di calorie, la salsa si può servire in bicchierini e farcire con un ciuffo di panna montata.

La si può anche utilizzare per farcire un dolce, ma se avete bisogno che tenga la forma al taglio, bisognerà considerare l’aggiunta di un po’ di gelatina / colla di pesce ammollata quando è ancora calda e riporla direttamente in una sac-à-poche invece che in un barattolo.

Cheto-crema pasticcera 2.0

Quando ho fatto i bomboloni un paio di settimane fa, mi è sembrato che ci fosse bisogno di una crema per la farcitura dal gusto più caratteristico di quella che faccio abitualmente che infatti ha un sapore molto delicato essendo realizzata con l’uovo intero, albume compreso. Ho approfittato del fatto di avere in frigorifero una bottiglietta di tuorli pastorizzati da finire e ho realizzato una crema di tuorli e panna. Se vogliamo spaccare il capello, questa sarebbe una crema inglese addensata, ma continuerò a chiamarla crema pasticcera anche se non contiene né farina né amidi perché la propongo come cheto-equivalente di quest’ultima.

Ingredienti:
100gr panna
100gr latte
2-3 strisce di scorza di limone
0,4gr agar agar Colombo linea Montersino oppure 0,2gr agar agar Rapunzel
42gr eritritolo
20gr inulina
85gr tuorlo d’uovo
10gr burro

In un pentolino, miscelare panna e latte, aggiungere l’agar agar e frullare con un frullatore ad immersione per assicurarsi che l’agar agar sia ben disperso nel liquido, aggiungere le scorze di limone intere, quindi porre sul fuoco e portare a bollore rimescolando ogni tanto.

Nel frattempo in una ciotola sbattere bene con una frusta tuorli, eritritolo ed inulina. Nella pastella ottenuta versare i liquidi bollenti a filo, rimuovere la scorza di limone e miscelare bene con il mixer, sempre per disperdere uniformemente l’agar agar. Versare il tutto nel pentolino, rimettere sul fuoco basso e portare lentamente alla temperatura di 80-82°C massimo, mescolando continuamente con una frusta per evitare che si formino grumi. Togliere dal fuoco, aggiungere il burro e mescolare bene.

Per fermare la cottura, mettere il pentolino di cottura in un bagnomaria ghiacciato e appena possibile trasferire la crema in frigorifero ad addensare.

La rapidità di passaggio dal fuoco al frigo assicura anche una conservabilità abbastanza lunga della crema, fino a 4-5 giorni.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Macronutrienti calcolati con la app Ketonet, al netto dei carboidrati dell’eritritolo

Nota tecnica:
Non bisogna superare la temperatura di 80-82°C altrimenti la crema si straccia. Infatti l’uovo normalmente coagula a 65°C, ma quando è miscelato con l’eritritolo, che ha proprietà anticoagulanti come lo zucchero, coagula intorno agli 85°C. Bisogna quindi portare la miscela alla temperatura più alta possibile per garantire la pastorizzazione della crema (cioè la neutralizzazione della carica batterica), ma senza raggiungere la temperatura di coagulazione. La crema così rimarrà fluida e poi si addenserà raffreddandosi per effetto dell’agar agar (attivato a 80°C) e del contenuto di grassi della ricetta. Noterete comunque che la crema, anche se ben realizzata, potrebbe presentare dei granuli finissimi dovuti alla presenza tra gli ingredienti dell’ inulina che non è totalmente solubile e quindi rimane visibile, ma non pregiudica affatto la gradevolezza del risultato.

Bisquit/biscuit al cacao in 3 versioni

E dopo quello neutro, ci voleva anche il bisquit al cacao che ne è la naturale evoluzione. Anche questo, per venire incontro alle esigenze di tutti, l’ho declinato nelle tre varianti, così da avere anche la versione senza glutine. E notate che tutte e tre le versioni sono senza lattosio, né caseina, né soia.

Ingredienti (per un bisquit da 15×40 o 20x30cm)

Versione Sfarinato Ros Uni:
107gr albume (3 albumi)
50gr eritritolo
30gr inulina
59gr tuorlo (3 tuorli)
20gr Sfarinato Ros Uni de Il Pane di Rivalta
30gr cacao amaro Ar.Pa
0,2gr vanillina (mezza bustina)

Versione Ketomix Pasta:
107gr albume (3 albumi)
50gr eritritolo
30gr inulina
59gr tuorlo (3 tuorli)
20gr Ketomix Pasta
30gr cacao amaro Ar.Pa
0,2gr vanillina (mezza bustina)

Versione sole fibre (senza glutine):
107gr albume (3 albumi)
50gr eritritolo
30gr inulina
59gr tuorlo (3 tuorli)
10gr fibra di avena
10gr fibra di bambù
30gr cacao amaro Ar.Pa
0,2gr vanillina (mezza bustina)

Per il procedimento vi rimando a quello del bisquit neutro, con pochissime differenze: questa volta l’inulina l’ho aggiunta all’eritritolo quando ho scaldato e poi montato gli albumi, e ho setacciato il cacao con le altre polveri.

Per quanto riguarda le quantità di tuorli ed albumi, questa volta ho semplicemente pesato 3 albumi e 3 tuorli, solo per fare il calcolo ed il confronto dei valori nutrizionali delle tre versioni. Ok, c’è sempre l’annosa questione che le uova non pesano mai uguale e quindi dare i valori nutrizionali per 3 uova non è esattamente come dare tot gr di albume e tot di tuorlo. Ma l’intenzione era solo quella di mettere a confronto le tre varianti. Poi, se dovete spaccare il capello con il calcolo dei macronutrienti, quando realizzerete la ricetta dovrete pesare i grammi delle vostre 3 uova e rifare i calcoli.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori nutrizionali espressi in grammi al netto dei carboidrati dell’eritritolo e calcolati con la app #Ketonet.

N.B. Questi valori sono per l’intero foglio di biscuit al cacao. Una volta farcito adeguatamente e porzionato, i carboidrati per porzione dovuti al bisquit diventano irrisori.

Per questo riguarda l’aspetto estetico, la pasta biscotto al cacao da cotta risulta bella scura e contrasta meravigliosamente con una farcia bianca candida. Che ne dite di farci un keto-pinguì o una keto-girella?

Naked cake ricotta e fragola

Da quando ho imparato la tecnica per fare la pasta bisquit, sto facendo un po’ di esperimenti per ribilanciare la ricetta normale sostituendo zucchero e farina con ingredienti adatti alla dieta chetogenica

Il bisquit, o pasta biscotto, o biscotto tout court, non ha nulla a che vedere con i biscotti o con gli impasti croccanti come la frolla, ma è un parente stretto del pan di Spagna, cioè un composto a base di uova molto montate, senza lievito, steso non più spesso di 1-2cm in teglie larghe e cotto velocemente in modo che diventi un foglio di pasta spugnosa, adatto ad essere tagliato per farne torte a strati farcite, oppure arrotolato nel classico tronchetto.

Questa naked cake (cioè torta stratificata con strati non rifiniti a vista) è il risultato del mio primo esperimento, sicuramente perfettibile in quanto a bilanciamento degli ingredienti, ma già di grande soddisfazione per l’occhio, per il palato e pure per la bilancia, visto che non è eccessivamente calorico.

Ingredienti (per una torta da 6 porzioni):
Per il bisquit:
100gr albume
60gr eritritolo
70gr tuorlo
40gr Sfarinato Ros Uni de Il Pane di Rivalta
20gr inulina
0,2gr vanillina (mezza bustina)

Per la farcitura:
250gr ricotta (io ho usato la Sabelli perché è molto cremosa)
oppure 150gr ricotta + 100gr mascarpone
40gr eritritolo
100gr marmellata di fragole ed eritritolo (ricetta qui)

Prima di iniziare ad impastare, preparare tre cose: preriscaldare il forno a 180°C; setacciare insieme sfarinato, inulina e vanillina; foderare uno stampo da 20×30 con carta da forno (non basta imburrare la teglia e neppure infarinarla, altrimenti sarà impossibile sformare il bisquit).

Mettere albumi ed eritritolo in un pentolino e portare a 45°C su fuoco medio mescolando per far sciogliere l’eritritolo. Non c’è il rischio che l’albume si cuocia in questa fase perché l’eritritolo gli impedisce di coagulare. Questa procedura facilita il passo successivo di montare a neve gli albumi con la frusta ottenendo una spuma ferma e lucida ma non dura, altrimenti non si riesce a miscelarla uniformemente con gli altri ingredienti successivi.

Una volta montati a neve gli albumi, aggiungere a filo i tuorli, incorporandoli a mano negli albumi con una spatola con un movimento dal basso verso l’alto. Sempre incorporando a mano con la spatola aggiungere a poco a poco lo Sfarinato setacciato insieme all’inulina e alla vanillina fino ad ottenere un impasto omogeneo e spumoso. Nel bisquit non si usa il lievito perché l’aria incorporata nella montata degli albumi è sufficiente a ottenere un prodotto leggero e spugnoso.

Versare l’impasto nella teglia foderata, distribuirlo bene fino negli angoli in uno spessore uniforme usando un tarocco o una lama, senza sbattere la teglia, altrimenti si sgonfia la montata.

Infornare subito in forno caldo a 180°C per non più di 9 minuti . Di solito i bisquit classici si cuociono a temperature più alte e per meno tempo, ma in questa ricetta la proporzione tra ingredienti umidi ed ingredienti secchi fa partire la cottura con un alto grado di umidità a cui bisogna dare il tempo di evaporare quel tanto che serve ad ottenere una spugna stabile ma flessibile. Inoltre per l’eritritolo 180°C sono già tanti se si considera che sopra i 160°C imbrunisce e comincia a cambiare sapore. Durante la cottura il bisquit si gonfierà per effetto dell’aria inglobata negli albumi montati e poi, una volta sfornato, si sgonfierà e tornerà all’altezza iniziale, ma è giusto così. Diventerà un foglio spugnoso con alveoli molto piccoli.

Lasciar raffreddare un po’ il bisquit in teglia e sformarlo ribaltandolo a testa in giù con un gesto rapido su un altro foglio di carta da forno. Pelare via con cautela la carta forno usata in cottura e coprire con un canovaccio fino a completo raffreddamento.

Mentre il bisquit si raffredda, miscelare la ricotta (con l’eventuale mascarpone) e l’eritritolo usando una frusta.

Rifilare il bisquit su tutti e quattro i lati, tagliarlo con precisione in 4 per ottenere 4 mattonelle di 10x15cm circa e passare alla farcitura.

In un piatto posizionare una mattonella, spalmare uno strato di marmellata di fragole (25gr) e uno di ricotta avendo cura di spalmare le farcie ben fino ai bordi del bisquit è poi ripartire con un’altra mattonella, marmellata ecc fino ad aver completato 4 strati. L’ultimo strato di ricotta può essere distribuito a ciuffetti con una sac à poche per un effetto più scenografico. Io ho usato una bocchetta liscia da 1cm. E poi via in frigorifero per qualche ora prima da servire a fette.

Si conserva solo in frigorifero fino a 5-6 giorni. Non congelerei le fette perché temo che scongelandosi la ricotta perderebbe troppo siero.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Macronutrienti espressi in grammi al netto dei polioli dell’eritritolo e calcolati con la app #Ketonet

Questa torta ha un aspetto opulento che farebbe la sua bella figura in formato doppio (12 porzioni) o triplo (18 porzioni) per un compleanno. Poi, se proprio volete esagerare e potete permettervi qualche carboidrato e qualche caloria in più, si può ricoprire la torta con fragole sminuzzate mescolate a poca marmellata o gelatina neutra per una finitura lucida, decorata con una cornice di ciuffetti di panna montata non dolcificata.

Questa è realizzato con dose doppia, cotta in una teglia 30x40cm e poi tagliata in tre pezzi da 30x13cm

Uova pasquali decorate

Non pretendo davvero di darvi la ricetta delle uova sode… ma quella per decorarle magari sì, perché dopo tanti anni che le faccio insieme a mia figlia qualche trucchetto l’ho imparato e posso passarvelo.

Innanzi tutto vengono sicuramente più belle se si parte dalle uova con il guscio bianco. Nelle settimane prima di Pasqua si trovano anche nei supermercati che normalmente non le tengono. Ma se non le trovate, cercatele nei negozi o nelle macellerie halal (i market islamici per intenderci) che le tengono tutto l’anno. Credo che sia una questione di diversa propensione degli acquirenti. Da noi le uova bianche non vanno molto perché hanno la fama (per altro immotivata) di avere il guscio fragile, o per lo meno così mi hanno detto in un noto allevamento della mia zona.

Come colori uso i coloranti alimentari in gel o anche semplicemente le fialette che si trovano al supermercato. Preparo diversi bicchieri pieni per un terzo d’acqua molto calda, aggiungo in ciascuno un colore base, un cucchiaio di aceto (che rende il guscio più permeabile al pigmento) e calo un uovo già sodo in ogni tinta aiutandomi con un cucchiaio per evitare che l’uovo batta sul fondo del bicchiere e si crepi. Lascio in immersione il tempo necessario per ottenere l’intensità di colore desiderata; ripesco le uova con il cucchiaio e le deposito su carta assorbente ad asciugare. Il guscio perderà un po’ di tinta dove tocca la carta assorbente, ma poco male.

Poi inizio a mischiare i colori base dei vari bicchieri per ottenere quelli secondari e procedo a tingere altre uova. Oppure immergo le uova in successione in colori diversi per ottenere dei mezzi toni.

Quando le uova tinte sono asciutte si possono decorare ulteriormente utilizzando gli appositi pennarelli per alimenti che si possono acquistare online o nei negozi di belle arti o nelle cartolerie più rifornite.

Ed ecco pronte le uova sode pasquali.

Quando le sguscerete, potreste trovare che un po’ del colore ha raggiunto l’albume ma non vi preoccupate, perché se usate i colori giusti sono assolutamente innocui.

Cheto-quiche con speck e tomino

Le torte salate sono un benedetto passepartout. Si possono mangiare calde appena sfornate, fredde il giorno dopo o addirittura congelate e scongelate all’occorrenza; farcire con i ripieni più svariati; servire a fette o in monoporzione, come antipasto o come piatto unico; portare in viaggio o in ufficio quando si ha la necessità di mangiare fuori casa.

La pasta brisée (o sablée) è facilissima da fare ed il ripieno lo detteranno il gusto personale e la libertà concessa dal proprio piano dietetico. Speck e tomino sono un abbinamento molto classico.

Ingredienti (per 2 porzioni):
Per il guscio:
80gr Sfarinato Ros Uni de Il Pane di Rivalta
32gr burro chiarificato freddo
40gr acqua
2gr sale

Per il ripieno:
70gr tomino
40gr speck
3 uova (circa 160gr)
40gr panna fresca
sale e pepe nero q.b.

Il metodo di preparazione della brisée lo trovate qui. Con questa quantità di impasto potete farci due monoporzioni o una quiche più grande da dividere a metà. Nel primo caso vi serviranno due stampi tondi del diametro di 12cm e nel secondo uno stampo da 16cm, comunque o foderati di carta da forno o imburrati accuratamente ed infarinati con dell’altro sfarinato. Per le monoporzioni, a me piace stendere l’impasto un po’ più grande dello stampo e lasciarlo sporgere sagomato a onde, così è più scenografico e viene una bella cornice croccantina. Ma si può anche semplicemente stenderlo di misura e foderarci lo stampo.

Preriscaldare il forno a 175°C. Sforacchiare l’impasto sul fondo dello stampo. Depositarci sopra il tomino a pezzi inframezzato con lo speck a listarelle o straccetti. In una ciotola sbattere le uova con la panna, aggiustare di sale e pepe e versare nel guscio sopra alla farcitura. Con una forchetta affondare nelle uova qualsiasi pezzetto che sporga per evitare bruciacchiature.

Infornare e cuocere per 22-30 minuti a seconda della pezzatura. La pasta che sporge deve diventare appena colorita, non bruciacchiata.

Sfornare e attendere 5 minuti prima di togliere dallo stampo. Attenzione che l’eventuale drappeggio di brisée è molto fragile e si rompe facilmente.

Servire calda o fredda con un contorno a piacere. Se non la si mangia subito, una volta raffreddata va conservata in frigorifero o in congelatore. Se la si vuole riscaldare poi, l’ideale è metterla in una padella senza nulla sul fondo e scaldarla a fuoco medio per 10 minuti e poi passarla sotto il grill a 150°C per altri 5 minuti, così l’eventuale umidità assorbita dalla brisée si asciugherà mentre si intiepidisce anche l’interno e si tosta nuovamente la cornice.

Valori nutrizionali:

Macronutrienti espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet

Ratio chetogenica: 1,25

La morettina scarmigliata

Quando ho elaborato la ricetta della crema pasticcera, l’obbiettivo segreto era quello di poterci fare una torta farcita. Infatti è da quest’estate che mi porto dietro la voglia di una torta di crema e more e tutte le volte che in frigorifero mi cade l’occhio sui miei barattolini di marmellata di more senza zucchero fatta nell’agosto scorso mi viene in mente. Ora che la cheto-crema pasticcera è perfezionata, non ci sono più ostacoli e ho finalmente definito la ricetta della mia “morettina scarmigliata”, cioè una cheto-monoporzione soffice, scomposta e ricomposta su un cuore di more e crema.

Ingredienti (per 4 tortine):
Per la base:
45gr farina di mandorle
30gr Ketomix Pasta o Ketomix Pan setacciata
20gr eritritolo
puntina sucralosio scarsa
25gr burro morbido
30gr panna fresca
1 uovo
5gr lievito per dolci
1 bustina vanillina scarsa
scorza grattugiata di 1/4 di limone

Per la farcitura:
40gr confettura senza zuccheri aggiunti, preferibilmente di more (ma va bene anche di mirtilli o di frutti di bosco misti), home made, Dalia Gourmet o Hero Light
1 uovo intero (circa 53gr)
160gr latte intero (o bevanda vegetale o panna fresca al 35% di grassi)
25gr eritritolo
10gr inulina
0,25gr agar agar Rapunzel
aromi a piacere: semi di mezza bacca di vaniglia o mezza bustina di vanillina o 3-4 lunghe strisce di scorza di limone al naturale.

Per la realizzazione delle basi, seguire le istruzioni della mia torta semplice per la colazione e suddividere l’impasto in 4 pirottini da muffin per la cottura. N.B. Gli ingredienti elencati nella ricetta delle morettine sono già ridotti opportunamente per 4 monoporzione rispetto alla ricetta originale della torta semplice che invece ne renderebbe 8.

Per la realizzazione della crema, la ricetta è qui.

Per la marmellata di more la cosa più pratica sarebbe avere la marmellata già pronta ed infatti le poche marmellate che faccio d’estate le faccio specificamente allo scopo di farcire le mie cheto-torte durante tutto l’anno. Per chi vuole invece realizzarla appositamente, il procedimento è lo stesso della mia marmellata home-made di fragole.

Una volta che è tutto pronto, scavare e rimuovere l’interno delle tortine. Ci si può aiutare incidendone la superficie (attenzione a non affondare il coltello fino al fondo che deve rimanere intatto) con un coltello affilato rimanendo a mezzo centimetro dal bordo e girando tutto intorno e poi rimuovere la cupoletta centrale con un cucchiaino. Rimarranno come delle coppette di pasta base. Scubettare grossolanamente la parte rimossa e tenere da parte.

Sul fondo di ogni coppetta mettere un primo strato di 10gr di confettura e un secondo strato di 1/4 della crema. Guarnire la superficie con i cubetti di pasta pigiandoli un po’ nella crema perché si attacchino bene e le tortine sono pronte.

Refrigerare per almeno due ore e servire.

Si conservano in frigorifero per un paio di giorni, non di più perché la crema è molto delicata e non si conserva a lungo.

Valori nutrizionali (relativi ad una base realizzata con la Ketomix Pasta, marmellata di more home made e crema a base di latte intero):

Ratio chetogenica: 1,34

N.B. Come dicevo sopra, tutti gli elementi di queste tortine possono essere realizzati o scelti in una serie di varianti, quindi i valori nutrizionali dell’insieme varieranno conseguentemente. In generale però si tenga conto che:
– la Ketomix Pan setacciata ha più grassi e calorie della Ketomix Pasta;
– la marmellata Hero Light ha meno calorie e meno carboidrati di una marmellata fatta in casa o di una confettura Dalia Gourmet;
– la crema a più basso contenuto di calorie e grassi è quella realizzata con una bevanda vegetale mentre quella con il maggior contenuto di grassi è quella realizzata con la panna.

Vi garantisco che anche chi non segue una dieta chetogenica apprezzerà la delicatezza e la freschezza di questo dolce. Quindi, se avete ospiti, potete raddoppiare tranquillamente gli ingredienti e al posto delle monoporzioni potete realizzare una tortina di 20cm di diametro da dividere in 8 fette.

Sembrerebbe una semplice torta mimosa…
…invece non è una bionda, ma un’affascinante morettina

Crema pasticcera (cheto e low carb)

Questa ricetta è nata quest’estate sull’onda della voglia di chetonizzare due dolci che faccio spesso per la mia famiglia e per gli amici: la crostata e la torta ripiene di crema pasticcera e more, ma poi si è rivelata molto utile per una colazione fresca e semplice o per farcire altri tipi di torte.

La ricetta della crema pasticcera originale prevede l’uso di farina o amido per addensare la crema. In tecnica di pasticceria, se non erro, farina/amido sono l’elemento discriminante che differenzia una crema pasticcera (più sostenuta e densa) da una crema inglese (più fluida perché contiene solo uova, latte e zucchero). Questa mia ricetta è un po’ un ibrido, perché non contiene amidi ma non è fluida. Però ho deciso di considerarla una crema pasticcera ugualmente perché non è liquida come una salsa e si presta molto bene per le farciture.

La difficoltà nel chetonizzare la crema pasticcera è la scelta dell’addensante per sostituire l’amido. Io ho deciso di usare l’agar agar che, se usato in dosi piccolissime, rapprende la crema senza farne un budino. In particolare vi segnalo che in questa ricetta ho utilizzato l’agar agar di Rapunzel. Lo dico non tanto per fare pubblicità a questa marca, ma perché non tutti gli agar agar hanno lo stesso potere addensante (“forza gel” in termini tecnici), quindi per replicare i risultati che ho ottenuto io dovete usare lo stesso prodotto. Purtroppo gli ingredienti per uso non professionale non riportano le caratteristiche tecniche in etichetta (non troverete i gradi bloom sulla colla di pesce che si compra al supermercato e raramente troverete il grado di forza W sulle farine nella grande distribuzione), quindi usare un prodotto di un altra marca non vi garantirà i miei stessi risultati e richiederà che facciate voi i vostri test come li ho fatti io. Per facilitarvi le cose semmai posso segnalarvi che i prodotti di questa marca si trovano molto facilmente nei negozi di alimenti biologici oltre che online.

Ingredienti (dose minima):
1 uovo intero (circa 53gr)
160gr latte intero (o bevanda vegetale o panna fresca al 35% di grassi, vedi sotto)
25gr eritritolo
10gr inulina
0,25gr agar agar Rapunzel
aromi a piacere: semi di mezza bacca di vaniglia o mezza bustina di vanillina o 3-4 lunghe strisce di scorza di limone al naturale.

La tipologia di liquido da scegliere dipende sostanzialmente da come è impostata la vostra dieta. Se avete delle restrizioni sull’uso del latte vaccino, usate un latte di mandorla (il più neutro come gusto) o di cocco (dal gusto più caratteristico, quindi attenzione agli abbinamenti se ci si farcisce un dolce) purché verifichiate in etichetta che abbiano un contenuto di carboidrati molto ridotto. L’uso del solo latte vaccino o della bevanda vegetale darà una crema delicata adatta per chi deve attenersi a restrizione calorica per dimagrimento. L’uso di sola panna darà una crema ad altissima ratio chetogenica utile per chi deve tenere molto alto l’introito di grassi piuttosto che controllare le calorie. Metà latte e metà panna daranno una ratio chetogenica apprezzabile con un occhio a non esagerare troppo con le calorie. Insomma dovete scegliere voi in base alle vostre esigenze. Vi metto qui sotto i calcoli per vedere come cambiano i valori nutrizionali in base agli ingredienti.

La scelta degli aromi invece è semplicemente una questione di gusto personale e dipenderà anche dall’impiego che dovrete fare della crema e al tipo di dolce a cui la abbinerete. La mia preferita è la crema profumata al limone, ma non la userei per farcire un dolce al cioccolato, per la quale preferirei una crema alla vaniglia.

Per quanto riguarda la temperatura di cottura della crema, normalmente l’agar agar va sciolto a freddo in poco liquido e portato ad ebollizione per attivarlo. Tuttavia ho verificato che il potere addensante dell’agar agar Rapunzel si attiva anche a temperature inferiori, il che è particolarmente utile in questa preparazione, perché la crema NON deve bollire, altrimenti si straccia. Raccomando sentitamente l’uso di un cucchiaio con termometro incorporato (esistono della Silikomart o di Kasanova, per esempio) per monitorare la temperatura di cottura. Bisogna superare il 65°C per essere sicuri che le uova siano pastorizzate, ma non superare gli 85° perché altrimenti si fanno le uova strapazzate. La temperatura ideale di cottura della crema è 75°-80°C, cioè alta abbastanza per pastorizzare le uova ed attivare allo stesso tempo l’agar agar.

Un’ulteriore nota sulle dosi di agar agar: se si usa solo panna, la crema viene più densa che se si usa il latte o una bevanda vegetale, quindi in questo caso consiglio di ridurre l’agar agar a 0,20gr. Se invece volete una crema da taglio, cioè che non abbia bisogno di essere contenuta ma che mantenga autonomamente la sua forma (per esempio per fare una farcitura di un pan di spagna a strati o di una crostata che poi andranno fatti a fette) aumentate l’agar agar a 0,30gr.

Per farcire una monoporzione questa crema ha la fluidità e la freschezza perfette.

Ora, il procedimento è questo: miscelare da una parte le polveri e dall’altra i liquidi. Diluire le polveri con un po’ dei liquidi e lavorare con una frusta per disciogliere eventuali grumi. Infine aggiungere il resto dei liquidi e gli aromi e mettere in un pentolino su fuoco medio basso per iniziare la cottura. Da qui in avanti dovete mescolare la crema per tutto il tempo con il cucchiaio termometro per monitorare l’innalzamento della temperatura ed abbassare il fuoco di conseguenza a mano a mano che ci si avvicina alla temperatura critica dei 75-80°C. Arrivati a temperatura, continuare la cottura per un paio di minuti e poi togliere dal fuoco. La crema è cotta e, sebbene non sarà particolarmente densa, la densità aumenterà con il raffreddamento (è una caratteristica dell’agar agar).

A questo punto la crema deve essere raffreddata. Visto che l’uovo sarà solo parzialmente cotto, non è consigliabile lasciare il pentolino in giro in cucina ad aspettare che la crema vada a temperatura ambiente, soprattutto in estate. Potrebbero volerci anche due ore, durante le quali la normale proliferazione batterica avverrebbe indisturbata, quindi se avete un abbattitore di temperatura usatelo, o molto più casalingamente immergere il fondo del pentolino di cottura in una ciotola piena di acqua molto fredda e rimestare la crema finché la temperatura non sarà sufficientemente bassa per trasferirla in frigorifero. Mi raccomando, non bisogna lasciare il pentolino a galleggiare liberamente nella ciotola senza sorvegliarlo se non si vuole correre il rischio che si ribalti e che la crema si allaghi irrimediabilmente (arrabbiatura già sperimentata…).

La crema e i dolci farciti con essa devono essere conservati in frigorifero e consumati entro 2 giorni al massimo.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica (ogni colonna fa riferimento al tipo di liquido utilizzato):

Valori nutrizionali espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet. Per la crema fatta con la bevanda di mandorla ho usato i valori di quella della Alpro senza zuccheri aggiunti.

Ed infine, come sempre, un po’ di tabelle di moltiplicazione degli ingredienti per produzioni maggiori. Per farcire una torta piccola ci vorrà la dose doppia. Per una torta grande la dose doppia o tripla.

Con questa crema spesso ci farcisco dei muffin, aggiungendo anche uno straterello di composta di more low carb. La dose base è sufficiente per farcire 4 muffin.

Cappelletti chetogenici e low carb

Da quando ho scoperto le farine di Dietamedicale e de Il Pane di Rivalta mi ha preso la foga di chetonizzare una quantità di ricette che normalmente sarebbero fuori questione in chetogenica. Il gusto sottile che si possa barare senza sgarrare è un pungolo irresistibile…

Visto che Natale è dietro l’angolo, questa volta ho colto l’occasione per chetonizzare il più classico dei piatti delle feste, il cappelletto, che per altro si presta anche bene perché il ripieno è già nell’originale molto proteico e non richiede né varianti né compromessi di gusto. Basta solo togliere i carboidrati alla pasta ed il gioco è fatto, cosa semplicissima come già visto nelle ricette della pasta all’uovo e dei ravioli.

I cappelletti esistono in millemila varianti di ingredienti e di forma e so già che ciascuno troverà qualcosa da ridire su questo o quel dettaglio: l’assortimento delle carni, la scelta dei formaggi, gli aromi, la forma tonda con i bordi lisci invece che annodata. Questi sono i cappelletti di casa Ghigi, in quel del riminese, in versione Ketomilla. Ho solo dovuto ridurre consistentemente le dosi, perché a casa nostra si viaggia a ricette tarate per 12/15 persone minimo (ah, i pranzi della domenica a casa dei nonni della mia infanzia…).

Ingredienti per il ripieno:
50gr tacchino
50gr lombo di maiale magro
50gr vitello magro
10gr burro
50gr parmigiano reggiano grattugiato
50gr ricotta di pecora
26gr uovo sbattuto (mezzo uovo)
Scorza di limone grattugiata q.b.
Noce moscata q.b.
Sale q.b.

Il ripieno si può preparare anche il giorno prima e conservare in frigorifero. Cuocere la carne nel burro e lasciare raffreddare. Passare la carne nel tritacarne (non nel frullatore) due volte finché sarà ridotta a una grana molto sottile. Aggiungere i formaggi, l’uovo e gli aromi in base al vostro gusto. La quantità del sale dipenderà anche da quanto sono saporiti i formaggi (la ricotta di pecora in generale è più sapida di quella di mucca). Amalgamare il tutto. Ne verrà un impasto dall’aspetto sbriciolato ma che si compatterà se lo premete tra le dita.

Ingredienti per la pasta:
200gr sfarinato Ros Uni o di Ketomix Pasta
2 uova medie

Preparare e stendere la pasta come indicato qui. A meno che non siate delle sfogline provette, la sfoglia non verrà mai perfettamente tonda ma, siccome va piegata in due, bisogna trovarle un asse di simmetria per fare in modo che le due metà combacino il più possibile per evitare troppi sprechi. Una volta trovata la sovrapposizione migliore, premere un po’ sulla piega perché si veda e riaprire la sfoglia tutta in piano, Coprire la metà della sfoglia che verrà ripiegata sopra al ripieno con un canovaccio inumidito per evitare che la pasta si asciughi troppo durante il posizionamento del ripieno sull’altra metà. Spennellare la pasta scoperta con poco albume sbattuto con una forchetta (non montato) o nebulizzare leggermente d’acqua. Questo faciliterà poi la chiusura ermetica dei cappelletti.

L’impasto del ripieno andrà porzionato in piccoli mucchietti uniformi formati a mano premendoli tra le dita (non provate ad usare la sac à poche perché il ripieno non è cremoso e si estrudono con fatica solo un mare di briciole). A posteriori, ho calcolato che ogni mucchietto di ripieno pesa 2 gr quindi se avete la bilancina di precisione potete pesare un mucchietto e tenerlo come riferimento per regolarvi per gli altri. Diversamente fare a occhio. La distanza fra i mucchietti sulla pasta dipende dalla dimensione dello stampo con cui tagliare i cappelletti. Se li mettete molto distanti, ci sarà molto spreco di pasta; se troppo vicini, i tagli si sovrapporranno e i cappelletti invece che tondi avranno degli smanchi. Un riferimento potrebbe essere fare una breve serie di delicate impronte con lo stampo sulla pasta prima di disporre i mucchietti, in modo da capire la distanza ideale e poi procedere più regolarmente possibile fino a che ce ne stanno. Inevitabilmente vi rimarrà del ripieno, che si può utilizzare per fare delle polpettine impanate da ripassare al forno o spalmato su del cheto-pane affettato e tostato per fare delle tartine.

A questo punto togliere il canovaccio dalla metà coperta, spennellare di albume o nebulizzare di acqua anche quella e ripiegarla sulla metà farcita. Per evitare che una volta tagliati i cappelletti rimangano pieni d’aria (cosa che li farebbe gonfiare e rompere in cottura, rovinando tutto) premere con i polpastrelli la pasta intorno ai mucchietti cercando di fare in modo che rimanga intrappolata meno aria possibile. Poi procedere al taglio con uno stampo da cappelletti. Il mio è uno stampo d’ottone con il bordo liscio da 32mm di diametro (si può acquistare nei negozi di casalinghi o anche in rete su siti specializzati).

I primi che ho tagliato erano un po’ troppo vicini, quindi qualcuno mi è venuto sbeccato.

Rimuovere lo sfrido (cioè la pasta che avanza fra un cappelletto e l’altro), con cui si possono fare dei grattini da aggiungere ad un minestrone o a una zuppa. Trasferire i cappelletti disponendoli senza sovrapposizioni (altrimenti si appiccicano) su un vassoio coperto di carta da forno o infarinato con la stessa farina utilizzata per la pasta o con fibra d’avena o di bambù. Se si utilizzano in giornata, conservare in frigorifero per evitare che il ripieno si alteri. Altrimenti mettere il vassoio in freezer per farli congelare ben separati e, dopo almeno mezza giornata, trasferirli in un sacchetto di plastica dove non si attaccheranno gli uni agli altri perché saranno già congelati.

Cuocere in un buon brodo di carne ricco e sapido (la pasta all’uovo tende ad impoverire il gusto del brodo) e servire bollenti con il brodo di cottura. Per i tempi di cottura, come al solito, regolarsi in base allo spessore della pasta e al vostro gusto per una consistenza più o meno al dente. Ad ogni modo, ricordare che le paste realizzate con la Ketomix Pasta o con lo Sfarinato Ros Uni hanno tempi di cottura più lunghi della pasta fresca tradizionale, altrimenti rimangono molto gommose.

Valori nutrizionali medi (differiscono in base al tipo di farina usata e non includono il brodo di cottura):

Se usate la Ketomix Pasta, che è una farina propriamente chetogenica, i valori saranno i seguenti:

Macronutrienti espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet.

Se usate lo Sfarinato Ros Uni, che è una farina a ridotto contenuto di carboidrati, i valori saranno i seguenti:

Macronutrienti espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet

Il calcolo è stato non poco complicato ma l’ho ricontrollato diverse volte e ritengo che sia attendibile. Ho sottratto sia la percentuale di sfrido della pasta sia l’avanzo del ripieno e calcolato in proporzione i valori tenendo conto che con gli ingredienti ho ottenuto 90 cappelletti, con cui si possono fare 4 o 5 porzioni.

Ratio chetogenica con la Ketomix Pasta: 0,91 (0,69gr di carboidrati su 100gr di cappelletti)
Ratio chetogenica con lo Sfarinato Ros Uni: 0,30 (4,04gr di carboidrati su 100gr di cappelletti)

Per completezza aggiungo qui di seguito anche i valori nutrizionali del solo ripieno (ratio chetogenica 0,48):