Cheto cheese-cake giapponese

Qualche settimana fa mi sono imbattuta in un video che mostrava la realizzazione di un dolce giapponese molto alto, sofficissimo e spugnoso, simile per aspetto al pan di Spagna ma talmente umido da ondeggiare come un budino. Ero un tantino incredula, perché la ricetta era costituita da un’altissima quantità di uova e avevo il sospetto che, raffreddandosi, il dolce non potesse rimanere così gonfio, ma a guardare il video la cosa sembrava possibile. Evidentemente la ricetta era bilanciata alla perfezione fra ingredienti liquidi ed ingredienti secchi per realizzare una struttura umidissima ma che reggesse. Peccato che non fosse riproducibile a colpo sicuro, perché la ricetta del video elenca numero di tuorli e numero di albumi invece che grammi degli uni e degli altri, quindi a seconda delle dimensioni delle uova che si usano la quantità di liquidi nella ricetta possono variare enormemente. Io per esempio uso uova del contadino che sono tutte diverse e hanno il tuorlo mediamente piccolo, quindi il risultato sarebbe ogni volta diverso.

Ho deciso comunque di provare una versione cheto e standardizzare le quantità. Al primo tentativo (per altro usando mascarpone al posto del cream-cheese della ricetta giapponese) il dolce non aveva abbastanza struttura e si è sgonfiato, pur mantenendo una gradevole consistenza spugnosa. Il secondo tentativo (con formaggio spalmabile) è molto più leggero e decisamente più interessante, quindi passo a dettagliarvi la ricetta.

Ingredienti (per una tortiera di 20-22cm di diametro):
50gr burro a temperatura ambiente
75gr formaggio Philadelphia
80gr Sfarinato Ros Uni
65gr latte intero
90gr tuorli d’uovo
1 puntina sucralosio
1 bustina vanillina
180gr albume d’uovo
50gr eritritolo
50gr inultina

Burro e uova si lavorano meglio se sono a temperatura ambiente. Le quantità di tuorli e albumi corrispondono a circa (sottolineo circa) 5 uova, separate. Tenetene comunque una sesta pronta in caso di ammanchi sul peso. Miscelate eritritolo e inulina in una ciotola per evitare che l’inulina formi dei grumi, in quanto quest’ultima è molto igroscopica e assorbe subito l’umidità ambientale appena tolta dal suo pacchetto.

Preriscaldare il forno a 170-180°C. Preparare lo stampo, foderandolo internamente con carta da forno ed esternamente con alluminio se lo stampo è di quelli con il cerchio apribile. Predisporre anche uno stampo più grande che possa contenere l’altro per la cottura a bagnomaria. Mettere a bollire 1,5-2litri d’acqua che serviranno per il bagnomaria.

Con una frusta a mano o con uno sbattitore amalgamare in una ciotola burro, formaggio, sfarinato, latte, tuorli, vanillina e sucralosio fino a ottenere una pastella omogenea.

In un’altra ciotola, con uno sbattitore elettrico o in planetaria con la frusta, montare a neve gli albumi, aggiungendo mano a mano la miscela di eritritolo e inulina fino a che la spuma è bella lucida e tiene la forma. Non montare di più perché altrimenti diventa difficile ottenere una consistenza omogenea nel prossimo passaggio.

Prelevare un paio di cucchiaiate di albumi montati e stemperali nella pastella con una spatola. Poi aggiungere in più riprese questa pastella così alleggerita alla montata di albumi e miscelare sempre con la spatola con un movimento dal basso verso l’alto, finché si ottiene una pastella omogenea ben gonfia e fluida.

Versare la pastella nello stampo foderato e pareggiare la superficie con la spatola. Porre lo stampo all’interno dello stampo più grande. Aprire la porta del forno, infornare il tutto e solo allora versare l’acqua bollente nel recipiente più grande, stando attenti a non versare l’acqua dentro al dolce o dentro alla stagnola protettiva. Chiudere subito la porta del forno. Tutta questa operazione farà scendere la temperatura del forno un po’, ma va bene così. Trovo che sia meno pericoloso mettere l’acqua bollente all’ultimo, prima di chiudere il forno, invece che preparare il bagnomaria fuori forno e poi doverne sollevare tutto il peso e controllarne l’ondeggiare per infornarlo.

Cuocere per 20′ a 160°C. Il dolce a questo punto sarà diventato bello gonfio e marroncino chiaro in superficie. Abbassare la temperatura a 140°C e continuare la cottura per altri 30′.

A cottura ultimata, spegnere il forno, aprire lo sportello e lasciare il dolce all’interno del forno per altri 5-10′, poi sfornarlo togliendolo dal bagnomaria. Dopo una mezz’ora sarà abbastanza tiepido e stabile da poterlo togliere dallo stampo.

Servire caldo o freddo a proprio piacimento, tagliato a fette.

Conservare esclusivamente in frigorifero perché il dolce mantiene un altissimo grado di umidità e a temperatura ambiente farebbe la muffa nel giro di due giorni.

Valori nutrizionali:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Ratio chetogenica: 1,3

Il prossimo tentativo sarà di verificare se si possono raddoppiare le quantità utilizzando uno stampo di poco più grande e vedere se il volume che si svilupperà in cottura si manterrà anche dopo il raffreddamento, avvicinandosi ancora di più all’aspetto del dolce originale del video. La sfida continua…

Curd al frutto della passione

Il curd è una salsa dolce della tradizione culinaria anglosassone a base di burro, uova e succo di frutta acidulo (di solito limone). Non contiene latte e questo lo differenzia da una crema. Io mi sono ispirata ad una variante di Nigella Lawson e ho chetonizzato il suo curd al frutto della passione, per altro senza nessuna difficoltà tecnica perché la ricetta di partenza è già molto ricca di burro e l’unica sostituzione veramente necessaria è quella dello zucchero. La ricetta originale la potete trovare qui.

Ingredienti:
50gr burro
succo di 6 frutti della passione (75ml circa)
38gr eritritolo
21gr inulina
1 puntina di sucralosio
1 uovo grande
1 tuorlo grande

Il frutto della passione si trova facilmente anche al supermercato. E’ maturo al punto giusto quando ha il guscio dall’aspetto ammaccato. Se quando lo acquistate la buccia è liscia e tesa, basta tenerlo qualche giorno a temperatura ambiente e lo vedrete avvizzire gradualmente. Una volta maturo al punto giusto, bisogna avere l’accortezza di tagliarlo a metà su un piatto, per raccogliere fino all’ultima goccia il succo che ne fuoriesce. Infatti di polpa all’interno del frutto ce n’è veramente poca ed è una specie di gelatina che avvolge i semi neri. Anche se i semi sono commestibili, per questa ricetta serve solo il succo, quindi bisogna raccogliere tutto il contenuto dei frutti in un colino sopra ad una ciotola e schiacciarlo con il dorso di un cucchiaio o con una spatola finché tutto il succo è colato nella ciotola sottostante.

In un pentolino, far fondere su fuoco bassissimo il burro fino a che non è liquefatto (non deve friggere) e togliere dal fuoco. A parte in una ciotola miscelare con una frustina tutti gli altri ingredienti e versare la mistura nel burro. Miscelando continuamente con una frustina o una spatola, rimettere il pentolino su fuoco bassissimo a scaldare progressivamente fino a che la salsa si addensa. Se avete un cucchiaio con termometro incorporato, questo avverrà intorno a 75-80°. Mi raccomando, la salsa non deve arrivare a bollore, altrimenti si trasformerà in uova strapazzate. Deve inspessirsi ma rimanere fluida e soprattutto omogeneamente liscia. Se iniziano a formarsi dei grumi, vuol dire che sta passando di cottura e va tolta immediatamente dal fuoco per fermare la cottura, magari appoggiando il fondo del pentolino in una ciotola con acqua e ghiaccio e mescolando con decisione per mantenerla omogenea.

Trasferire la salsa in un barattolo e riporre prima possibile in frigorifero. Raffreddandosi la salsa diventerà ancora più densa perché l’alto contenuto di burro la farà rassodare, ma rimarrà comunque cremosa e gestibile a cucchiaiate.

Si conserva solo in frigorifero e solo per qualche giorno, perché le uova sono solo parzialmente cotte, quindi, per quanto zucchero e burro ne allunghino la conservabilità, non è saggio conservarla più di una settimana.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori espressi in grammi, calcolati con la app Ketonet, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo.

I valori nutrizionali del solo succo del frutto della passione li ho ricavati dal data base USDA e sono i seguenti:

Un cucchiaino da te di salsa è circa 15 gr ed è sufficiente per farcirci un biscottino.

Oppure, se non avete limitazioni di calorie, la salsa si può servire in bicchierini e farcire con un ciuffo di panna montata.

La si può anche utilizzare per farcire un dolce, ma se avete bisogno che tenga la forma al taglio, bisognerà considerare l’aggiunta di un po’ di gelatina / colla di pesce ammollata quando è ancora calda e riporla direttamente in una sac-à-poche invece che in un barattolo.

Cheto bavarese tiramisù

Da Natale avevo ancora in frigorifero una gran quantità di mascarpone, perché dovevo fare il tiramisù per una cena con i parenti che poi non ho fatto perché c’è stato un cambio di programma, così a quel punto ho deciso di fare il tiramisù per me ma chetonizzato.

Per carità, niente di fantascientifico, di cheto-tiramisù è pieno il web. D’altra parte, cosa c’è di più grasso di panna e mascarpone? L’unica cosa che mi aveva trattenuto fin’ora era che, con i tuorli crudi, il tiramisù va consumato nel giro di 2-3 giorni al massimo ed invece a me serviva qualcosa di conservabile più a lungo, per avere la colazione pronta per tutta la settimana. Così ho optato per un ibrido: una bavarese al mascarpone (dove il tuorlo è cotto) su una base di bisquit inzuppato di caffè. Una bomba! Gusto autentico e consistenza fantastica. Nessuno potrebbe rendersi conto che non sia un tiramisù tradizionale.

Ingredienti (per 8 porzioni):

Per la pasta biscuit:
110gr albume
50gr eritritolo
55gr tuorlo
10gr fibra di avena
10gr fibra di bamboo
30gr inulina
mezza bustina di vanillina

Bagna:
80ml caffé

Per la bavarese al mascarpone:
200gr mascarpone
20gr eritritolo
1 puntina sucralosio (qui spiego cosa intendo per 1 puntina)
75gr tuorli d’uovo
35gr eritritolo
17 inulina
150gr latte
3gr colla di pesce (cioè 1 foglio e mezzo di colla di pesce della Paneangeli)
mezza bustina di vanillina
200gr panna fresca

Per la preparazione della cheto-pasta biscuit vi rimando a questo mio articolo. Questa volta ho realizzato la versione con sole fibre e, una volta raffreddata, l’ho utilizzata tutta per riempire il fondo di 8 coppette. Non è indispensabile essere troppo precisi nel fare i pezzi perché poi, una volta coperta con la bavarese, non si vede.

Inzuppare uniformemente la pasta biscuit con il caffè non dolcificato. A mio gusto il caffè deve essere forte e amaro per fare un bel contrasto con la dolcezza della bavarese.

Mettere in una ciotola capiente mascarpone eritritolo e sucralosio e mescolare con una forchetta. Mettere momentaneamente in frigo. Questo passaggio lo facciamo prima di realizzare la crema inglese perché bisogna dare il tempo all’eritritolo di sciogliersi nella poca acqua contenuta nel mascarpone, altrimenti rimane granuloso.

Ammollare la gelatina in acqua fredda e lasciare da parte perché si idrati per bene.

Passare alla preparazione della crema inglese: mettere a bollire il latte e nel frattempo mescolare con una frusta tuorli, eritritolo e inulina (non è necessario montare il composto). Versare a filo il latte caldo nel composto continuando a mescolare con la frusta, poi versare il tutto di nuovo nella pentola e cuocere mescolando continuamente fino ad una temperatura di 80-82°. A questa temperatura la crema inglese si inspessisce per la parziale cottura dei tuorli, ma bisogna stare attenti a non andare oltre perché non si stracci. Per evitare di spallare, è utile tenere pronti già da prima della cottura una bacinella o il fondo del lavandino pieni di acqua fredda in cui immergere il fondo della pentola della crema e fermare la cottura nel momento critico.

Fuori fuoco, aggiungere alla crema inglese la gelatina ben strizzata e mescolare bene perché si distribuisca uniformemente. Questo passaggio va fatto quando la crema inglese è ancora calda, altrimenti la gelatina non si scioglie. Portare a temperatura ambiente rimettendo la pentola con il fondo a bagno in acqua fredda.

Prendere dal frigo la ciotola del mascarpone, aggiungere la crema inglese un paio di cucchiai alla volta ed amalgamare con una frusta a mano.

A parte semi-montare la panna, che deve gonfiare bene ma non diventare dura. Poi aggiungere gradualmente il composto crema-mascarpone, sempre mescolando con una frusta a mano fino ad ottenere un composto gonfio ma fluido.

Versare il composto nelle ciotoline sopra alla basta biscuit inzuppata, battere delicatamente la ciotoline per livellare il tutto e riporre in frigorifero per almeno 6 ore sigillate con pellicola trasparente, perché il cheto-tiramisù non assorba gli odori del frigo.

Servire con una spolverata in superficie di cacao amaro.

In frigorifero si conserva per una settimana. Si può anche congelare e poi scongelare tenendolo 8 ore in frigorifero.

Valori nutrizionali e ratio:

Come vedete la ratio è bella alta perché l’apporto di grassi è consistente. La ratio si può aumentare addirittura fino quasi a 4:1 se nella crema inglese si usa panna invece del latte (e in questo caso bisogna ridurre la quantità di gelatina a 1,5-2gr perché la crema risulterà più densa di suo una volta raffreddata) e se si realizza il biscuit nella versione con la Ketomix Pasta.

Naturalmente la preparazione si può dressare tutta insieme in una pirofila invece che in coppette e poi servire a cucchiaiate, come si fa di solito con il tiramisù. Questo però renderà più difficile tenere sotto controllo l’apporto calorico e dei macronutrienti delle porzioni.

Cheto-bavarese al caffè

Con l’avvicinarsi del compleanno di mia figlia stavo rispolverando gli appunti del corso di pasticceria che ho fatto a inizio anno e, mentre elucubravo per lei la composizione di una torta cremosa, mi sono resa conto che c’era ampio margine per tentare anche una bavarese in versione chetogenica, visto che una bavarese è sostanzialmente una crema derivata a base di tuorlo d’uovo e panna.

La cheto-bavarese al caffè che ho realizzato, oltre che essere stata la mia colazione di questa settimana, è stata anche l’occasione per due verifiche tecniche sul comportamento degli ingredienti in cottura ed in conservazione, cosa molto importante perché spiana la strada per l’elaborazione e la combinazione di tutta una serie di varianti di gusto per la realizzazione di torte anche piuttosto elaborate.

Premesso che la definizione tecnica di bavarese è “crema inglese, addensata con gelatina, con l’aggiunta di un gusto caratterizzante e alleggerita con panna semi-montata“, la prima verifica da fare era di riuscire ad addensare in maniera soddisfacente la crema inglese. Nella ricetta della crema inglese standard c’è quasi tanto zucchero quanto tuorli perché lo zucchero deve agire da anticoagulante e permettere di pastorizzare i tuorli fino a 82°C senza che diventino una frittata. Ma nelle ricette chetonizzate saprete che non si può mettere tanto eritritolo quanto zucchero altrimenti diventa sgradevole (pizzica/sa di freddo) quindi ho dovuto trovare la quantità giusta di eritritolo perché fosse abbastanza da non far stracciare i tuorli ma non così tanto da innescare retrogusti.

L’altro test da fare era la congelabilità della bavarese. Negli anni ho imparato che l’eritritolo non ama il congelamento perché cristallizza in maniera grossolana (motivo per cui è così complicato farci i gelati) quindi non ero affatto sicura di poter congelare e scongelare la bavarese senza effetti collaterali e sono stata felicissima di constatare che la sua consistenza non si altera minimamente. Questo non solo consente di ottimizzare la preparazione di molte monoporzioni da conservare e scongelare all’occorrenza, ma per i pasticceri più ardimentosi permette anche la costruzione di torte con inserti stratificati. Intravvedo già nuove frontiere da esplorare per un cheto-compleanno…

Ingredienti (per 8 porzioni):
150gr tuorli d’uovo
70gr eritritolo
35 inulina
300gr latte
6,5gr colla di pesce (cioè 3 fogli e un quarto della colla di pesce della Paneangeli)
6 grammi (3 cucchiai da tè colmi) di caffè solubile
250gr panna fresca

Prima di tutto bisogna realizzare la crema inglese. Mettere a bollire il latte e nel frattempo mescolare con una frusta tuorli, eritritolo e inulina (non è necessario montare il composto). Versare a filo il latte caldo nel composto continuando a mescolare con la frusta, poi versare il tutto di nuovo nella pentola e cuocere mescolando continuamente fino ad una temperatura di 80-82°. A questa temperatura la crema inglese si inspessisce per la parziale cottura dei tuorli, ma bisogna stare attenti a non andare oltre perché non si stracci. Per evitare di spallare, è utile tenere pronti già da prima della cottura una bacinella o il fondo del lavandino pieni di acqua fredda in cui immergere il fondo della pentola della crema e fermare la cottura nel momento critico.

Mentre la crema inizia a raffreddarsi, ammollare la gelatina in acqua fredda per qualche minuto finché si è ben gonfiata, strizzarla bene, aggiungerla alla crema inglese e mescolare bene perché si distribuisca uniformemente. Questo passaggio va fatto quando la crema inglese è ancora calda, altrimenti la gelatina non si scioglie.

A parte montare parzialmente la panna. Non deve diventare ferma, ma deve prendere volume rimanendo morbida. Quando la crema è ormai tiepida (30-35°C), versarla a poco a poco nella panna e amalgamando il tutto con la frusta o la spatola, senza montare, e per ultimo aggiungere la polvere di caffè istantaneo. Continuare a mischiare finché il caffè si è completamente sciolto e il composto è diventato completamente omogeneo. A questo punto la consistenza della bavarese è ancora quella di una crema gonfia e fluida.

Aiutandosi con un mestolo se occorre, versare la crema bavarese in coppette o bicchieri monoporzione e mettere a riposare in frigo per almeno 8 ore. Nel freddo la gelatina tira e la bavarese assume la sua consistenza finale, ferma e spumosa.

Servire tal quale o guarnita a piacere con una spolverata di granella di cioccolato extra-fondente o un ciuffetto di panna montata

In frigorifero si conserva per alcuni giorni. In freezer anche 3-4 settimane e va scongelata lentamente in frigorifero.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica (senza guarnizione):

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo, calcolati con la app Ketonet

Keto Eiskaffee con gelato low-carb di crema alla vaniglia

Avevo già fatto il gelato di crema l’anno scorso, ma la ricetta aveva bisogno di qualche aggiustamento, così l’ho messa da parte e alla fine non l’ho più rifatta, anche perché mi sono dedicata ad altri gusti che mi intrigavano di più. Questa settimana ho ripescato e corretto la ricetta perché sono stata in ferie a Vienna e sono rimasta con la voglia di una coppa di gelato affogato al caffè che, nel caldo rovente di quest’estate, mi sembrava una merenda molto adatta.

L’eiskaffee viennese è una coppa composta da gelato alla vaniglia, caffè freddo e panna montata. Io ho optato per un gelato di crema alla vaniglia che è molto delicato e si sposa ugualmente bene con il caffè. Fra parentesi, in Italia non abbiamo una tradizione del gelato alla vaniglia, da noi usa o il fiordilatte o la crema e mi sembrava che con il fior di latte il gusto della coppa sarebbe venuto troppo poco articolato.

Poi, se mi avete seguito quest’estate, avrete notato che per tutti i miei gelati ho sempre proposto l’abbinamento con la panna montata per alzare la ratio al di sopra dell’1, quindi questa coppa sembra proprio fatta apposta per soddisfare i canoni del dolce cheto-compatibile.

Ingredienti per il gelato di crema:
300gr latte intero
1gr farina di semi di carrube (Rapunzel)
1gr sale
50gr eritritolo
70gr Vitafiber
30gr inulina
1 puntina di sucralosio (cosa intendo per “puntina” lo vedete qui)
75gr tuorlo d’uovo (4 tuorli grandi)
15gr proteine del siero di latte Whey Isolate (Myprotein)
1 bustina di vanillina

Il procedimento è sempre lo stesso (vedi questo articolo, dove ho realizzato il mio primo gelato), con l’accortezza che le proteine Whey Isolate vanno aggiunte alla miscela dopo la fase di cottura, fuori fuoco, perché non sono adatte per essere cotte.

La presenza delle uova in ricetta richiede una particolare attenzione nella fase di pastorizzazione della miscela, perché le proteine delle uova potrebbero arrivare a cuocere, con il risultato di una consistenza stracciata e di un sapore di gelato-frittata. In generale, bisogna ricordare che le proteine delle uova coagulano a 65°C e che gli zuccheri agiscono da anticoagulante, alzando il punto di coagulazione intorno agli 83-85°C. Quindi quando si scalda la miscela fino a 80°, bisogna procedere lentamente su fuoco non troppo alto e stare molto attenti a non spallare con il grado di riscaldamento. Per esempio, io ho riscontrato che devo abbassare il fuoco quando arrivo a 78°C perché nei due minuti successivi il solo calore del fondo della pentola fa aumentare la temperatura della miscela di altri 4°C. Dovrete valutare voi quando abbassare il fuoco per non andare oltre la temperatura di coagulazione. Bisogna comunque fermarsi a 80-82°C, così si ottiene l’attivazione dell’addensante, l’inattivazione batterica (che con le uova è particolarmente importante) e si riesce anche a mantenere la giusta consistenza liscia.

Valori nutrizionali:

Valori nutrizionali espressi in grammi, al netto dei carboidrati non assimilabili di eritritolo e Vitafiber, calcolati con la app Ketonet

Ratio chetogenica: 0,47
Avrete ormai capito che è molto difficile fare un gelato chetogenico in sé perché dobbiamo sempre confrontarci con due difficoltà tecniche: mantenere bassi i grassi in ricetta, altrimenti il gelato diventa troppo duro e tenere alti gli zuccheri (ovviamente cheto-compatibili) affinché il gelato non ghiacci quando lo conserviamo in freezer. Con queste premesse, il calcolo della proporzione chetogenica necessariamente fatica ad avvicinarsi all’1. La soluzione dell’aggiunta a gelato ultimato di panna montata ci aiuta a riequilibrare i valori.

L’aggiunta inoltre di caffè (naturalmente non zuccherato) non sposta i valori ma arricchisce il gusto, rendendo questa coppa molto sfiziosa.

Gelato low-carb al pistacchio

Dopo il gelato al burro di arachidi e quello al mascarpone, poteva mancare il gelato al pistacchio nella serie dei gelati con una nota salata?

Ingredienti:
325gr latte intero
1gr farina di semi di carrube (Rapunzel)
1gr sale
35gr eritritolo
60gr Vitafiber
30gr inulina
50gr pasta di pistacchi 100% (senza né sale né zucchero)
15gr proteine del siero di latte Whey Isolate (Myprotein)
1 bustina di vanillina

Il procedimento è sempre lo stesso (vedi questo articolo, dove realizzo il gelato al cioccolato), sempre con l’accortezza che proteine e pasta di pistacchi vanno aggiunti alla miscela dopo la fase di cottura, fuori fuoco, per non correre il rischio di alterare le proteine ed il sapore dei pistacchi.

Valori nutrizionali:

Ratio chetogenica: 0,52 quindi si tratta anche in questo caso di un gelato low-carb, che però diventa chetogenico con il solito trucchetto della panna montata aggiunta al momento del servizio, strategia che fa aumentare il rapporto chetogenico oltre all’1.

Il colore del gelato al pistacchio risulterà un po’ grigio se si usa una pasta di pistacchio puro. Alcune ditte aggiungono colorante verde alla pasta per renderla più vivace. Io invece preferisco abbellire la mia coppa di gelato e panna con qualche pistacchio intero o spezzettato per le naturali sfumature porpora della sua pellicina.

Gelato low-carb al gianduia

Nocciole e cacao sono un abbinamento fra i più classici in assoluto e in gelateria sono la base di una serie di gusti molto simili tra di loro che differiscono solo per piccolissimi dettagli: gelato al cioccolato (o più precisamente al cacao) e gelato alla nocciola (fatto con nocciole in pasta) si incontrano nel gusto intermedio del gianduia (con cacao e pasta di nocciole), che diventa gusto bacio se si aggiungono nella miscela anche le nocciole intere e/o in granella.

Ingredienti:
300gr latte intero
1gr farina di semi di carrube (Rapunzel)
1gr sale
35gr eritritolo
60gr Vitafiber
20gr inulina
1 bustina di vanillina
20gr cacao amaro (Ar.Pa)
1 puntina di sucralosio
50gr pasta di nocciole 100% (senza né cacao né zucchero)
15gr proteine del siero di latte Whey Isolate (Myprotein)

La pasta di nocciola ormai si trova facilmente anche al supermercato. Bisogna avere l’accortezza di sceglierla 100% nocciole e di mescolarla molto bene prima di prelevare la quantità che serve per la ricetta per evitare di pescare solo la parte grassa che affiora. Infatti bisogna ricordare che i grassi sono sì chetogenici, ma il gelato non deve avere più di 8-10% di grassi totali, altrimenti diventa troppo duro quando lo si mette in freezer, quindi limitarsi a pescare dal barattolo l’olio delle nocciole che affiora non sarebbe una scelta vincente.

Se si usano delle proteine del latte aromatizzate al cacao (come quelle della Syform), sicuramente saranno già edulcorate, quindi bisogna omettere il sucralosio in ricetta.

Per il procedimento vi rimando a questo articolo, dove realizzo il gelato al cioccolato. L’unica differenza nella preparazione è che proteine e pasta di nocciole vanno aggiunti alla miscela dopo la fase di cottura, fuori fuoco, per non correre il rischio di alterare le proteine ed il sapore della pasta di nocciole. Questa precauzione vale sempre per le proteine della Myprotein che non andrebbero cotte.

Valori nutrizionali:

Macronutrienti espressi in grammi, calcolati con la app Ketonet al netto dei carboidrati non assimilabili di eritritolo e Vitafiber

Ratio chetogenica: 0,62

Anche questo è un gelato solo low carb, ma con l’aggiunta della solita guarnizione strategica di panna montata su una porzioncina misurata di gelato si può anche ottenere una colazione o una merenda chetogenica nelle proporzioni, ma pur sempre con una quantità di carboidrati comunque rilevante, quindi dovrete regolarvi in base al vostro piano alimentare e alla quantità di carboidrati giornalieri che potete assumere.

Gelato low carb al burro di arachidi

Con l’aggiunta di anche solo 5gr di arachidi (non conteggiate) a porzione, il gelato dolce-salato di burro di arachidi diventa ancora più interessante.

Questo gelato si è fatto attendere un anno intero. L’anno scorso avevo elaborato la ricetta e preparato la miscela, ma quando l’ho messa a mantecare, la gelatiera si è guastata lasciandomi con un palmo di naso. Poi, fra la riparazione e la fine dell’estate, non avevo più provato. Ma quest’anno ho finalmente testato la ricetta e la conferma che l’idea fosse buona è arrivata. N.B. Non si tratta di un gelato chetogenico, ma di un gelato low carb, perché il burro d’arachidi stesso non è chetogenico di suo e gli altri ingredienti in ricetta non permetto di abbattere a sufficienza la proporzione dei carboidrati. Ma per chi si può permettere qualche grammo di carboidrati in più questa è una vera leccornia dolce-salata.

Ingredienti:
250gr latte intero
0,5gr farina di semi di carrube (Rapunzel)
2gr sale
35gr eritritolo
50gr Vitafiber
15gr inulina
65gr burro di arachidi 100% (senza né sale né zucchero)
15gr proteine del siero di latte Whey Isolate (Myprotein)

Se il vostro burro di arachidi è già salato, diminuire il sale in ricetta ad 1gr.

Per il procedimento vi rimando a questo articolo, dove realizzo il gelato al cioccolato. L’unica differenza nella preparazione (come già avevo fatto per il gelato al mascarpone) è che proteine e burro di arachidi vanno aggiunti alla miscela dopo la fase di cottura, fuori fuoco, per non correre il rischio di alterare le proteine ed il sapore del burro di arachidi.

Valori nutrizionali:

Macronutrienti espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet al netto dei carboidrati non assimilabili di eritritolo e Vitafiber

Ratio chetogenica: 0,58

Con l’aggiunta di una guarnizione di panna (N.B. aggiunta al momento del servizio, sopra alla porzione, non nella ricetta, che altrimenti il gelato in freezer si indurisce troppo) si può anche ottenere una merenda chetogenica nelle proporzioni, ma con una quantità di carboidrati comunque rilevante, quindi regolatevi in base al vostro piano alimentare.

Per chi può permettersi ancora qualche carboidrato in più, si può aggiungere al gelato anche un po’ di granella di arachidi come guarnizione o anche inserita nella miscela verso la fine della mantecatura; sotto forma di granella infatti l’aggiunta non altera le proporzioni della miscela e le caratteristiche di mantecabilità. Sono sufficienti 25gr di arachidi tostate tritate grossolanamente sull’intera ricetta base per dare al gelato una caratterizzazione maggiore.

Cheto gelato al mascarpone

Guarnito con un ricamino di sciroppo zero al dulce de leche e qualche pinolo

Il mascarpone tecnicamente è un formaggio, ma il suo gusto morbidamente pannoso finisce per farcelo usare quasi esclusivamente nei dolci. Allora perché non sfruttare questa sua duplice identità per fare un gelato dove possiamo spingere sulla sua nota sapida con l’aggiunta di un pizzico di sale e allo stesso tempo enfatizzare il suo gusto morbido con “zuccheri” poco dolci come l’eritritolo e l’isomalto? Lo so, il sale sembra sempre un intruso nei dolci, ma il suo alto potere anti-congelante è un utilissimo alleato per realizzare un gelato chetogenico dove abbiamo bisogno di compensare la scarsa performance tecnica degli edulcoranti di massa consentiti nella dieta chetogenica. A questo proposito, se ve lo siete perso, andatevi a leggere questo mio articolo dell’anno scorso dove descrivo in dettaglio tutte le difficoltà tecniche che bisogna risolvere per riuscire a fare un gelato a ridottissimo contenuto di carboidrati.

Ingredienti:
300gr latte intero
1,5gr farina di semi di carrube (Rapunzel)
1gr sale
40gr eritritolo
50gr Vitafiber
35gr inulina
1 bustina vanillina
100gr mascarpone
10gr proteine del siero di latte Whey Isolate (Myprotein)

Per il procedimento vi rimando allo stesso articolo di cui sopra, dove realizzo il gelato al cioccolato. L’unica differenza nella preparazione è che il mascarpone e le proteine non li ho messi prima ma subito dopo la fase di cottura, fuori fuoco, per non correre il rischio di alterare le proteine e per preservare al massimo il sapore del mascarpone.

Valori nutrizionali:

Valori nutrizionali calcolati con la app Ketonet e calcolati al netto dei carboidrati non assimilabili di eritritolo e Vitafiber. Macronutrienti espressi in grammi.

Ratio chetogenica: 0,93

La ratio di questa preparazione è di pochissimo sotto l’1 quindi mi spingo a chiamarla chetogenica. Comunque, a meno che non siate in regime low-carb dove avete più libertà di movimento, raccomando sempre di tarare bene la porzione e rinforzare i grassi con una guarnizione solo al momento del servizio con un po’ di panna montata non zuccherata, così la ratio si alzerà in zona sicura ben sopra all’1. Per esempio:

Poi si può sempre aggiungere un ricamino di sciroppo zero, per esempio al gusto dulce de leche o caramello, che non incide sui valori, e qualche pinolo (da conteggiare).


Cheto panna cotta

Niente di nuovo sotto il sole, la panna cotta è un dolce facilissimo da chetonizzare e ci sono millemila versioni online. Questa è la mia ricetta, poco dolce come piace a me, così si sente nettamente il sapore della panna. Inoltre è più cremosa che gommosa perché l’ho addensata con poco agar agar invece che con la colla di pesce, e per questo motivo è pure vegetariana e halal. Ed è pure perfetta per questa rovente estate, perché la fase della cottura dura meno di due minuti.

Ingredienti (per 3 porzioni):
50gr latte intero
2gr agar agar Colombo linea Montersino
30gr eritritolo
1 puntina di sucralosio
mezza bustina di vanillina
250gr panna fresca

In un contenitore adatto per il microonde miscelare bene il latte e l’agar agar e scaldare nel microonde a più riprese (20 secondi per volta a massima potenza) mescolando bene fra una scaldata e l’altra finché diventa bollente. La cottura è tutta qui e serve soltanto a portare il latte a 100°C per attivare il potere addensante dell’agar agar.

Nel latte bollente, versare l’eritritolo, il sucralosio e la vaniglia e mescolare bene finché l’eritritolo si è sciolto. L’eritritolo si scioglie bene nel latte caldo piuttosto che nella panna perché il latte contiene più acqua della panna e l’eritritolo è idrosolubile. Inoltre, non facendolo cuocere, non cristallizza, come invece succederebbe se lo si portasse a più di 120°C.

Sciolto l’eritritolo, aggiungere alla miscela la panna fredda e mescolare bene senza montare, per evitare che inglobi bollicine d’aria, che la renderebbero meno vellutata una volta addensata. Non cuocendo la panna, il suo gusto pieno rimane inalterato.

Suddividere la miscela in tre ciotoline, coprire con la pellicola e lasciare riposare in frigorifero per almeno 12 ore.

Servire la panna cotta guarnita con qualche frutto di bosco, la cui acidità farà risaltare il sapore morbido della panna.

Valori nutrizionali e ratio chetogenica:

Valori nutrizionali della ricetta base (guarnizione esclusa) espressi in grammi e calcolati con la app Ketonet, al netto dei carboidrati non assimilabili dell’eritritolo

Occhio che si tratta di un dolce molto calorico, quasi 300kcal a porzione, quindi non adatto come fine pasto, ma piuttosto perfetto per la colazione.

La ratio è ben superiore a 4, quindi perfetta per regimi chetogenici molto spinti.